venerdì 26 aprile 2024


COME SI IMPARA A GIOCARE

DAVIDE MAZZANTI  





Buongiorno amici, oggi vi propongo un nuovo post con del materiale tratto da un corso di aggiornamento organizzato dal comitato Regionale del Piemonte tenuto dal ex  tecnico della nazionale italiana femminile Davide Mazzanti sul tema “ L’allenamento del cambiopalla”. Sia la parte teorica sia quella pratica la potete visionare nei due video sottostanti.
        
Stefano Lorusso

«Spesso sento dire che con il metodo globale tutti giocano e la tecnica non la fa più nessuno; come se fare globale non voglia dire sviluppare le tecniche e che invece, l’unica strada per raggiungere questo obiettivo sia quella dell’allenamento analitico. Questo è assurdo. Il problema è che dobbiamo essere ancora più attenti ad individuare il problema, quali priorità trasmettere e in che modo proporlo senza uscire troppo dal contesto situazionale».  
                                      
                               
            

 VIDEO DIDATTICO 1





VIDEO DIDATTICO 2


giovedì 18 aprile 2024

 

L’ATTIVITÀ MOTORIA NELLE FASCE D’ETÀ DAI 5 AI 14 ANNI 





Attraverso il corpo non passano solo i processi di sviluppo fisico e fisiologico, bensì anche quelli deputati alla crescita ed alla maturazione di tutte quelle aree della persona, da quella cognitiva a quella affettivo-motivazionale a quella sociale. L’educazione motoria è da considerarsi una disciplina che concorre a tutti gli effetti 

A - Consolidare sicurezza e autostima; 

B - Acquisire i valori morali della lealtà, del rispetto, della solidarietà, della cooperazione; 

C - Valorizzare lo sport come gioco-divertimento, gioia di stare insieme.

Considerando che una singola disciplina non contiene da sola tutti i presupposti della motricità di base, è opportuno tenere sempre presente che le finalità primarie dell’intervento sportivo  privilegiano gli aspetti pedagogici ed il rispetto del diritto dei bambini di acquisire quante più competenze possibili prima di orientare la propria motricità verso forme più specialistiche.  

Corpo e movimento costituiscono uno dei nuclei fondamentali su cui si struttura l’intero processo di sviluppo del bambino. La crescita del bambino avviene, fin dai primi giorni di vita, anche attraverso la dimensione corporea e motoria. il corpo fin dalla nascita è messo in relazione e comunicazione con il mondo esterno.


 il bambino comunica essenzialmente attraverso il corpo 

 il corpo è sede di investimenti pulsionali e di relazione 

 la comunicazione del bambino piccolo ha come tramite il tessuto muscolare.

La ricerca completa realizzata dalla FIDAL per i bambini dei Centri di Avviamento allo Sport la potete trovare digitando il link sottostante


LE CAPACITÀ COORDINATIVE SPECIFICHE PER
L'ALLENAMENTO DELLA RICEZIONE







Le capacità coordinative definite anche con il termine di destrezza, sono strettamente legate allo sviluppo e la maturazione del sistema nervoso centrale (s.n.c.) di un individuo ed è la capacità di apprendere, adattare e controllare un movimento.

L'apprendimento di un gesto sportivo, come precedentemente detto, è facilitato dalla presenza in memoria di un ricco bagaglio di precedenti coordinazioni acquisite, pertanto il miglioramento della destrezza permette di: coordinare movimenti precisi, apprendere facilmente e rapidamente nuovi movimenti, adattare velocemente le precedenti esperienze motorie a nuove situazioni, esprimere in maniera efficace le doti di forza, resistenza e rapidità (capacità condizionali).

La coordinazione è una capacità innata dell'individuo, però deve essere sviluppata e allenata attraverso esercitazioni specifiche per ogni singola capacità. Il periodo migliore per allenare la coordinazione è indicato come “prima età scolare” che va 6-7 a 11-12 anni.  Questa età è ottimale per intervenire sulle capacità coordinative, infatti, l'apprendimento è molto veloce, anche se non corrisponde un'adeguata fissazione dei movimenti. Per questa ragione, tutto ciò che si è appreso deve essere ripetuto un numero sufficiente di volte, se si vuole che sia integrato stabilmente nel bagaglio motorio del bambino, inoltre è giusto aggiungere sempre nuovi stimoli variando anche le situazioni.
Quanto scritto avvalora la tesi che, un atleta per realizzare modelli di prestazione tecnica corretti ed efficaci necessità di una buona base di esperienze motorie. Questo faciliterà l'apprendimento delle tecniche sportive.

Le capacità coordinative si suddividono in: capacità coordinative generali e speciali che sono un espressione più fine e precisa di un movimento generico.

Le capacità coordinative generali sono:

Capacità di apprendimento motorio: consiste nella capacità di apprendere nuovi gesti e movimenti. Come già detto è molto fertile tra i 6 e 10 anni e raggiunge la massima capacità di apprendimento tra i 10 e 12 anni dove il fanciullo aumenta la capacità attentiva percependo il movimento da una forma più globale ad una più analitica.

