APPRENDIMENTO MOTORIO TRA
TRADIZIONE E INNOVAZIONE
L’allenamento sportivo è l’aspetto più importante per lo sviluppo fisico, tecnico e tattico degli atleti. Attraverso vari approcci e metodologie impiegate, ci si propone di migliorarne le performance. Anche in questo post, che segue quello del lavoro di “Caterina Pesce”, approfondiremo nuovamente i due approcci più importanti nell’allenamento e nel l’acquisizione delle varie capacità e abilità motorie, che sono, l’approccio cognitivo e l’approccio dinamico ecologico. L'approccio cognitivo implica un insegnamento/apprendimento di tipo prevalentemente prescrittivo, ed enfatizza i processi mentali e il processo decisionale, concentrandosi sullo sviluppo delle competenze individuali e sul pensiero strategico. D’altro canto, l’approccio ecologico “di tipo euristico”, ovvero quell’approccio didattico basato sul mettere al centro del processo di apprendimento dell’atleta, che lavora ad una ricerca, un'indagine, dalla quale possa scaturire una scoperta, spesso estremamente empirica, ed evidenzia l’interazione tra l’atleta, l’ambiente e il compito, con particolare attenzione all’adattamento e alle condizioni dinamiche durante l’allenamento. Questo lavoro confronterà e contrapporrà gli approcci cognitivi ed ecologici nell’allenamento sportivo, esaminando le loro principali differenze e somiglianze nel migliorare le prestazioni degli atleti. L’approccio cognitivo, pone una forte enfasi sui processi mentali e sul processo decisionale nelle sessioni di allenamento. Gli atleti sono stimolati a sviluppare abilità cognitive come attenzione, memoria e risoluzione dei problemi per migliorare le loro prestazioni. Ad esempio, i giocatori possono utilizzare tecniche di visualizzazione per immaginare e i propri colpi prima di eseguirli sul campo o visionare video di atleti confacenti ad un modello prestativo. Questo approccio si concentra anche sullo sviluppo delle competenze individuali, adattando i programmi di formazione per affrontare carenze specifiche e migliorare i punti di forza. L’ approccio di tipo ecologico dinamico invece, si centra di più sull’ambiente e in particolare in un elemento che è l’interazione tra ambiente che coinvolge la persona. Si farà molte volte riferimento al concetto di “affordance” Con affordance si definisce la qualità fisica di un oggetto che suggerisce e reca degli stimoli ad un essere umano per compier le azioni più appropriate per manipolarlo. Ogni oggetto possiede le sue affordance, così come le superfici, gli eventi e i luoghi. Questo concetto lo riprenderemo quando parleremo dell’approccio prettamente ecologico della psicologia ecologica di “Gibson”. Saranno questi gli argomenti trattati. Sostanzialmente gli approcci principali, quello della coordinazione dinamica, che emerge soprattutto per i lavori di “Kelso” e quello di tipo ecologico che emerge dai lavori di “ Gibson” .
Il testo è stato tratto e riportato in scrittura da un video di una lezione magistralis “parecchio teorica”, tenuta presso l’Università di Verona dai maggiori esperti in materia di didattica dell’educazione motoria e metodologia di allenamento in particolare il
- Professor Claudio Robazza Università degli Studi Giovanni D’Annunzio di Chieti-Pescara
- Professor Maurizio Bertollo, Università degli Studi "G. D'Annunzio" di Chieti-Pescara
- Valter Durigon, SdS - Scuola dello Sport, CONI
Buona Lettura
Stefano Lorusso
Oggi parleremo dell’apprendimento motorio e introdurremo quelli che sono gli approcci per la sua acquisizione . Due approcci classici, ma nel contempo anche innovativi che sono, l’approccio cognitivo e l’approccio dinamico. In seguito cercheremo di mettere assieme queste due prospettive attraverso delle esemplificazioni concrete e quindi partendo dal punto di vista dell’approccio cognitivo e di elaborazione delle informazioni, definito anche, “approccio cibernetico” di elaborazione di informazioni. Spesso è utilizzata una metafora, ovvero quella del computer, proprio per indicare quelli che sono le operazioni che vengono svolte dalla raccolta delle informazioni, interne all’organismo, quindi la fase di input di stimolo che nella metafora è rappresentata da una tastiera del computer. Semplificando questo paradigma comportamentista, che si è evoluto in cognitivismo, ed ha ispirato un po’ tutte le concettualizzazioni successive. L’altro approccio, è definito approccio ecologico dinamico, con le sue peculiarità, dove l’interazione fra l’organismo, l’ambiente e il compito creano le caratteristiche principali dell’approccio, che essendo ancora in fase di sperimentazione non si può definire un metodo. Quindi accanto all’organismo sono considerati anche l’ambiente, il compito e l’interazione fra percezione e azione, dando luogo alla prestazione. Sull’approccio cognitivista comportamentista, i due grandi esponenti sono stati “Jack Adams” che nel 71 pubblicava un un articolo molto importante, “una teoria circuito chiuso dell’apprendimento motorio”. Queste sono le più importanti, associate a quelle di “Richard Smith”, che nel 75 pubblicava “la teoria dello schermo”. “Richard Schmidt”, in particolare è stato uno degli studiosi più importanti con la sua “teoria dello schema” nell’approccio comportamentale. Qui viene rappresentato un modello definito a circuito aperto, dove ci sono i diversi stadi, in particolare quello che avviene nell’organismo, suddiviso in diverse fasi:
- l’identificazione degli stimoli, che possono essere interni o esterni all’organismo attraverso gli organi di senso
- I processi elaborativi, che prevedono una selezione della risposta motoria e i processi decisionali, dove la programmazione della risposta è adattata alle situazioni.
