domenica 21 marzo 2021

 

LA PRASSELOGIA MOTORIA PER UN RINNOVAMENTO EPISTEMIOLOGICO: DELL’ATTIVITÀ MOTORIA E SPORTIVA

Alessandro Bortolotti 
Università degli Studi di Napoli “Parthenpe”



Il presente scritto vuole introdurre una disciplina che può fornire un contributo di valore all’epistemologia dell’Educazione fisica: la Prasseologia motoria. Elaborata negli ultimi decenni del secolo scorso da Pierre Parlebas, professore parigino di sociologia ed educazione fisica, propone strumenti d’analisi che ritengo possano favorire il riconoscimento dei fattori che rendono efficace il gioco motorio e sportivo nello sviluppo personale e sociale. I temi su cui ci si sofferma riguardano in particolare: le norme sociali veico- late dal gioco motorio; le dimensioni strutturali delle relazioni sociomotorie; l’analisi degli “spazi ludici” che sorgono incrociando situazioni so- ciomotorie e condizioni ambientali. Si tratta di definizioni che favoriscono: progettazioni educative coerenti, rigorosi confronti scientifici, il fornire stimoli vari ed efficaci per lo sviluppo integrale delle persone.

Introduzione

La Prasseologia o prassilogia è la teoria che si occupa dell’’agire umano (Praxis) dal punto di vista della sua efficacia” La Prasselogia motoria (Parlebas, 1987) risulta purtroppo una disciplina poco nota al lettore italiano (1), ritengo tuttavia che la conoscenza delle sue principali tematiche e strutture portanti possa invece fornire al campo di studi e ricerche dell’Educazione fisica un importante contributo epistemologico, consentendo delle analisi per così dire “in filigrana” su alcuni meccanismi caratteristici delle pratiche ludico-motorie, di cui lo sport è senza dubbio l’espressione più nota e di successo ma non certamente l’unica. Il punto che più mi sta a cuore è sviluppare nel presente un contributo che intende focalizzarsi proprio sulla definizione di sport, mostrandone alcune caratteristiche specifiche a volte anche non riconosciute o sottostimate. In tal modo, alla luce di un quadro riconoscibile, tenterò infine di individuare alcuni modelli di quello che mi piace chiamare sport adatto, cioè capace di adattare le proprie forme al soggetto piuttosto che il contrario. Non prima però d’aver definito l’enorme valore educativo e culturale veicolato dall’attività motoria e sportiva. Johan Huizinga, nella prefazione di Homo Ludens (1946), racconta un episodio curioso quanto significativo, ovvero del fatto che il titolo originale di una sua conferenza, ovvero: “Gli elementi di gioco della cultura” viene storpiato dagli organizzatori in “Gli elementi del gioco nella cultura”. Si era trattata di un’implicita (ma forte) resistenza al riconoscimento del fatto che la cultura nasce proprio sub specie ludi, come lo storico olandese afferma. Parafrasando Huizinga, dichiaro quindi con decisione che pure le attività di gioco motorio fanno (per definizione...) pienamente parte del fenomeno ludico, quindi anche lo sport è cultura. Ciò significa dunque che da un lato esprimono tendenze e costumi sociali, e dall’altro influiscono sulla loro riproduzione, risultando di fatto un potente dispositivo pedagogico, convinzioni, queste ultime, sostenute peraltro in modo magistrale (tra gli altri) da Roger Caillois (2000).
Tenendo presente che certi meccanismi si riconoscono più facilmente nel prendere in esame situazioni a noi distanti piuttosto che quelle in cui siamo immersi, riferisco un’interessante paragone svolto da Eric Dugas (2011). Analizziamo dunque tre giochi sportivi nati, diffusi ed estremamente popolari negli Stati Uniti d’America, ma relativamente poco sviluppati in Europa: il Baseball, il Football americano e l’Ultimate frisbee, ponendoli a confronto con una situazione speculare, ovvero composta da altrettanti sport creati e popolari in Europa ma non negli USA, cioè il Calcio, la Pallamano ed il Rugby. L’analisi comparata si sviluppa su dimensioni dette “universali ludici” (Staccioli, 1998), stringatamente riportati in tabella 1.

1 Ma non di lingua italiana, tanto è vero che la Prasseologia motoria, grazie all’opera dell’insegnante di Educazione fisica e prasseologo svizzero Enrico Ferretti, costituisce il fondamento teorico dei programmi scolastici di Educazione Fisica del Cantone Ticino. Questi (Area Motricità si trova alle pp. 246-64) sono liberamente scaricabili dal seguen- te indirizzo: www.pianodistudio.ch/.../Piano_
di studio della scuola dell’obbligo Ticinese.