Capacità di controllo motorio: è la capacità di controllare il movimento in funzione dell'obiettivo raggiungendo esattamente il risultato programmato del movimento. Questa capacità si sviluppa tra i 6 e i 7 anni e dopo questo periodo rallenta la sua strutturazione. Questa tappa se correttamente sviluppata favorirà la capacità del fanciullo di recepire meglio i feedback del proprio movimento, con ottimi risultati sul controllo motorio.

Capacità di adattamento e trasformazione del movimento: consiste nella capacità di adattare o trasformare il programma motorio prestabilito a mutamenti improvvisi della situazione, quindi, l'interruzione del movimento programmato e una nuova situazione che adotti altri schemi e programmi motori ugualmente efficaci. Questa capacità si sviluppa parallelamente alle altre due.
In sintesi all'inizio viene appresa una capacità motoria, successivamente è perfezionata (controllo e regolazione), in seguito adattata alle variazioni (trasformazione), che realizzerà una nuova situazione di movimento (adattamento) e di conseguenza un miglioramento


Le capacità coordinative speciali sono:

Capacità di coordinazione segmentarla o di combinazione e accoppiamento dei movimenti : permette di coordinare adeguatamente tra loro i movimenti dei segmenti del corpo stesso (es: coordinazione segmentaria  per il bagher con traslocazioni laterali a baricentro basso).

Capacità di orientamento spazio-temporale: questa, e una delle capacità coordinative più importanti da sviluppare per l'allenamento della ricezione. Questa consente di modificare la posizione e il movimento del corpo nello spazio e nel tempo, in riferimento ad un campo di azione definito (es. valutazione della traiettoria della palla dopo servizio avversario). L'atleta, mediante un calcolo ottico dovrà valutare la traiettoria della palla, calcolare la distanza che intercorre tra sé e la stessa e il tempo che dovrà impiegare per disporsi nella corretta posizione ed eseguire il fondamentale per la ricezione, (bagher o palleggio).


Capacità di anticipazione: anche questa capacità risulta fondamentale per l'allenamento della ricezione perché, permette di prevedere anticipatamente, sulla base di un calcolo probabilistico, sia l'andamento che il risultato di un'azione motoria, programmando tempestivamente le operazioni successive (spostamenti, corretti e anticipazione con riferimento alla previsione della traiettoria che effettuerà la palla).

Capacità di trasformazione: la pallavolo è uno sport di situazione che richiede continui adattamenti in base ai cambiamenti della situazione che sono stati percepiti o previsti mentre si sta eseguendo
un'azione, adattando il programma alle nuove esigenze (es:, adattarsi continuamente alla situazione con riferimento ai compagni e gli avversari).

Capacità di equilibrio: consente di mantenere in equilibrio il corpo o di recuperare la posizione desiderata dopo ampie sollecitazioni e spostamenti.

Capacità di reazione: come per la capacità di anticipazione anche, anche quella di reazione è funzionale per una corretta esecuzione tecnica. La velocità di reagire prontamente e adeguatamente agli stimoli di un segnale, con azioni motorie adeguate permetterà al l'atleta di migliorare la propria performance in ricezione.

Ci sono ancora altre due capacità coordinative che ritengo meno importanti nella programmazione dell'allenamento per la ricezione e sono più specificamente la capacità di ritmo e la fantasia motoria

Un ruolo importante per una corretta acquisizione delle diverse capacitã coordinative è data  delle informazioni che provengono dagli analizzatori: "esterocettivi", tattile, visivo, vestibolare, acustico e "propriocettivo", cinestetico. Questi assumono importanza diversa secondo la disciplina sportiva praticata. Le informazioni da parte degli analizzatori sono indispensabili alla realizzazione dei processi nervosi.
Nell'allenamento per la ricezione ricoprono un'importanza particolare il sistema visivo, (capacità di osservazione è messa a fuoco della palla, visione periferica con riferimento allo spazio e ai compagni), acustico (comunicazione con i compagni con riferimento alle responsabilità in ricezione, palla lunga corta, mia), vestibolare (capacità di orientarsi e ricollocarsi nello spazio dopo movimenti acrobatici o improvvisi cambi di direzione).

Nell'allenamento delle capacità coordinative e importante inserire all'interno degli esercizi anche movimenti propri della tecnica sportiva.
Di seguito vi darò alcuni consigli per poter programmare un piano di allenamento dove ci sono esercizi coordinative inseriti all'interno dell'allenamento tecnico.
Ricordo che ogni capacità, rispetta il principio fondamentale dell'allenamento, ovvero che nell'apprendimento di una capacità ci sarà una fase definita grezza, una fine e al termine un adattamento che consoliderà la capacità stessa.









sabato 6 aprile 2024

 

PARAMETRI DI STUDIO DELLA BIOMECCANICA DEL MOVIMENTO UMANO

PARAMETRI DI STUDIO DELLA DEL

 MOVIMENTO UMANO


 


In ambito di studio del movimento umano la Fisica è probabilmente la più utilizzata tra le scienze naturali. Nella sua accezione più classica la Fisica è quella scienza che studia i fenomeni naturali al fine di stabilire leggi che regolano le interazioni tra le grandezze che determinano i fenomeni stessi. Tra le branche della Fisica vi è la Meccanica classica ovvero quella materia che si occupa dello studio del movimento dei corpi.
Un diagramma estremamente esemplificativo della meccanica applicata è quello pubblicato da Picasso (2013) al quale possono essere aggiunte delle note che facilitano ulteriormente la comprensione del fenomeno (Figura 9)






