venerdì 7 ottobre 2022
lunedì 3 ottobre 2022
Stefano Lorusso.
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sabato 1 ottobre 2022
FONDAMENTALI DI BASE PROF. GIUSEPPE BOSETTI
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Siamo troppo carenti nel colpo sulla palla: manca azione di frusta del polso compromettendo la capacità di direzionare la palla.
1. più aggressività che creatività;
2. tempo con palla condiziona altri aspetti tecnici;
3. colpire alto;
4. attaccante può chiudere il polso quando vede zone libere, altrimenti tira sul muro;
5. colpire più forte e variare volutamente il tempo sulla palla;
6. insegnare a direzionare la palla dove si vuole;
7. atleta deve avere almeno un colpo forte;
8. avere una buona varietà di colpi.
I punti 4, 6 e 8 dipendono dal polso.
Un buon attacco comincia dalla rincorsa.
Modello usato per il caricamento del braccio: Schiacciatrici No gomito abdotto! Gomito alto!!
Carico: extraruotato con gomito è più alto della spalla e portato dietro
Scarico: anteposizione spalla e gomito con massima estensione verso l’alto per velocizzare l’azione.
Fattori di scelta del modello:
♦ spalla non ancora così forte per movimento ampio
♦ scelgo variazione tempo (gomito è già più alto)
♦ posso concentrarmi maggiormente su azione di frusta avambraccio-polso
♦ facilita colpo a braccio disteso con palla più alta possibile.
martedì 27 settembre 2022
ORGANIZZAZIONE E PROGRAMMAZIONE PER LE ATTIVITÀ DI MINIVOLLEY
Nelle realtà sportive locali, come d'altronde anche in quelle di alto livello, un aspetto importante è quello del reclutamento dei bambini/e da avviare all‛attività della pallavolo. E‛ importante svolgere una prima parte di presentazione nelle realtà scolastiche (in modo particolare nelle scuole primarie) per invogliare i bambini a partecipare alle attività di minivolley coinvolgendo (è MOLTO DIFFICILE ma bisogna sempre provare!) gli insegnanti elementari e di educazione fisica.
Troppo spesso, frequentando i luoghi di aggregazione dei giovani, si incontrano bambini e bambine fisicamente anche molto dotati e che non hanno mai avuto l‛occasione di svolgere un‛attività sportiva a livello di società.
In modo particolare per quanto riguarda la fascia d‛età del minivolley, l‛attività dovrebbe essere gestita da insegnanti competenti sia a livello motorio sia pedagogico, che si avvalgono di metodi scientifici e non frutto di un’esperienza di giocatore o esclusivamente di animatore sociale. A mio avviso le società sportive dovrebbero investire maggiormente sia sotto l’aspetto economico sia organizzativo nell’attività di base. La lezione di minivolley che si svolge in palestra è da intendersi non come la “pallavolo degli adulti”, ma come un gioco idoneo per arrivare al volley, non deve essere troppo rigido ma deve utilizzare delle attività multilaterali, atte ad acquisire capacità e abilità motorie, affinché i bambini si divertono e imparano attraverso il gioco. Questo video è stato registrato durante un corso di aggiornamento realizzato dal comitato Regionale della Lombardia. All’interno del quale ci sono alcuni riferimenti teorici e proposte pratiche per l’organizzazione della lezione di minivolley con particolare riferimento al gioco della palla rilanciata adatta a bambini di prima e seconda elementare.
Vi auguro Buon Aggiornamento.
Stefano Lorusso
A GRANDE RICHIESTA
domenica 25 settembre 2022
PROGRAMMAZIONE E ORGANIZZARE DELLA SEDUTA DI ALLENAMENTO
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sabato 24 settembre 2022
sabato 17 settembre 2022
martedì 13 settembre 2022
lunedì 12 settembre 2022
Scala di Borg: scala di percezione dello sforzo Scala di Borg: scala di percezione dello
LA SCALA DI BORG LA PERCEZIONE DELLO SFORZO
Questa scala di valutazione prende il nome dal suo creatore, il Professor Gunnar Borg, il quale alla fine degli anni ’50 introdusse il concetto di percezione dello sforzo2,3.
Oggi questo parametro viene ampiamente utilizzato per quantificare l’intensità dell’esercizio e per monitorare il carico globale di allenamento negli sport di endurance come ad esempio il triathlon e il ciclismo e per gli sport di squadra. Abbiamo finora parlato di scala di Borg utilizzando il singolare, tuttavia sarebbe più corretto parlare di scale di Borg, dal momento che non ne esiste una sola, ma negli anni ne sono state elaborate e proposte di diverse. La prima a nascere fu la cosiddetta scala categorica 6 a 20 (denominata RPE scale), sviluppata negli anni ’60 dallo stesso Borg, il quale propose successivamente anche la Category Ratio 0-10 scale (CR-10) che, ad oggi, risulta essere quella più diffusa. Seguendo le orme del padre, Elisabet Borg, oggi docente presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Stoccolma, ha elaborato un’ulteriore scala di valutazione dello sforzo percepito: la Category Ratio 0-100 scale (CR-100), che si sta diffondendo negli ultimi anni e che probabilmente in futuro sarà quella utilizzata con maggior frequenza per ragioni che vedremo tra poco.