Messisi  a  confronto  con  quelli  europei,  sia  tra  loro,  gli  sport  statunitensi  risultano  diversi  per  alcune  caratteristiche;  in  generale  si  notano  comunque  questi  aspetti: 

1. Maggiori  asimmetrie  nelle  relazioni  tra  avversari,  spazi  e  tempi; 

2. Il  punteggio  si  ottiene  privilegiando  la  cooperazione,  mediante  il  “gioco  di squadra”;     

3. La “pulizia” nelle  fasi  di  gioco:  per  esempio  o  si  attacca  o  si  difende  ma  non  è previsto  il “ribaltamento  di  fronte” (non  è  consentito  il  cosiddetto “contropiede”); 

4. Si  riscontrano  variazioni  notevoli  nei  modelli  di  gioco. 

Tutto  ciò  non  può  essere  casuale,  anzi  le  differenze  vanno  in  una  direzione precisa:  si  conferma  l’ipotesi  secondo  la  quale  le  attività  ludiche  rispecchiano,  e nello  stesso  tempo  appunto  rinforzano,  alcune  caratteristiche  socioculturali  tipiche  della  società  che  le  produce.  Da  questo  punto  di  vista,  dunque,  si  può  certamente  notare  una  correlazione  tra  la  maggiore  propensione  nordamericana  ad innovare  e  provare  modelli  diversi,  mentre  in  Europa  appaiono  prevalenti  le  tendenze  a  seguire  un  modello  tradizionale  e  piuttosto  costante.  Nello  stesso  tempo,  nella  mentalità  Usa  (e  anglosassone)  pare  emergere  una  maggiore  aderenza a  determinati  principi:  per  ottenere  il  risultato  finale  (segnare  i  punti)  appare  fondamentale  il “gioco  di  squadra” e  l’aiuto  reciproco  o  cooperazione,  mentre  in  Europa  il  gioco  facilita  il  cambio  di  campo  e  l’azione  personale,  prendendo  magari gli  altri  in  contropiede  o  cercando  di  risolvere  le  situazioni  difficili  di  gioco  tramite  il  ricorso  ad  azioni  individuali. Per  comprendere  quanto  il  gioco  sportivo  possa  riflettere  alcuni  elementi della  cultura  soffermiamoci  ancora  un  attimo  sul  gioco  nazionale  USA  per  eccellenza,  il  Baseball,  noto  anche  per  i  noti  personaggi  dei  Peanuts,  con  i  quali  il  compianto  Schulz  ha  ricostruito  un  quadro  sociale  quasi  mitologico.  Le  sue  regole prevedono  che  il  giocatore  sia “salvo” se  sta  nella  base,  mentre  può  essere  eliminato  quando  si  trova  in  campo  aperto  nel  tentativo  di  ottenere  il  punto.  Ebbene, questo  meccanismo  sportivo  si  presta  perfettamente  ad  essere  interpretato  come emblematico di tipiche situazioni  statunitensi:  da  un  lato  ricorda  l’epopea  del West,  quando  si  era  sicuri  solo  all’interno  del  Forte  (corrispondente  alla  base), ma non nel territorio  aperto  infestato  da  pericoli  (Indiani,  banditi,  territorio  ostile…);  dall’altro  lato,  tuttavia,  riproduce  una  situazione  tutt’ora  attuale  nelle  scuole  americane,  dove  sono  gli  allievi  a  doversi  spostare  tra  le  aule,  luoghi  che  sono di  pertinenza  degli  insegnanti.  E  purtroppo  sappiamo  quanto  ancora  oggi,  soprattutto  negli  USA,  le  comuni  aree  scolastiche  risultino  tristemente  pericolose. Lo  sport  del  Baseball,  insomma,  riprende  sì  una  parte  della  storia  nazionale  ma per  attualizzarla,  favorendo  l’ingresso  del  giovane  statunitense  nella  sua  specifica  realtà  sociale,  composta  da  usi  e  relazioni  tra  spazi  e  persone  che  risultano isomorfiche  tra  l’organizzazione  scolastica  ed  il  gioco  sortivo  più  popolare.  Probabilmente  sono  proprio  questi  i  motivi  che  non  solo  ne  decretano  la  popolarità  in  patria,  ma  anche  lo  scarso  successo  in  Europa,  dove  l’attività  non  può  certo avvantaggiarsi  dello  stesso  orizzonte  storico,  simbolico  ed  organizzativo  spaziotemporale,  né  relazionale.  Del  resto  la  scelta  di  svolgere  determinati  sport,  quindi  il  loro  successo,  non  può  certo  derivare  da  mere  questioni  fisiche  o  pratiche, nella  motivazione  risultano  anzi  fattori  fondamentali  i  significati  dell’attività,  i quali  sorgono  perlopiù  per  l’aderenza  ad  un  modello,  molto  spesso “incarnato” nella  figura  di  un  campione. Alessandro  Bortolotti Appare  inoltre  pertinente  ricordare  qui  il  concetto  di  gioco  profondo,  definito  da  Geertz  (1987)  come  l’espressione  ludica “densa” di  elementi  che  riassumono  su  di  sé  una  determinata  cultura,  facilitandone  così  una  vivida  riproduzione. Vi  sono  pochi  dubbi  sul  fatto  che,  a  tale  proposito,  nella  nostra  società  il  Calcio sia  attualmente  il  più  diffuso  gioco  profondo  a  livello  planetario;  ma  non  fermiamoci al solo livello  del  gioco  giocato,  bensì  alle  capacità  di  condensare  alcune  caratteristiche  sociali  che,  attraverso  il  linguaggio  (Hernán-Gómez  Prieto,  2009),  entrano  in  modo  disinvolto  in  ogni  ambito,  permeando  attraverso  una  narrazione evocativa  e  metaforica  le  dinamiche  sociali.  Espressioni  come “scendere  in  campo”,  “salvarsi  in  corner”,  “agire  in  contropiede” o “in  zona  Cesarini” risultano  infatti  espressioni  comprensibili  e  universali,  ampiamente  utilizzate  al  di  fuori  del contesto  in  cui  nascono.  Non  a  caso  lo  sport  è  stato  anche  definito  alla  stregua di  fatto  sociale  totale (Greco,  2004),  ma  ciò  purtroppo  significa  che  corre  anche  il rischio  di  essere  stravolto  dal  meccanismo  più  ampio  che  lo  ha  di  fatto  fagocitato  per  i  propri  interessi,  perlopiù  commerciali.  Lo  sport  di  alto  livello  rischia  infatti  di  perdere  la  propria  ingenuità  proprio,  e  paradossalmente,  a  causa  del  successo  –  si  potrebbe  dire  insomma  che  ha  “venduto  l’anima  al  diavolo”.  Ma  non m’interessa  affatto  affrontare  discorsi  dal  sapore  moraleggiante,  bensì  cercare  di rimanere  su  binari  di  tipo  scientifico.  Spero  di  aver  sufficientemente  chiarito  che lo  sport  va  riconosciuto  come  una  espressione  culturale  tipica;  ora  dobbiamo  invece  cercare  di  cogliere,  da  un  punto  di  vista  pedagogico,  cosa  ci  interessa  prendere  in  considerazione  se  intendiamo  impostare  un’azione  educativa  scientificamente  fondata  e,  quindi,  non  basata  sull’ideologia,  la  tradizione  o  il  puro  buon senso  (Bertolini,  1988)..