A questo modello di tipo aperto viene aggiunto un cosiddetto comparatore delle operazioni mentali, che servono a verificare se le azioni avvengono correttamente. Questo può portare eventuali modifiche, nell’’approccio comportamentale, dove l’organismo, con i diversi meccanismi: la percezione, l’attenzione ai processi di situazione, di anticipazione e ai processi di memoria a breve e lungo termine di lavoro, inoltre ai processi decisionali di programmazione della risposta. Questo modello semplificato dell’elaborazione delle informazioni, che vediamo nell’immagine, è successivamente elaborato e sviluppato. Questo modello è piuttosto sequenziale ed è piuttosto complesso, È interessante osservare le diverse fasi di elaborazione delle informazioni e i concetti fondamentali, che sono quelli di programmi motori che caratterizzano sostanzialmente tutte le abilità motorie complesse e quindi abilità di movimenti che sono automatizzati attraverso l’esperienza e la pratica quindi le tecniche sportive. Quindi in particolare lo schema di richiamo, che fornisce al programma motorio i parametri, affinché le abilità siano adattate alle situazioni. Parametri ad esempio come la velocità e la forza assoluta e l’ampiezza del movimento e l’arto che può essere coinvolto. Questo affinché le abilità motorie siano adattate alle situazioni. Motoria di programmi siano adattati alle alle situazioni. Un aspetto fondamentale all’interno di questa teoria è il concetto della variabilità della pratica che in definitiva va a rinforzare il movimento, gli schemi del movimento una volta che si è instaurato e quindi per rinforzare gli schermi al movimento si presuppone appunto che la variabilità della pratica sia un elemento fondamentale. Questa può essere concepita come variazione dei parametri del movimento di un programma motorio come può essere ad esempio passare a velocità e distanze diverse come accade per gli sport situazionali, ma può essere intesa anche come esecuzione dei programmi motori diversi come passare, correre saltare, ed anche la combinazione delle due, quindi sia la variazione nei parametri che nei programmi i motori programmi come passare, saltare eseguiti a velocità o distanze diverse. La variabilità e la pratica se è vista beneficiare sia per l’apprendimento sia la prestazione rispetto ad una pratica costante. Ad esempio se noi vogliamo esercitare una situazione di equilibrio, “ come possiamo vedere nell’immagine”, possiamo utilizzare una pratica costante, questa produce normalmente migliori effetti a breve termine, “lo possiamo notare nella curva superiore in figura”, rispetto ad una pratica variata come può essere appunto in questo caso dove l’equilibrio viene ad essere stimolato in situazioni varie. Nella situazione che vediamo a destra di variata ha effetti minori a breve termine quindi non è così efficace a breve termine come la pratica costante, però a lungo termine produce effetti superiori di prestazione “come vediamo in questa curva di apprendimento”. Collegato alla variabilità della pratica c’è l’organizzazione della variabilità che è definita con il termine di interferenza “in letteratura viene chiamato interferenza contestuale”, quindi l’organizzazione della variabilità e la sua organizzazione. La variabilità può essere organizzata sia alternando il parametri, ad esempio ripetizione in serie o casuali, come detto precedentemente, passaggio a velocità e distanze diverse e quindi possiamo effettuare in maniera non, attraverso il metodo “random o seriale” 15 passaggi corti e 15 medie e 15 lunghi e oppure alternarli quindi mantenendo lo stesso numero di ripetizioni e fare 5 corti 5 medi e 5 lunghi alternati in maniera seriale quindi per 3 volte seriali o casuali mantenendo lo stesso numero di ripetizione. Lo stesso può essere applicato ai programmi, possiamo ripetere in serie o casualmente 15 passaggi, corse o salti ripetendo 5 per tre volte in maniera casuale e quindi in questo modo determiniamo un effetto che viene chiamato punto di “interferenza contestuale” rispetto della pratica bloccata dove non c’è questa alternanza. Lo stesso poi avviene con la combinazione delle due modalità, quindi possiamo ripetere in