Prima però di aprire il sipario sulle varie scale di Borg che sono state proposte con il passare degli anni e sulle loro caratteristiche, è necessario fare un breve prologo sul modello psicobiologico della percezione dello sforzo
Cosa prevede questo modello? In buona sostanza è stato dimostrato scientificamente che un cervello stanco può avere un impatto sulle performance atletiche quasi uguale a quello dell’esaurimento muscolare.
Il primo a pubblicare osservazioni sull’impatto dell’affaticamento mentale sulle susseguenti prestazioni fisiche fu Angelo Mosso nel 1891, il quale riportò nel suo libro seminale sulla fatica che la resistenza muscolare di due suoi colleghi professori di fisiologia si era ridotta in seguito a lunghe lezioni ed esami orali.
Ma che cos’è l’affaticamento mentale? Viene definito come uno stato psicobiologico causato da compiti cognitivi prolungati e caratterizzato da sensazioni soggettive di “stanchezza” e “mancanza di energia. Esso limita la tolleranza all’esercizio negli esseri umani attraverso una maggiore percezione dello sforzo, piuttosto che attraverso meccanismi cardiorespiratori (es. aumento della frequenza cardiaca) e muscolo-energetici (es. accumulo del lattato).
Ergo, non possiamo spiegare la percezione dello sforzo basandoci su un modello legato unicamente alle afferenze provenienti da muscoli locomotori, cuore e polmoni (Afferent Feedback model of perceived exertion). Abbiamo bisogno di qualcosa che veda coinvolto il sistema nervoso centrale come parte attiva e non solo come elaboratore di informazioni provenienti dalla periferia. Ecco, dunque, che è stato introdotto il modello del Corollary Discharge of perceived exertion (o modello delle scariche corollarie). Secondo questo modello, quando viene prodotto un comando motorio, una sua copia (la scarica corollaria) viene inviata dalla corteccia motoria alla corteccia sensoriale dove viene generata la percezione dello sforzo. Un aumento dell’attività efferente provocherà un aumento del comando motorio, che a sua volta genererà per proprietà transitiva un aumento del sense of effort (o sensazione di fatica), e quindi un aumento della percezione dello sforzo.
Questi concetti ci suggeriscono che la fatica e il ruolo che essa svolge negli sport di endurance potrebbero essere principalmente nella nostra testa. Ecco, quindi, l’importanza delle scale di Borg nel quantificare queste sensazioni di sforzo che originano a livello centrale (aree pre-motorie e motorie) e che sono determinate dall’attività della scarica corollaria.
Entriamo nel merito e iniziamo ad analizzare le varie scale di Borg elaborate negli anni. Come detto sopra, si tratta di scale che si pongono l’obiettivo di quantificare la percezione dello sforzo, che è un parametro utile nel definire l’intensità dell’esercizio e gestire il carico globale dell’allenamento. Per arrivare al loro sviluppo, Borg sfruttò i principi della psicofisica. Questa disciplina è figlia del fisico tedesco Gustav Theodor Fechner (1801-1887), che nel suo libro Elemente der Psychophysik datato1860 si pose l’obiettivo di misurare in maniera sperimentale il rapporto tra fenomeni psichici e fenomeni fisiologici. I principi emersi dagli studi di Fechner furono poi rivisti e rielaborati circa 100 anni dopo, intorno agli anni ’60 del secolo scorso, dallo psicologo statunitense Stanley Smith Stevens (1906-1973). Proprio a partire dagli studi sulla psicofisica di Stevens, Borg elaborò le sue scale.
Scala RPE (Rating of Perceived Exertion)
Conosciuta anche come scala categorica 6-20, è la prima ed è stata sviluppata intorno agli anni ’60 dallo stesso Borg. Consiste in numeri e ancore verbali che crescono linearmente con l’intensità dell’esercizio, misurato tramite frequenza cardiaca e consumo di ossigeno. Il range numerico va da 6 a 20 e corrisponde in maniera approssimativa ad un range di frequenza cardiaca che va da 60 a 200 battiti al minuto. Il valore aggiunto di questa scala rispetto alle scale categoriche tradizionali è che associa alle ancore verbali dei valori numerici. Tuttavia, lo sforzo massimo percepito corrisponde al valore numerico 20, senza che ci sia la possibilità di dare un valore più alto: ciò può creare una sorta di effetto tetto (ceiling effect). Inoltre, in quanto scala ad intervalli, non ha uno 0 assoluto.
- La valutazione della percezione dello sforzo viene effettuata circa 30 minuti dopo la fine dell’allenamento, e non durante. Questo per evitare l’influenza dello sforzo più recente. È importante, quindi, definire il momento al quale ci riferiamo.
- Chiarire in via preliminare cosa vogliamo valutare e perché (educazione del soggetto alla raccolta dati sulla percezione dello sforzo). Spiegare il significato degli estremi.