2.Una  definizione  operativa  di  Sport.
  
Sfortunatamente,  le  cosiddette “Scienze  motorie” a  mio  modesto  avviso  faticano a  dotarsi  di  un’epistemologia  di  riferimento  autonoma  sufficientemente  forte  a livello  scientifico,  pertanto  diventa  difficile  impostare  rigorosamente  il  campo d’indagine  con  categorie  proprie,  specifiche  della  materia.  Il  rischio  di  risultare ambigui  non  è  però  da  imputare  alla  responsabilità  individuale,  ad  essere  lacunoso  appare  l’intero  impianto  disciplinare.  Anche  a  livello  accademico  la  materia è  notoriamente  una  sorta  di “Cenerentola”,  ma  si  tratta  di  un  fenomeno  già  ampiamente  denunciato:  basti  pensare  che  già  Marcel  Mauss  (1965;  ma  l’opera  originale  risale  al  ’36)  denuncia  come  sulle  tecniche  del corpo (altro  termine  ormai inflazionato)  chiunque  si  senta  legittimato  a  dire  la  sua. Venendo  nello  specifico  allo  Sport,  è  estremamente  interessante  notare  che pure  la  definizione  espressa  nella  “Carta  Europea  dello  Sport”  del  Consiglio d’Europa (2) risulta  deficitaria  su  più  fronti,  un  esempio  di  quanto  anche  a  certi  livelli  d’indirizzo  politico  la  questione  non  sia  tanto  ben  delimitata;  vi  si  legge  infatti: 

Si  intende  per  “sport”  qualsiasi  forma  di  attività  fisica  che,  attraverso  una partecipazione  organizzata  o  non,  abbia  per  obiettivo  l’espressione  o  il  miglioramento  della  condizione  fisica  e  psichica,  lo  sviluppo  delle  relazioni  sociali  o  l’ottenimento  di  risultati  in  competizioni  di  tutti  i  livelli (Art.  2,  comma 1). 

Appare  arduo  fare  riferimento  ad  una  simile  definizione  a  livello  scientifico, dato  che  in  buona  sostanza  non  consente  nessuna  discriminazione  operativa.  all’opposto,  è  proprio  su  questa  dimensione  che  può  invece  risultare  utile  la  Prasseologia  motoria.  Secondo  Parlebas  (1987)  lo  Sport  è  un  gioco  motorio  istituzionalizzato  di  tipo  competitivo  il  cui  risultato  è  incerto.  Il  sociologo  francese,  oltre ad  indicare  le  caratteristiche  pertinenti  (motricità,  competizione,  incertezza  ed istituzionalizzazione),  sostiene  che  quella  prevalente  per  il  suo  significato  sociale  è  forse  proprio  quella  meno  considerata  a  livello  scientifico:  l’istituzionalizzazione.  È  infatti  sul  piano  socio-culturale  che  si  individuano  i  criteri  in  base  ai  quali  viene  deciso  cosa  è  sport,  quindi  sono  le  istituzioni  che  fanno  rientrare  le  attività  nel  novero  delle  categorie  di  riferimento;  il  rischio  che  si  corre,  tuttavia,  è  il confondere  aspetti  tecnici  e  sociali:

Colpisce  constatare  come  nelle  accezioni  moderne  del  termine  ‘sport’  il  criterio  dell’istituzionalizzazione  sia  regolarmente  passato  sotto  silenzio.  Si tratta  dunque,  in  ultima  analisi,  del  criterio  decisivo:  nell’immenso  campo delle  pratiche  ludicomotorie,  l’istituzione  ha  ufficialmente  deciso  di  sceglierne  solo  alcune  come  degne.  È  proprio  tale  decisione  che  accorda  a  questo  insieme  di  attività  il  loro  status  privilegiato  (Parlebas,  1987,  p.  362;  Traduzione  dell’Autore).