Applicando quindi la Fisica e la Meccanica ai sistemi biologici si parla di Biofisica e di Biomeccanicae, più nello specifico, studiando il movimento umano finalizzato all’attività fisica o alla prestazione sportiva si parla di “Biomeccanica dello Sport” (Blazevich 2007).
Sebbene come visto in precedenza, il movimento del corpo umano dovrebbe essere analizzato sotto più punti vista, le indagini biomeccaniche prevalentemente utilizzate si sono sempre occupate dello studio del moto dei corpi rigidi attraverso la valutazione delle condizioni di equilibrio, della distribuzione e gestione delle forze e della descrizione quantitativa e qualitativa del movimento.
Questi tre aspetti, ovvero l’area di studio della Statica, della Dinamica e della Cinematica, hanno delle caratteristiche ben precise che vengono riportate da differenti autori di spicco nell’ambito dello studio del movimento umano (Enoka et al., 2008; Levangie et al., 2011; Hamill et al., 2015) e che possono essere anche approfonditi su qualunque libro di testo di Fisica.


PARAMETRI STATICI
La Statica si occupa dello studio delle condizioni di equilibrio meccanico e di conservazione della quiete di un oggetto, anche dopo l’intervento di forze esterne. Spiega per lo più la capacità di un sistema di resistere alle perturbazioni che agiscono su di esso. Applicazioni dell’interpretazione statica durante l’analisi del movimento umano sono ad esempio gli equilibri tra muscoli antagonisti su un determinato distretto, oppure le analisi delle oscillazioni posturali che sono legate alle tensioni della muscolatura.


PARAMETRI DINAMICI
La Dinamica, anche detta Cinetica, si occupa di studiare le cause (ovvero le forze) che determinano e modificano il moto di un oggetto. Spiega per lo più gli effetti che hanno le forze che agiscono su un sistema nel modificarne il proprio stato, ovvero aumento o riduzione del moto. Applicazioni dell’interpretazione Dinamica durante l’analisi del movimento sono ad esempio lo studio della capacità di accelerazione o di frenata di un atleta attraverso l’impiego di forza al suolo durante il cammino, la corsa o i salti.

PARAMETRI CINEMATICI
La Cinematica si occupa di descrivere in forma quantitativa il moto di un oggetto, senza tenere conto delle cause che lo provocano o lo modificano. I parametri che vengono considerati sono quindi lo spazio, il tempo e il loro relativo rapporto. La Cinematica descrive per lo più i parametri del movimento in termini di posizione, velocità e accelerazioni sia lineari che angolari.
Applicazioni dell’interpretazione Cinematica durante l’analisi del movimento sono ad esempio lo studio delle distanze coperte a differenti velocità e con quali cambi di accelerazioni oppure le posizioni nello spazio e il relativo movimento dei singoli punti del corpo presi in considerazione per l’analisi. Come anticipato, lo studio della Cinematica del movimento umano può essere svolto sia per le misurazioni lineari che per tutti i parametri angolari; per cui si descriverà la quantità dell’angolo, la velocità e l’accelerazione angolare oltre quella lineare.

APPROFONDIMENTI SULL’ANALISI CINEMATICA DEL MOVIMENTO UMANO 
Quali sono le caratteristiche principali delle procedure di analisi Cinematica?
L’analisi dei descrittori cinematici del movimento può essere svolta attraverso metodiche che utilizzano sensori che rilevano le posizioni spaziali del soggetto in moto oppure metodiche che filmano e video-riprendono il soggetto mostrando il suo movimento. Tutte le tecniche che offrono la possibilità di visualizzare il movimento del soggetto e seguirlo nella sua evoluzione vengono definite “fotogrammetria su piccola scala” (Dal Monte, 1977; Dal Monte, 1983; Cappozzo, 1986; Gazzani, 1987).
Perché risulta così utile e immediatamente comprensibile l’analisi Cinematica?
Se si riflette su cosa osserva un coach o un istruttore sportivo all’interno del processo di allenamento appare chiaro intuire che l’aspetto che più si utilizza per correggere la tecnica di un gesto è la “geometria del movimento”, ovvero la forma e la modalità spazio-temporale con cui si compie il gesto stesso.
Quanto affermato non ha lo scopo di sminuire lo studio dei parametri della Dinamica (generatori del movimento) o di quelli della Statica (stabilizzanti del movimento), sarebbe questa una sciocca proposta metodologica in quanto non si possono scindere i diversi parametri della Meccanica. Allo stesso tempo è indubbiamente vero che per l’analisi dei parametri della Dinamica e della Statica si necessita sia di una determinata tipologia di strumentazione che di una ben specifica formazione per l’interpretazione.
Al contrario i parametri della Cinematica sembrano essere più intuitivi per gli operatori del movimento e inoltre necessitano di strumentazioni meno complesse.
Per capire quanto scritto si può prendere ad esempio una corsa rettilinea su pista: l’allenatore vede il proprio atleta correre e se volesse esprimere pareri sulla velocità e sulla frequenza di movimento delle gambe e delle braccia gli basterebbe contare il numero di movimenti eseguiti in un determinato tempo, oppure se volesse esprimere pareri sulla velocità di corsa potrebbe farlo semplicemente con l’ausilio di un cronometro.
Questo semplice esempio è totalmente afferente alla sfera d’indagine della Cinematica.
Al contrario, se lo stesso allenatore volesse esprimere pareri sulla forza espressa a terra o sulla forza che deve applicare per mantenere la stessa postura in caso di forte vento a sfavore, non potrebbe farlo a occhio nudo né con un semplice cronometro e probabilmente, una volta ottenuti i dati da soggetti terzi, potrebbe anche accadere che l’allenatore non sia in grado di gestire correttamente questi parametri per l’allenamento.
La Cinematica descrive quindi il movimento come lo spostamento da una posizione spaziale ad un’altra in un dato tempo, calcolandone la quantità dello spostamento e in forma derivata la velocità e l’accelerazione attraverso cui lo spostamento avviene nel tempo (Enoka 2008).
Si può pertanto asserire che il movimento avviene in quattro dimensioni: tre afferenti allo spazio e una al tempo.
Facendo riferimento allo spazio il movimento è tridimensionale in quanto 3 sono le dimensione classiche dello spazio geometrico (Figura 10).