- Scegliere prima i descrittori verbali e poi i valori numerici corrispondenti.
- Non confondere la percezione dello sforzo con la percezione del dolore
- Evitare la traduzione personale di scale e istruzioni per i motivi spiegati in precedenza.
- Evitare luoghi e tempi inappropriati (interferenze) e garantire la privacy dei risultati. La somministrazione non va effettuata in gruppo, ma al singolo atleta per evitare il self presentation bias, ossia la proiezione di un’immagine positiva di sé davanti ad altri per “fare bella figura”.
- Evitare di instillare la filosofia della verifica e sottolineare il fatto che non c’è una risposta giusta.
carico globale di allenamento = tempo di allenamento X intensità sforzo percepito alla CR10
Conclusione
Le scale di Borg sono uno strumento:
B. a costo 0
C. sostenuto e validato scientificamente che permette di valutare lo sforzo percepito da un atleta durante una performance piuttosto che da un paziente cardiopatico o altre popolazioni di pazienti che stanno seguendo un percorso riabilitativo.
D. Ciò permette di determinare l’intensità dell’esercizio e di definire il carico globale dell’allenamento, in modo tale da ridurre il rischio di sovraffaticamento (overreaching e overtraining), di decondizionamento, massimizzare la performance atletica e monitorare i progressi.
E. Quindi, se utilizzate in maniera corretta ed in associazione ad altri strumenti di valutazione, le scale di Borg possono rivelarsi a tutti gli effetti anche un’importante arma per la prevenzione degli infortuni.
F. Rimane però il fatto che vanno utilizzate nel modo corretto, secondo le istruzioni che sono state proposte da coloro che le hanno elaborate, altrimenti ne viene meno la validità.
martedì 6 settembre 2022
IL GIOCO MOTORIO COME BASE PER LO SVILUPPO ARMONICO DEL BAMBINO
Materiale didattico per la scuola primaria
A cura della prof.Emiliana Polini (Napoli) Coordinamento prof.
Il gioco è la principale attività del bambino nella sua prima infanzia. Esso non ha finalità utilitaristiche ed è un fenomeno spontaneo.
Il gioco rappresenta per il bambino non solo ciò che nell’uomo è l’attività cosciente, bensì anche una gamma estesa di manifestazioni della vita infantile quali, la curiosità, la combattività, l’imitazione. Il gioco, quindi, è un fenomeno essenzialmente umano che si manifesta con attività originate da un bisogno naturale di operare, di cimentarsi, di affrontare difficoltà, di riuscire a compiere determinate imprese, di contrapporsi al proprio simile, di superare con la tenacia o con l’astuzia o con qualità motorie ostacoli o quant’altro possa costituire un obiettivo ambito o piacevole o difficile o fantasioso. Sotto il profilo motorio, il gioco rappresenta un mezzo di ginnastica spontanea, libera da schemi precisati, con un forte potenziale educativo.
IL VALORE PSICO-PEDAGOGICO DEL GIOCO MOTORIO
Il gioco è educativo per una serie di motivi e di caratteristiche:
1. attraverso l’esercizio ludico il bambino esprime gli impulsi e i moti del suo animo in un ambiente psicologicamente libero;
2. esso è di grande utilità pedagogica perché dà all’alunno la possibilità di estrinsecare e di far esplodere le sue energie e quindi assolve funzione di riequilibratore delle condizioni biologiche;
3. permette di rivelare le inclinazioni temperamentali e quindi la natura psicologica dei fanciulli, dando all’educatore la possibilità di interventi opportuni e adeguati al loro comportamento;
4. fondamentalmente esso è costituito da attività piacevoli, ricercate e attese e quindi, se fatto bene, nel momento propizio, allenta la tensione e la noia e come tale può essere educativo;
5. è spesso un rilevante attivatore delle grandi funzioni dell’organismo e, come tale, assume un contenuto di educazione igienica. Per tutti questi motivi il gioco rientra pienamente nel quadro delle attività impiegate al fine di concorrere all’educazione.
IL BAMBINO E IL SUO CORPO
Il bambino che gioca affina le sue qualità psichiche perché nelle attività ludiche egli orienta le sue azioni verso una determinata finalizzazione o verso campi dominati dalla fantasia creativa. Si genera un maggior impegno dell’intelligenza, dell’attenzione, del pensiero e della volontà, il che concorre a migliorare tali qualità della mente. Il bambino, poi, nell’esplicazione del gioco collettivo (il gioco è incompleto e carente se non è collettivo) trova nei compagni una rispondenza che nasce dalle affinità fisiche e psichiche. I giochi, oltre a migliorare la struttura fisiologica del bambino, perfezionano la psicomotricità e naturalmente, assieme al sistema nervoso motore, interessano anche il sistema muscolare e quello articolare.
E’ così che i giochi, nella loro multiforme varietà, coltivano, affinano e perfezionano le qualità dominanti quali sono di volta in volta la velocità, la coordinazione, la prontezza, la destrezza, l’abilità, i riflessi, la resistenza, le dissociazioni, ecc