Al  fine  di  cogliere  l’utilità  teorica  delle  analisi  del  sociologo  francese,  prendiamo in  considerazione  un’esperienza  verosimile:  un  gruppo  di  bambini  che  s’intrattiene  sulla  strada  a  giocare,  ad  esempio  a  calcio  o  basket,  prima  di  recarsi  a svolgere  un  allenamento  dello  stesso  sport  al  campo  sportivo.  Sono  sempre  gli stessi  soggetti  che  apparentemente  svolgono  la  medesima  attività,  ma  nei  due tempi  c’è  una  modifica  sostanziale:  cambia  totalmente  il  contesto.  L’elemento istituzionale  trasforma  la  natura  dell’attività,  la  quale  prima  risulta  di  gioco  spontaneo,  ma  quando  passa  dalla  strada  alla  palestra  assume  un  valore  istituzionale, per  cui  le  due  espressioni  non  si  possono  considerare  dello  stesso  tipo,  anche  se tecnicamente  le  azioni  avrebbero  potuto  essere  pressoché  identiche.  Ma  per quanto  riguarda  la  dimensione  educativa  non  può  sfuggire  che  si  tratti  di  esperienze  dal  significato  diversissimo:  una  non formale,  l’altra  informale  (poi  ci  sarebbe il  piano  formale,  sostanzialmente  quello  scolastico,  ma  questo  ci  porterebbe  troppo  lontano  dal  tema…). 

2    Scaricabile  dal  sito  CONI  alla  pagina:  http://www.coni.it/it/news-delle-vecchie-olimpiade/52-contenuti-statici/3677-note-doc-carta-europea.html.

In  sostanza,  se  non  ci  dotiamo  di  una  teoria  di  riferimento  pertinente  ed  operativa,  rischiano  di  sfuggirci  i  significati  intrinseci  dell’attività.  Ecco  perché  appare  fondamentale  coglierne  la  natura  strutturale e  lo  dico  innanzitutto  da  educatore,  prima  che  ricercatore,  perché  le  opportunità  formative  dipendono  innanzitutto  da  tali  dimensioni. 

3.  Per  una  teoria  del  gioco  motorio  adeguato  o  “Sport”  adatto

Includere  significa  innanzitutto  far  parte  di  una  collettività,  diventa  pertanto  fondamentale  analizzare  sia  le  relazioni  tra  individui,  sia  le  capacità  che  le  situazioni  motorie  sollecitano,  in  modo  da  avanzare  proposte  adeguate  ai  bisogni  a  alle capacità  dei  nostri  allievi.  A  questo  livello  la  Prasseologia  ci  presenta  la  chiave  di lettura  cosiddetta  sociomotoria,  che  può  essere  definita  come  la  prospettiva  delle  scienze  motorie  che  analizza  le  interazioni  tra  individui  nelle  situazioni  motorie.  Si  prendono  perciò  in  considerazione  le  condotte  motorie,  termine  che  intende  evidenziare  come  le  attività  di  gioco  motorio  mettano  in  moto  l’intera  personalità  del  soggetto,  non  solo  il  piano  organico,  psicologico  o  cognitivo,  ma  anche  (se  non  soprattutto)  sociale.  Le  condotte  motorie  in  sostanza  possono  essere  interpretate  come  la  manifestazione  di  una  personalità  che  esprime  se  stessa, mediante  le  interazioni  con  l’ambiente  fisico  e  l’entourage  sociale. Il  campo  d’azione  sociomotorio  fa  quindi  riferimento  alla  presenza  della componente “interazione  motoria” tra  le  persone  coinvolte  nelle  attività.  Nel  caso  in  cui  un  soggetto  effettui  un’azione  motoria  senza  interazione  con  gli  altri,  si viene  a  delineare  una  situazione  cosiddetta  psicomotoria  (in  senso  lato),  dove l’attenzione  del  singolo  individuo  viene  posta  nei  confronti  dell’ambiente  o  degli  oggetti,  ma  non  di  altre  persone.  Rientrano  in  questa  tipologia  di  movimento, ad  esempio,  tutti  i  giochi  di  abilità  individuale  o  gli  sport  in  cui  si  resta  in  corsia, che  sostanzialmente  non  prevedono  scambi  di  alcun  tipo  con  altri  atleti  nel  corso  della  performance. Nel  caso  in  cui  si  svolgano  invece  duelli  tra  individui  o  a  squadre,  si  dà  vita  a scambi  socio-motori  caratterizzati  dalla  presenza  di  due  diverse  interazioni: quella  cooperativa  tra  compagni  e  quella  oppositiva  nei  confronti  degli  avversari,  oppure  mista  nel  caso  di  attività  di  squadra.  Nel  caso  in  cui  non  ci  sia  competizione,  le  interazioni  si  dicono  cooperative.  Le  diverse  disposizioni  delle  condotte  motorie  in  rapporto  alla  componente  interazione  sono  riassunte  nella  tabella  n.  2.;Tali  categorie,  dal  momento  che  forniscono  una  chiave  di  lettura  delle  possibili  esperienze  motorie  relazionali,  sono  assai  utili  anche  dal  punto  di  vista  didattico.  Vivere  l’intera  gamma  di  situazioni  socio-motorie  significa  impostare  le  attività  non  tanto  in  relazione  ai  vari  sport  (punto  di  vista  tecnico),  ma  delle  relazioni.  Dal  punto  di  vista  socio-motorio,  insomma,  proporre  Basket,  Calcio  o  Pallavolo  significa  far  fare  grossomodo  la  stessa  esperienza;  e  addirittura  quelle  che  potrebbero  sembrare  attività  piuttosto  simili  perché  individuali  come  la  lotta  o  la corsa  veloce,  risultano  in  realtà  molto  diverse:  la  prima  infatti  è  oppositiva,  la  seconda  psicomotoria. 