La tridimensionalità permette un’infinita quantità di gradi di libertà e direzioni verso cui dirigere il movimento, immaginando ogni movimento definito da un vettore (una freccia) rappresentato da intensità, senso e direzione (Figura 11).


La quarta dimensione, ovvero quella temporale, indicizza e categorizza la durata di un movimento, qualificandolo come veloce o lento a seconda dei riferimenti presi in considerazione.
Nell’analisi del movimento la posizione indica le coordinate spaziali (x;y;z) rispetto a un determinato sistema di riferimento scelto.
I sistemi di riferimento possono essere di natura “globale” (es. il sistema di riferimento terreste o, più nello specifico, il terreno di gioco in cui si svolge il gesto sportivo) oppure di natura “locale” (es. il bacino dell’atleta o un qualunque segmento corporeo attorno al quale si vogliono misurare degli spostamenti di altri segmenti corporei).
I sistemi di riferimento possono essere di natura tridimensionale (3D) e bidimensionale (2D) sacrificando così una dimensione spaziale (Figura 12) ma questo dipende molto dallo strumento utilizzato per l’analisi del movimento


A prescindere dal sistema di riferimento, la variazione di posizione viene indicata come distanza percorsa e viene misurata in metri (m), la distanza percorsa nel tempo viene indicata come velocità e viene misurata in metri al secondo (m*s-1), infine la variazione di velocità nel tempo all’interno di un movimento viene indicata come accelerazione e viene misurata in metri al secondo quadrato (m*s-2).
Per comprendere meglio la relazione esistente tra posizione, velocità e accelerazione si può fare una semplice simulazione di dati medi su uno sprint di 30 metri. La simulazione prevede che il soggetto parta da fermo e al segnale del via cominci uno sprint fino a raggiungere la distanza di 30 metri. Durante la prova il tempo viene registrato ogni 5 metri e quindi per ogni intertempo vengono calcolate la velocità e l’accelerazione media (Figura 13).

In questo esempio si pone l’origine del sistema di riferimento nel punto di partenza dello sprint, per cui la posizione del soggetto che corre sarà calcolata sull’asse di avanzamento dell’esercizio rispetto al punto di partenza e sarà inevitabilmente sempre crescente.
Riportando in un grafico a dispersione Posizione vs TempoVelocità vs Tempo e Accelerazione vs Tempo i dati presenti in Figura 13 si ottiene l’andamento di ogni valore in funzione del tempo (Figura 14).


DATI DI ESEMPIO 
Prima di descrivere il grafico occorre sottolineare che questi dati sono riportati a mero scopo di esempio. Sicuramente per un’analisi approfondita, in particolar modo dell’accelerazione, è poco utile studiare i dati medi ogni 5 metri ma sicuramente è più interessante avere un tracciato continuo anziché discreto.
In ogni curva del grafico è importante notare alcuni aspetti: ad esempio nella curva Posizione vs Tempo la distanza guadagnata in funzione del tempo mostra una crescita ovvero una inclinazione differente tra le prime e le ultime fasi dello sprint. Ciò suggerisce che ci sia stato un cambiamento nel tasso di spostamento del soggetto. Questo cambiamento rappresenta la velocità. Anche la curva Velocità vs Tempo mostra una differente pendenza tra la parte iniziale e quella finale.
All’inizio dell’esercizio cresce e poi, arrivati a circa metà della prova, si stabilizza. Questo “plateau” spiega la pendenza costante della curva Posizione vs Tempo che si osserva dai 15 metri in poi. L’aumento importante della velocità nella prima parte della curva rappresenta l’accelerazione. La curva Accelerazione vs Tempo mostra una salita repentina nelle prime fasi dell’esercizio che va a scemare azzerandosi dopo la metà dell’esercizio.
Lo sprint è un’attività in cui il soggetto deve accelerare la propria massa per raggiungere la propria velocità massima e poi mantenerla. Il soggetto, infatti, dopo aver accelerato notevolmente, cerca di mantenere la velocità guadagnata diminuendo la componente d’accelerazione. Se così non fosse ci si troverebbe di fronte a un moto uniformemente accelerato in cui la velocità sarebbe sempre in costante aumento.
Nell’esempio appena discusso la distanza coperta correndo corrisponde allo spostamento dal punto di inizio a quello di fine esercizio.
Se la stessa distanza di 30 metri si copre a navetta lo spostamento si annulla, in quanto il punto di inizio dell’esercizio coincide con quello di fine. In questo caso il sistema di riferimento viene fissato sempre nel punto di inizio dell’esercizio quindi nel punto di inversione del verso di corsa si dovrebbero utilizzare dei valori negativi o a ritroso per indicare la posizione in funzione del tempo.
Per questa ragione, la posizione in funzione del tempo sarà ora chiamata “distanza percorsa” onde evitare l’utilizzo di numeri negativi (fase di ritorno) che potrebbero portare confusione e fraintendimenti nella lettura. Anche la velocità e l’accelerazione seguono questa convenzione per cui saranno positive ogni qual volta i Δ della distanza percorsa (velocità) e della velocità di marcia (accelerazione) saranno positivi e negativi nel caso opposto. Quindi una accelerazione positiva indicherà aumento di velocità e una accelerazione negativa indicherà rallentamento e frenata da parte del soggetto; non a caso il principio della corsa a navetta è proprio quello di testare l’abilità del soggetto nel cambiare senso, quindi nel saper gestire una frenata e una successiva ripartenza. Si riportano di seguito i dati sperimentali in un grafico Distanza percorsa vs Tempo, Velocità vs Tempo e Accelerazione vs Tempo di una corsa a navetta massimale 15+15 metri (Figura 15).