Un  altro  asse  in  grado  di  caratterizzare  le  esperienze  motorie  è  quello  ambientale,  che  il  mondo  sportivo  tende  peraltro  sempre  più  ad  “addomesticare”. Da questo  punto  di  vista  si  è  notato  che  i  giochi  olimpici  hanno  progressivamente  eliminato  le  specialità  svolte  all’aria  aperta,  per  passare  in  impianti  indoor  dove  le  situazioni  sono  decisamente  più  sotto  controllo  (Parlebas,  1986).  Anche questo  processo  riflette  una  tendenza  tipica  della  nostra  società:  quando  si  può, si  tende  ad  evitare  ogni  possibile  rischio  per  controllare  il  più  possibile  la  situazione.  Incrociando  i  due  fattori,  quelli  dell’interazione  sociale  ed  ambientale,  si determina  quindi  un  nuovo  schema  che  definisce  altri “ambienti”,  i  quali  sorgono  come  prodotto  tra  i  tratti  specifici  delle  interazioni  sociomotorie  ed  ambientali.  Ognuno  di  questi,  ovviamente  sulla  base  dei  loro  tratti  distintivi,  sollecita molto  diversamente  le  persone  a  mettere  letteralmente  in  modo  delle  condotte motorie  specifiche.  Credo  che  anche  questa  tabella  consenta  di  progettare  ed  interpretare  in  modo  coerente  le  diverse  esperienze  ludico  motorie  che  si  programmano  ad  ogni  livello,  dal  formale  all’informale. 




Riflessione  conclusive In  definitiva,  il  quadro  epistemologico  delle  scienze  motorie  e  sportive  attualmente utilizzate  nell’indagine  scientifica,  al  riguardo  dell’analisi  di  aspetti  strutturali  intrinseci  non  appare  al  momento  troppo  chiaro.  Al  fine  di  condurre  sia analisi  pertinenti  rispetto  alla  natura  specifica  dell’esperienza  motoria,  sia  programmi  educativi  più  chiari  e  consapevoli  rispetto  al  loro  valore  pedagogico,  in particolare  nei  confronti  di  soggetti  che  posseggono  meno  strumenti  (disabili, bambini  molto  piccoli,  persone  in  difficoltà  socioeconomiche…),  può  essere utile  fare  riferimento  a  come  gli “ambienti” definiti  dalla  Prasseolgia  sollecitino le  capacità  personali.  Si  potrebbe  indagare  ad  esempio  quali  condotte  motorie vengono  elicitate  nelle  diverse  situazioni,  se  possono  essere  interpretate  alla stregua  di  risposte  adeguate  o  meno,  quali  fattori  incidono  maggiormente  e  così  via. Alessandro  Bortolotti Un’ultima  riflessione  riguarda  i  modelli  di  attività  ludicomotoria.  Uno  slogan molto  citato  a  livello  prasseologico  suona  così:  “il  maestro  del  gioco  è  il  gioco, non  il  maestro”.  Ciò  significa  che,  a  prescindere  dalle  capacità  empatiche,  didattiche  o  pedagogiche  dell’insegnante,  è  la  proposta  stessa  che  in  gran  parte  determina  la  qualità  dell’esperienza.  Lo  sport  è  un  contesto  importante,  sarebbe  assurdo  non utilizzarlo  per  chi  ce  la  fa,  però  purtroppo  rischia  di  limitare  le  relazioni  nei  confronti  degli  altri  e  dell’ambiente  esterno,  inoltre  è  adatto  solo  per  pochi,  si  dice  che  sia  infatti  un’attività  aristocratica.  Il  modello  sportivo  classico,  infatti,  che  sostanzialmente  si  può  far  coincidere  con  i  Giochi  Olimpici  (Paralimpiadi  comprese),  pare  chiudere  eccessivamente  le  esperienze  dei  soggetti  dentro  a percorsi  univoci,  riducibili  fondamentalmente  a  duelli  individuali  o  di  squadra  ed in  ambienti  il  più  delle  volte  prevedibili. Tuttavia,  non  ritengo  utile  né  corretto  chiedere  alle  società  sportive  di  modificare  la  loro  proposta.  Forse  gli  enti  di  promozione  sportiva  possono  essere  più sensibili  ad  apportare  qualche  modifica  ai  loro  programmi;  pensiamo  ad  esempio  alla  UISP,  che  attualmente  si  richiama  allo  Sport  per  tutti.  Credo  che  da  questo  punto  di  vista  occorrerebbe  piuttosto  fare  “rete”  ad  un  livello  più  ampio,  ad esempio  investendo  qualche  risorsa  su  tavoli  locali  che  consentano  a  tutti  (disabili  compresi)  di  svolgere  attività  motorie  educative  e  stimolanti  da  più  punti  di vista,  non  solo  perché  spettacolari  o  potenzialmente  di  successo.  Sarebbe  poi particolarmente  importante,  anche  a  livello  formale  (di  scuola  dell’obbligo),  recuperare  ad  esempio  alcuni  giochi  sportivi  tradizionali,  poco  spettacolari  quindi dimenticati  dalle  federazioni,  ma  generalmente  più  inclusivi,  dal  punto  di  vista delle  relazioni  sociali,  di  quelli  sportivi  istituzionali.  Molto  formative  sarebbero anche  le  attività  cooperative  all’aria  aperta,  un  altro  settore  su  cui  investire  per contrastare  la  tendenza  a  rinchiuderci  in  setting  indoor.  Anche  da  questo  punto di  vista  l’istituzione  scolastica  e  gli  enti  locali  dovrebbero  costituire  centri  di  sviluppo,  ma  nello  stesso  tempo  dovrebbero  essere  investiti  di  risorse  materiali  e concettuali.  D’altro  canto,  se  si  ritiene  che  le  condotte  motorie  siano  un  modo  di esprimere  la  personalità  di  un  soggetto,  sarebbe  bene  fornire  molti  stimoli  diversi,  anche  perché  il  fine  dell’Educazione  fisica  riguarda  l’adattabilità  psicofisica,  e non  di  certo  solo  l’adattamento  organico,  obiettivi  che  si  perseguono  stimolando  delle  riflessioni,  piuttosto  che  allenando  solo  dei  riflessi.

venerdì 5 marzo 2021

 LE CAPACITÀ COORDINATIVE SPECIFICHE PER L’ALLENAMENTO 
DELLA RICEZIONE



Le capacità coordinative definite anche con il termine di destrezza, sono strettamente legate allo sviluppo e la maturazione del sistema nervoso centrale (s.n.c.) di un individuo ed è la capacità di apprendere, adattare e controllare un movimento.

L'apprendimento di un gesto sportivo, come precedentemente detto, è facilitato dalla presenza in memoria di un ricco bagaglio di precedenti coordinazioni acquisite, pertanto il miglioramento della destrezza permette di: coordinare movimenti precisi, apprendere facilmente e rapidamente nuovi movimenti, adattare velocemente le precedenti esperienze motorie a nuove situazioni, esprimere in maniera efficace le doti di forza, resistenza e rapidità (capacità condizionali).

La coordinazione è una capacità innata dell'individuo, però deve essere sviluppata e allenata attraverso esercitazioni specifiche per ogni singola capacità. Il periodo migliore per allenare la coordinazione è indicato come “prima età scolare” che va 6-7 a 11-12 anni.  Questa età è ottimale per intervenire sulle capacità coordinative, infatti, l'apprendimento è molto veloce, anche se non corrisponde un'adeguata fissazione dei movimenti. Per questa ragione, tutto ciò che si è appreso deve essere ripetuto un numero sufficiente di volte, se si vuole che sia integrato stabilmente nel bagaglio motorio del bambino, inoltre è giusto aggiungere sempre nuovi stimoli variando anche le situazioni.
Quanto scritto avvalora la tesi che, un atleta per realizzare modelli di prestazione tecnica corretti ed efficaci necessità di una buona base di esperienze motorie. Questo faciliterà l'apprendimento delle tecniche sportive.

Le capacità coordinative si suddividono in: capacità coordinative generali e speciali che sono un espressione più fine e precisa di un movimento generico.

Le capacità coordinative generali sono:


Capacità di apprendimento motorio: consiste nella capacità di apprendere nuovi gesti e movimenti. Come già detto è molto fertile tra i 6 e 10 anni e raggiunge la massima capacità di apprendimento tra i 10 e 12 anni dove il fanciullo aumenta la capacità attentiva percependo il movimento da una forma più globale ad una più analitica.

Capacità di controllo motorio: è la capacità di controllare il movimento in funzione dell'obiettivo raggiungendo esattamente il risultato programmato del movimento. Questa capacità si sviluppa tra i 6 e i 7 anni e dopo questo periodo rallenta la sua strutturazione. Questa tappa se correttamente sviluppata favorirà la capacità del fanciullo di recepire meglio i feedback del proprio movimento, con ottimi risultati sul controllo motorio.

Capacità di adattamento e trasformazione del movimento: consiste nella capacità di adattare o trasformare il programma motorio prestabilito a mutamenti improvvisi della situazione, quindi, l'interruzione del movimento programmato e una nuova situazione che adotti altri schemi e programmi motori ugualmente efficaci. Questa capacità si sviluppa parallelamente alle altre due. In sintesi all'inizio viene appresa una capacità motoria, successivamente è perfezionata (controllo e regolazione), in seguito adattata alle variazioni (trasformazione), che realizzerà una nuova situazione di movimento (adattamento) e di conseguenza un miglioramento



Le capacità coordinative speciali sono:

Capacità di coordinazione segmentarla o di combinazione e accoppiamento dei movimenti : permette di coordinare adeguatamente tra loro i movimenti dei segmenti del corpo stesso (es: coordinazione segmentaria  per il bagher con traslocazioni laterali a baricentro basso).

Capacità di orientamento spazio-temporale: questa, e una delle capacità coordinative più importanti da sviluppare per l'allenamento della ricezione. Questa consente di modificare la posizione e il movimento del corpo nello spazio e nel tempo, in riferimento ad un campo di azione definito (es. valutazione della traiettoria della palla dopo servizio avversario). L'atleta, mediante un calcolo ottico dovrà valutare la traiettoria della palla, calcolare la distanza che intercorre tra sé e la stessa e il tempo che dovrà impiegare per disporsi nella corretta posizione ed eseguire il fondamentale per la ricezione, (bagher o palleggio).


Capacità di anticipazione: anche questa capacità risulta fondamentale per l'allenamento della ricezione perché, permette di prevedere anticipatamente, sulla base di un calcolo probabilistico, sia l'andamento che il risultato di un'azione motoria, programmando tempestivamente le operazioni successive (spostamenti, corretti e anticipazione con riferimento alla previsione della traiettoria che effettuerà la palla).