La distanza percorsa aumenta in funzione del tempo come nello sprint di 30m in linea, mentre la velocità e l’accelerazione hanno dei comportamenti completamente diversi rispetto allo sprint lineare.
La curva Velocità vs Tempo appare infatti ascendente in una prima fase, che coincide circa con i primi 7,5-8 metri di distanza percorsa, poi si riduce contestualmente a una curva Accelerazione vs Tempo negativa.
La velocità ai 15 metri dovrebbe valere zero, ma dal momento che si stanno analizzando i dati medi non si visualizza questo comportamento (stessi problemi già rilevati nell’esempio dello sprint lineare). Dopo il cambio di verso di corsa si assiste a una nuova accelerazione con relativo incremento della velocità.

domenica 31 marzo 2024

 



IL FONDAMENTALE DI MURO DALL’ANALITICO AL GLOBALE







“Dalla didattica del muro all’identificazione delle tecniche specifiche per le varie zone della rete”

L’efficienza del muro è importantissima ai fini del risultato delle partite di pallavolo in quanto: 

• permette di realizzare punti diretti;

• favorisce il lavoro della difesa “smorzando” e controllando gli attacchi avversari;

• provoca l’errore d’attacco avversario chiudendo all’attaccante i colpi forti e preferiti;

• riduce l’area di campo da difendere a terra quando esiste una buona correlazione “muro-difesa”.

Tre sono le componenti fondamentali per l’effettuazione di un muro efficace:

• presupposti di carattere attentivo e cognitivo sono la capacità di osservazione della ricezione avversaria, la lettura della gestualità del palleggiatore e l’osservazione dell’attaccante;

• da un punto di vista biomeccanico i punti chiave sono la velocità di spostamento laterale, la frontalità a rete e la verticalità del salto, l’elevazione, la penetrazione delle braccia oltre la rete e la manualità per controllare il piano di rimbalzo così creato oltre la rete;

• il parametro coordinativo determinante che unisce i due precedenti aspetti è la scelta del tempo di salto.

Lo scopo del muro è di intercettare l’attacco avversario e respingerlo nel campo opposto al fine di ottenere il punto diretto (“muro attivo”), ma anche di deviare la palla in alto o indietro nel proprio campo in modo tale da favorire l’intervento della difesa chiamato “muro passivo”.
Il muro “attivo” è la tecnica di muro più aggressiva, va eseguito oltre la rete e ponendo le mani il più vicino possibile alla palla. In particolare per alzate basse o a filo di rete, l’atleta deve essere abile a piazzare le sue mani e “chiudere” la parte superiore della palla coprendola. Si deve penetrare oltre la rete il più possibile e rimanere più tempo che si può oltre la rete. L’obiettivo delle braccia a muro è quello di “andare incontro alla palla” e di “murarla” prima che passi la rete.
Il muro “passivo” invece è usato quando l’attaccante avversario possiede un vantaggio notevole sul giocatore a muro, e quando si è in ritardo. L’obiettivo di questa tecnica è quello di smorzare gli attacchi avversari e permettere alla difesa di eseguire il contrattacco. Eseguendo un muro passivo, i palmi delle mani devono entrambi essere parallele al nastro della rete e un po’ piegati all’indietro. Il muro passivo ha diverse applicazioni, ad esempio è utilizzato per coprire parte del campo da un attacco eseguito con una specifica angolazione oppure per toccare la palla e rallentarne la velocità in modo tale da poter eseguire il contrattacco.
Un’altra funzione importante del muro è coprire alcune aree del campo influenzando la direzione dell’attacco avversario e così riducendo l’area di campo che la propria difesa deve coprire.

POSIZIONE E POSTURA DI PARTENZA

La postura di partenza: Nella posizione di attesa l’atleta è in posizione comoda ed equilibrata, i suoi piedi sono posizionati uno vicino all’altro tanto quanto la larghezza delle spalle e perpendicolari alla rete circa 50 cm, da essa. Le braccia sono tenute leggermente più alte delle spalle, avambracci paralleli al suolo, mani parallele alla rete e dita ben aperte. La schiena deve essere eretta, le ginocchia leggermente piegate e la pianta dei piedi totalmente a terra.
Postura per lo spostamento veloce
Arti inferiori attivi e braccia relativamente basse
Postura per il salto
Arti inferiori in caricamento e braccia distese in alto Il posizionamento lungo la rete
Competenze principali
L’attaccante di propria competenza principale
Competenze secondarie
La possibilità di aiutare il compagno
Distanza dall’obiettivo rispetto al tempo di lettura situazionale

GLI SPOSTAMENTI

La relazione palla – asse corporeo e non palla – mani negli spostamenti a muro

- Il passo accostato

- Il passo aperto ed incrociato con arrivo direttamente allo stacco

- Il passo aperto ed incrociato con arrivo in apertura e stacco

La partenza con il passo incrociato

I modelli di riferimento per altre forme situazionali di spostamento

Passo accostato: dalla posizione di partenza ci si sposta lateralmente mantenendo le spalle parallele alla rete, effettuando così un’abduzione della gamba in direzione dello spostamento, cui segue la seconda che si accosta alla prima. Risulta molto importante l’azione dei piedi ed in particolare per la successione tallone- pianta- punta e l’orientamento perpendicolare a rete di entrambi i piedi al momento del salto. Le braccia, pur rimanendo flesse e con le dita rivolte verso l’alto, accompagnano lo spostamento con uno slancio per basso-dietro e si estendono durante il salto.

Passo incrociato: la prima gamba a muoversi è quella opposta alla direzione dello spostamento (la destra per andare a sinistra) che “incrocia” l’altra passandole davanti. L’appoggio del piede avviene con un orientamento di 45° rispetto alla rete, in modo da favorire il richiamo della seconda gamba vicino alla rete. L’appoggio a terra della seconda gamba dovrebbe “idealmente” essere perpendicolare alla rete in modo da recuperare la frontalità, ma in realtà questo spesso non succede per cui la ricerca della posizione giusta avviene mediante l’azione del busto durante lo stacco e il salto. L’azione delle braccia è molto variabile: nelle descrizioni degli allenatori dovrebbero effettuare uno slancio per basso-dietro a gomiti flessi e mani in flessione dorsale in modo tale da non allontanarsi e favorire la penetrazione oltre la rete nel salto; in realtà spesso i giocatori slanciano le braccia estese come nella rincorsa d’attacco e poi le avvicinano a rete accompagnando la torsione del busto. Spesso si crea così uno spazio molto grande tra braccia e rete e la palla si infila o il giocatore a muro non riesce a controllare l’orientamento del piano di rimbalzo e la palla rimbalza in modo incontrollato (l’attaccante realizza il punto attraverso un “mani-fuori”).  

Due passi accostati: il giocatore si muove con lo stesso piede nella direzione di spostamento, richiama la seconda gamba, apre di nuovo con la prima, accosta la seconda e infine salta in modo da avere sempre frontalità all’attaccante e alla rete.  

Passo apertura e incrocio: è una tecnica considerata caratteristica dei centrali nello spostamento verso l’ala, ma spesso anche dalle ali nello spostamento verso l’asta che delimita lateralmente lo spazio di rete utilizzabile. L’appoggio a terra del primo piede (l’apertura laterale) avviene ad una distanza da rete, nella direzione dello spostamento che permette alla seconda gamba di avere più spazio a disposizione per incrociare (ma senza mai allontanare o avvicinare l’asse corporeo alla rete). L’appoggio di questa a terra avviene (sempre secondo l’ideale descrizione degli allenatori) con un orientamento di 45 gradi rispetto alla rete in modo da favorire il richiamo della prima gamba il più vicino possibile a rete e il recupero della frontalità. Si ha in questo tipo di spostamento una notevole perdita di frontalità che viene compensata da un’anticipata torsione del busto al momento dell’appoggio del secondo piede durante lo stacco e il salto. Il contromovimento delle braccia è più ampio (data anche la maggiore distanza dello spostamento) e dovrebbe comunque essere effettuato, come nello spostamento semplice, a braccia flesse. Uno degli errori che si notano più spesso è invece che le braccia vengono distese con conseguenti maggiori difficoltà a recuperare penetrazione e frontalità a rete.  

Apertura – incrocio – balzo: è lo spostamento che nel settore femminile si utilizza più frequentemente per la rapidità di spostamento che lo caratterizza. È il tipico spostamento della centrale verso le ali. L’apertura laterale della prima gamba (la stessa della direzione di spostamento) avviene leggermente staccata da rete in modo da favorire l’“incrocio” della seconda gamba, segue poi un balzo laterale e il salto verticale. Questa tecnica favorisce un maggiore utilizzo delle capacità elastiche ed è anche per questo che trova maggiore applicazione tra le donne, dotate di minori capacità di forza massima. Lo slancio delle braccia è ampio ed è effettuato comunque a braccia flesse.  

Tutti passi accostati: è quello spostamento che viene utilizzato nella maggior parte dei casi su una palla alta scontata per cui i giocatori e le giocatrici hanno tutto il tempo di mantenere frontalità all’avversaria.  