Capacità di trasformazione: la pallavolo è uno sport di situazione che richiede continui adattamenti in base ai cambiamenti della situazione che sono stati percepiti o previsti mentre si sta eseguendo
un'azione, adattando il programma alle nuove esigenze (es:, adattarsi continuamente alla situazione con riferimento ai compagni e gli avversari).

Capacità di equilibrio: consente di mantenere in equilibrio il corpo o di recuperare la posizione desiderata dopo ampie sollecitazioni e spostamenti.

Capacità di reazione: come per la capacità di anticipazione anche, anche quella di reazione è funzionale per una corretta esecuzione tecnica. La velocità di reagire prontamente e adeguatamente agli stimoli di un segnale, con azioni motorie adeguate permetterà al l'atleta di migliorare la propria performance in ricezione.

Ci sono ancora altre due capacità coordinative che ritengo meno importanti nella programmazione dell'allenamento per la ricezione e sono più specificamente la capacità di ritmo e la fantasia motoria

Un ruolo importante per una corretta acquisizione delle diverse capacitã coordinative è data  delle informazioni che provengono dagli analizzatori: "esterocettivi", tattile, visivo, vestibolare, acustico e "propriocettivo", cinestetico. Questi assumono importanza diversa secondo la disciplina sportiva praticata. Le informazioni da parte degli analizzatori sono indispensabili alla realizzazione dei processi nervosi.
Nell'allenamento per la ricezione ricoprono un'importanza particolare il sistema visivo, (capacità di osservazione è messa a fuoco della palla, visione periferica con riferimento allo spazio e ai compagni), acustico (comunicazione con i compagni con riferimento alle responsabilità in ricezione, palla lunga corta, mia), vestibolare (capacità di orientarsi e ricollocarsi nello spazio dopo movimenti acrobatici o improvvisi cambi di direzione).

Nell'allenamento delle capacità coordinative e importante inserire all'interno degli esercizi anche movimenti propri della tecnica sportiva.
Di seguito vi darò alcuni consigli per poter programmare un piano di allenamento dove ci sono esercizi coordinative inseriti all'interno dell'allenamento tecnico.
Ricordo che ogni capacità, rispetta il principio fondamentale dell'allenamento, ovvero che nell'apprendimento di una capacità ci sarà una fase definita grezza,  una fine e al termine un adattamento che consoliderà la capacità stessa.
                                                                                          Stefano Lorusso

sabato 12 dicembre 2020




MODELLO  TECNICO DIDATTICA 

DELLA RICEZIONE NEL SETTORE GIOVANILE  

PROF. GIUSEPPE  BOSETTI









Ciao amici, oggi vi propongo un video realizzato dal Comitato Provinciale di Varese durante un corso di aggiornamento del Professor Bosetti e grazie alla preziosa collaborazione del collega  Luciano Giarrizzo
è disponibile sul mio blog e canale YouTube. Le immagini sono state prese durante gli allenamenti di mini volley e Under 12 coordinati da me e ripropongono “spero abbastanza fedelmente” il modello tecnico con riferimento al Bagher. Come afferma nel video il Professor Bosetti durante l’attività di minivolley  e Under 12/13 si tende a fare delle esercitazioni coordinative a carattere generale senza tener presente che a parità di capacità motorie e parametri antropometrici solo chi dimostra di avere un bagaglio motorio specifico per lo sport da praticare riesce ad realizzare abilità motorie “tecniche di base”e risultati di eccellenza. Questo video, a mio avviso è sicuramente uno strumento di formazione di massima eccellenza per la formazione di noi allenatori e di conseguenza per le “nostre” giovani atlete.

Stefano Lorusso


















mercoledì 9 dicembre 2020



CARATTERISTICHE DI EVOLUZIONE DELLA PALLAVOLO FEMMINILE

LUCIANO PEDULLÀ



























 


sabato 28 novembre 2020

 


ALLENAMENTO TECNICO PROFESSORE GIUSEPPE BOSETTI



Ciao amici, oggi vi propongo un video che sicuramente alcuni di voi avranno già visto sul mio canale YouTube, di un allenamento della società Lombarda di Orago condotto dal Professore Giuseppe Bosetti. All’interno del video potrete vedere alcuni esercizi in forma analitica e sintetica con particolare riferimento all’attacco e difesa. Differentemente dalle nuove tendenze in merito alla didattica delle abilità motorie “tecniche di gioco”, si potrà notare che molti esercizi sono eseguiti a coppie. Vi invito a guardare attentamente, oltre alla dinamica dell’esercizio, ai modelli tecnici proposti, sia per il bagher di appoggio “con divaricata sul piano sagittale” e difesa “con divaricata frontale” sia al colpo d’attacco. Ogni allenatore è libero, secondo le proprie esperienze di valutare e scegliere i percorsi migliori per accrescere le abilità tecniche delle “proprie” atlete. Questo sistema di allenamento, ha dimostrato, sia a livello  giovanile sia Seniores di creare i presupposti per la costruzione di atlete di ottimo livello. Segue una breve presentazione del Professor Bosetti.

Buona visione.