Corsa e salto: il giocatore si gira verso la direzione di spostamento e di corsa avanti va a effettuare un arresto e salto dopo aver ruotato il busto verso la rete e slanciando le braccia in alto. Questa tipologia di spostamento è forse la meno efficace in termini di efficienza tecnico-tattica e presuppone un grosso controllo del movimento in quanto spesso il giocatore rischia di fare invasione (il regolamento vieta di toccare la rete) o di arrivare male orientato con le mani sopra la rete favorendo il “mani-fuori avversario. 

RIFERIMENTI PER IL PUNTO DI SALTO 

I punti di riferimento 

- Posizionamento del salto 

- Osservazione e comprensione del tocco di palla dell’alzatore 

- Visione della rincorsa dell’attaccante e previsione del punto di stacco 

- Posizionamento del piano di rimbalzo su punti di riferimento presi sul busto dell’attaccante (spalle e viso) 

A volte si deve saltare per effettuare il muro direttamente dalla postura di partenza, altre volte si riesce ad essere in anticipo di fronte all’attaccante avversario e si effettua così un salto verticale sul posto, frequentemente il salto segue lo spostamento senza soluzione di continuità. I movimenti per effettuare il salto prevedono dapprima un contro movimento: si deve per prima cosa abbassare il peso del corpo portando in basso le braccia, piegare le ginocchia a circa 90° e flettendo le anche. Importante è la capacità di chiusura dell’angolo alla caviglia, la mobilità dell’articolazione tibio–tarsica.  

Durante questi movimenti di compressione l’atleta a muro deve tenere il busto eretto e gli occhi sulla palla per spostare quanto prima l’attenzione sull’attaccante, poi salta verticalmente cercando di raggiungere la massima altezza. Dopo lo stacco le braccia vengono estese e si protendono in avanti-alto con un angolo che permette di penetrare lo spazio aereo sopra la rete. Gli arti superiori non devono estendersi verticalmente sopra il capo per poi essere portati in avanti con un movimento verso il basso, ma aggredire direttamente lo spazio nel campo avversario (altrimenti si rischiano invasioni a rete o muri fuori tempo). Le braccia devono essere tenute tese e parallele fra loro con una distanza tra le stesse inferiore all’ampiezza della palla. Le dita devono essere aperte con i pollici che si tendono l’uno verso l’altro e i palmi allineati con il piano di rimbalzo. In caso di muro d’ala si deve tenere la mano esterna rivolta verso il centro del campo avversario in modo tale da indirizzare il piano di rimbalzo verso il centro del campo avversario. I polsi devono essere tenuti rigidi e pronti al contatto con la palla. Il grado della loro flessione dipende dal tipi di muro: per un muro attivo i polsi devono essere orientati leggermente verso il basso; per un muro passivo o di contenimento i polsi devono essere flessi all’indietro per favorire il rimbalzo della palla verso l’alto. All’apice del salto, appena prima di entrare in contatto con la palla, si devono contrarre i muscoli delle spalle e dell’addome. Questa azione fornisce la stabilità necessaria a resistere all’impatto con la palla. Le gambe devono essere tenute tese e leggermente protese in avanti per controbilanciare l’azione del busto; portando infatti avanti le ginocchia flesse, si abbasserebbero il bacino e le spalle limitando di conseguenza l’altezza raggiungibile con gli arti superiori. Le mani devono essere poste nella posizione corretta e tenute bloccate; in questo caso la palla devierà nel modo e nell’angolo desiderato. 

I RIFERIMENTI PER IL TEMPO DI MURO

 (per quanto tempo il piano di rimbalzo resta efficace sopra la rete) 

- I punti di riferimento 

- Tempo di salto (quando salto) 

- Salto in rapida successione rispetto allo stacco dell’attaccante 

- Criteri di adattamento del tempo di salto Ritardare accentuando il contro movimento Ritardare abbassando le braccia nel contromovimento 

- Anticipare adeguando lo stacco allo stacco dell’attaccante (prerogativa del muro ad opzione del centrale) 

IL PIANO DI RIMBALZO

 (la testa resta dietro il piano di rimbalzo e non incassata tra le spalle)

-  Relazione piano di rimbalzo – asse   corporeo 

- Piano di rimbalzo costantemente avanti rispetto all’asse corporeo 

- Compattezza del piano di rimbalzo 

- Apertura delle mani 

- Estensione dei gomiti 

- Chiusura delle spalle 

Aggressività del piano di rimbalzo 

- Muro alto / muro invadente 

Aspetti metodologici nell’allenamento del muro 

- Allenamento tecnico analitico 

- Gli spostamenti lungo la rete Automatizzazione delle sequenze di appoggi

-  Ritmi esecutivi delle spinte 


VIDEO







Il controllo dell’impatto con la palla 

- Orientamento del piano di rimbalzo 

- Gestione dell’altezza e dell’invadenza del muro 

Allenamento alla sequenza di focalizzazione dei punti di riferimento

- Punti di riferimento corretti 

- Criteri di interpretazione corretti 

Allenamento situazionale 

- L’obiettivo determina la tecnica 

- Salvaguardia del piano di rimbalzo 

- Salvaguardia della finalità 

Le esercitazioni Preparatorie

-  (enfasi sui punti di riferimento) 

- In situazione facilitata (poche variabili)

 - In situazione standard rispetto alla casistica del gioco (timing tecnici 
   e ritmo delle   azioni) 

- In situazione resa 

- complessa da espedienti metodologici riduzione dei tempi tecnici a disposizione 

- complessità situazionale (numero di variabili in gioco) 



mercoledì 27 marzo 2024





Un saluto ai tantissimi lettori e amici del Blog. Oggi voglio proporvi, un post decisamente interessante sulla “Trance agonistica” o meglio stato di Flow, teoria elaborata dallo psicologo Mihaly Csikszentmihaly. Penso che per noi tecnici sia importante conoscere aspetti che influenzano la performance  non solo sotto il profilo tecnico e metodologico ma anche Psicologico e motivazionale. Spero che il materiale possa essere di vostro interesse. Al prossimo post.

Stefano Lorusso.


Il lavoro sullo Stato di Flow di Csikszentmihalyi

Negli anni ’70, partendo da un lavoro di ricerca e sviluppo sulla creatività, Csikszentmihalyi avviò uno studio sul “flusso di coscienza”, ossia un fenomeno riscontrabile, in psicologia, quando sussistono specifiche condizioni di operatività. Nello specifico, essendo uno psicologo “comportamentista”, Csikszentmihalyi approfondì i fondamenti del meccanismo che aveva osservato nel comportamento adottato dagli artisti quando davano vita alla loro opera e ritenevano di essere “sulla strada giusta”. La condotta era caratterizzata da massima concentrazione, attenzione elevata, assenza di stanchezza e alterazione totale del senso del tempo che scorreva.
Dal tema della creatività, dunque, Csikszentmihalyi si spostò agevolmente verso l’argomento della “motivazione intrinseca”, scorgendo nel comportamento sopra descritto una notevole espressione di motivazione interiore del massimo grado, tale da generare di per sé gratificazione e da sostenere l’individuo nel perseguimento dell’obiettivo (anche se negli studi in questione l’accento era posto sul fare, sull’attività in sé e sul piacere di svolgerla, non sullo scopo cui essa tende). A Csikszentmihalyi si deve, pertanto, l’elaborazione della teoria del Flow, inteso come lo stato di flusso, esperienza autotelica e di per sé totalmente gratificante nella quale l’individuo si immerge allorquando fa qualcosa che gli piace e gli procura godimento.
Si tratta di uno stato psicologico soggettivo dalla connotazione assolutamente positiva, che corrisponde alla completa immersione nel compito e scaturisce dalla relazione sussistente tra le abilità soggettive della persona e il carico di lavoro. Quando tali fattori sono bilanciati e in armonia, emerge lo stato di flow. Diversamente, quando vi è un disequilibrio a favore delle abilità, subentra la noia, mentre in caso di sbilanciamento a favore del carico, viene prodotto stress (negativo).
L’esperienza ottimale determina un flusso dinamico di energia mentale, che attiva le potenzialità individuali, contribuendo a delinare la migliore condizione per la generazione e il mantenimento della motivazione.
Il file completo con le slide le potete trovare cliccando sul link sottostante. 



lunedì 25 marzo 2024

 RUOLO DELL’ALLENAMENTO AEROBICO NELLA CAPACITÀ DI RECUPERO E DI PERFORMANCE 





La durata di una partita di pallavolo è variabile e può durare dai h 1,30' a 2,30’ (Douda et al., 2005). È uno sport aerobico con contributo anaerobico alattacido (Kasabalis et al., 2005): le azioni vengono eseguite grazie a PCr e ATP mentre i recuperi attivi e le transizioni vengono eseguite grazie alla glicolisi ossidativa. Altre richieste di questo sport sono agilità, rapidità, potenza, flessibilità, forza massimale e massimale eccentrica. Nella preparazione della serie A è usanza comune aggiungere stimoli aerobici 0 in soglia anaerobica in pre-season, questa “consuetudine” viene meno in serie A2 in quanto viene vista come attività non correlata con la pallavolo. Questa consuetudine, purtroppo, non tiene conto delle richieste metaboliche della categoria in questione. Questa mancanza potrebbe essere causata dal fatto che non è disponibile in letteratura un modello prestativo né tantomeno un modello fisiologico di questa divisione. Confrontando le partite di serie A con quelle di serie B (osservazione personale) però si nota immediatamente come, a causa probabilmente di una minor efficacia tecnica e una velocità inferiore di gioco, le partite in serie A2 durino molto di più e come la palla stia in gioco per molto più tempo. Come precedentemente preannunciato,non ci sono dati disponibili in letteratura a Supporto di questa stima; ciononostante, sulla base di questa considerazione, il contributo aerobico e l'attività ad un'intensità prossima alla soglia anaerobica dovrebbero aumentare in A2 e, con essi, anche i livelli medi di VO2max, La massima potenza aerobica è equivalente alla massima quantità di ossigeno che può essere utilizzata nell'unità di tempo da un individuo, nel corso di un'attività fisica coinvolgente grandi gruppi muscolari, di intensità progressivamente crescente e protratta fino all'esaurimento. Il post completo lo potete visionare cliccando sul link https://acrobat.adobe.com/link/review?uri=urn:aaid:scds:US:66d79847-1bef-4553-b7bb-b2cf6fd8c9d8