Stefano Lorusso








Il Professore Giuseppe Bosetti è stato allenatore della Nazionale Italiana Juniores e Seniores femminile, con una parentesi per la Selezione Svizzera. È stato professore di educazione fisica nella scuola secondaria statale di Sumirago in provincia di Varese. Con la pallavolo Sumirago in poche stagioni ha condotto un gruppo di giovani giocatrici attraverso un percorso di duro lavoro dalla terza categoria alla serie A. Attualmente è responsabile tecnico del settore giovanile della società Turca del  Vakifbank una delle migliori realtà a livello mondiale. Inoltre è stato responsabile tecnico, in collaborazione con la moglie Franca Bardelli, della pallavolo Orago, una tra le migliori scuole italiane per l'insegnamento della pallavolo giovanile e fucina di talenti, tra le quali le due figlie Lucia e Caterina, Sylla, Danesi, Parrocchiale e molte altre. Il professor Bosetti, con la sua filosofia Orientale non è solo un tecnico, ma un maestro di uniche capacità didattiche, divenuto, definirei un “ Guru”, punto di riferimento per moltissimi tecnici.





giovedì 26 novembre 2020

 


VIDEO CLIP PER IL CONTROLLO DEL COLPO DI ATTACCO 


Ciao amici, oggi vi propongo due video clip con due proposte per il controllo del colpo di attacco in forma analitica e sintetica. Anche se sono piccole clip, ritengo siano interessanti. In particolare la clip con l’esercizio analitico si può notare come l’allenatore insiste sulla posizione del caricamento delle braccia che non devono eseguire un movimento verso avanti - dietro ma esclusivamente verso dietro - alto










 

Come sempre spero che il materiale sia utile per un confronto tecnico e soprattutto per migliorare le capacità tecniche delle nostre giovani atlete.


giovedì 19 novembre 2020

 



ANDATURE DI RISCALDAMETO E RAPIDITÀ 







giovedì 8 ottobre 2020



  "LAVORO A CIRCUITO ”

APPLICAZIONI PRATICHE




Buongiorno amici, oggi vi propongo un post, Con un video che potete visionare Cliccando sul link inserito sotto le immagini. Il video propone alcune esercitazioni a circuito sia per il miglioramento della forza, della rapidità associati ad alcuni Modelli tecnici, particolare riferimento al bagher.
Buona visione.







martedì 22 settembre 2020

ESERCIZI PER IL CONTROLLO TECNICO



Uno dei compiti fondamentali di un allenatore, soprattutto con gli atleti più giovani, e insegnare i gesti tecnici del proprio sport. Tutte le tecniche sportive rappresentano delle abilità motorie, cioè alcuni gesti complessi che vengono appresi e automatizzati attraverso l'esperienza. Le abilità consentono di raggiungere un certo scopo in tempi ottimali, con massima possibilità di riuscita e minimo dispendio di energie mentali e fisiche. Per gli allenatori, è importante comprendere come gli atleti apprendano e come vi siano differenze individuali nella predisposizione all'apprendimento e nei tempi di acquisizione. Per facilitare l'acquisizione di abilità tecniche, è necessario che l'allenatore conosca i processi sottostanti l'apprendimento motorio, le fasi dell'apprendimento e le indicazioni didattiche e metodologiche che derivano da tali conoscenze. L'apprendimento motorio, viene definito come un insieme di processi associati con l'esercizio, con l'esperienza che determinano un cambiamento relativamente permanente nella prestazione o nella potenzialità di comportamento. Poiché avviene all'interno della persona, allo stato attuale delle conoscenze non può essere osservato direttamente (anche se la ricerca in tale direzione sta evidenziando risultati importanti), ma viene inferito in base a cambiamenti nel comportamento manifesto, ovvero nella prestazione osservabile. Quando le abilità ed i movimenti si fanno precisi, sicuri e fluidi, il soggetto diviene gradualmente capace di conseguire obiettivi prestabiliti in maniera stabile, rapida e produttiva, con il minimo costo energetico o attentivo. La distinzione fra prestazione, (comportamento osservabile in un dato momento, ancora temporaneo e influenzabile da fattori come fatica o motivazione) e apprendimento, (cambiamento stabile nei processi sottostanti l'abilità) è molto importante, poiché questi due termini non sono sempre coincidenti, ad esempio, alcune modalità di organizzazione della pratica (nelle esercitazioni tecniche) possono determinare buone prestazioni a breve termine, ma che in realtà non si concretizzano in acquisizioni durature. L'apprendimento si misura usualmente attraverso test di ritenzione, Ovvero prove eseguite a distanza di tempo, o test di transfert, prove realizzate su abilità simili. Per un atleta, la prova migliore di apprendimento tecnico è rappresentata dalla capacità di applicare efficacemente la tecnica anche nelle situazioni stressanti di gara. Le caratteristiche della prestazione che incidono sull'apprendimento sono:
• Miglioramento. Dopo un certo tempo l'abilità eseguita in modo più corretto rispetto una fase iniziale, ossia si avvicina maggiormente al gesto richiesto.
• Costanza. Man mano che procedono le esercitazioni, l'esecuzione si fa più costante, con prestazioni simili. Un termine collegato a tale concetto è stabilità. Quando un nuovo comportamento è acquisito non viene facilmente modificato da piccole variazioni di caratteristiche personali (ad esempio, fatica) o condizioni ambientali.
• Persistenza. Il miglioramento, con riferimento alla capacità di prestazione si mantiene stabile per periodi di tempo più lunghi ed è relativamente permanente.
• Adattabilità. L'abilità viene svolta con successo sempre maggiore anche quando si modifica la situazione.

                                                     Stefano Lorusso



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venerdì 18 settembre 2020