serie o casualmente, per due volte queste abilità modificando anche i parametri esecutivi. Questa è la situazione naturalmente più difficile che può essere introdotta nelle fasi i più avanzate dell’apprendimento motorio e non certamente in una prima fase. Gli effetti dell’interferenza contestuale sono stati studiati attraverso una grande quantità di studi. In merito all’interferenza contestuale sono stati fatti una gran quantità di studi o delle meta analisi e successive rassegne suppletive fino a oggi. Questi effetti sono robusti quindi sono stati riscontrati a tutti i livelli quindi sia con giovani sia con adulti e principianti atleti esperti. Praticamente ci sono dei capitoli sugli effetti della variabilità in qualsiasi testo sulle scienze motorie, tipo questo di “Winkelman”, gli effetti sono stati spiegati con tutta una serie di ipotesi di tipo teorico ma un aspetto centrale è questo dello sforzo cognitivo ovvero dell’impegno cognitivo, del carico cognitivo. Non si tratta solo dell’organizzazione della variabilità tradizionale ma che questa produce un carico cognitivo ed impegnano la persona in processi elaborativi devono strutturare e riorganizzare costantemente l’azione e quando gli vengono richieste variazioni. Riassumendo, non solo l’organizzazione variabilità o una variabilità ma anche altri altre modalità come possono essere il modling “l’osservazione di una persona che esegue” o il feedback non costante ma un feedback che si realizza nel tempo in maniera da stimolare i processi di consapevolezza del pensiero della persona. Questo produce uno sforzo cognitivo è un carico cognitivo che facilita l’apprendimento motorio, naturalmente purché il carico sia proporzionato alla abilità e capacità del soggetto di adattarsi alla situazione. Il concetto di carico cognitivo è stato poi ripreso da Joan “N.Vichers”(2011)che ha identificato un paradosso in quello che riguarda l’apprendimento motorio, quello che riguarda la metodologia il feedback e le istruzioni e ha introdotto il concetto di “decision training” in opposizione alle forme di training comportamentale tradizionali di insegnamento o addestramento, sistemi di insegnamento che sono efficaci a breve termine e quindi producono risultati a breve termine ma sono inefficace a lungo termine e in condizioni variate o di stress e quindi la differenza tra l’apprendimento di tipo comportamentale è un apprendimento di tipo decisionale “quello comportamentale” produce un basso impegno cognitivo, mentre quello decisionale produce un carico cognitivo e di stress superiore. Questi due approcci hanno influenzato la metodologia nel senso che l’apprendimento di tipo comportamentale parte tipicamente “per gli sport situazionali” della tecnica”, per passare poi alla alla tattica e alle situazione di gioco prima l’apprendimento delle abilità e poi la tattica e in situazioni di gioco, mentre l’apprendimento o allenamento decisionale vede una costante interazione fra situazioni di gioco l’apprendimento delle abilità tecniche e l’apprendimento e l’abilità tattiche. Quest’ultima modalità è sicuramente più impegnativa impegna maggiormente i processi cognitivi quindi nella lunga e efficace ed è sicuramente più motivante. Quindi l’apprendimento ha degli effetti di tipo cognitivo sicuramente superiori rispetto al “Behavioral training” e anche dal punto di vista motivazionale quindi elaborare in maniera focalizzata sulla tecnica diventa meno motivante. Questi processi cognitivi e l’impegno cognitivo è stato collegato alle funzioni esecutive che possiamo considerarle come processi cognitivi superiori che regolano comportamenti volontari rivolti al conseguimento di un obiettivo. Sono state identificate dalla “Diamond”, in definitiva questo approccio è stato considerato ella letteratura attuale tre funzioni esecutive fondamentali che sono la memoria di lavoro, quindi mantenere in memoria le informazioni questo è importante sia nell’apprendimento dell’abilità motorie sia nell’apprendimento generali, il controllo inibitorio quindi per esempio inibire pensieri distraenti focalizzare l’attenzione la flessibilità cognitiva che sono alla base di processi di ragionamento, soluzione dei problemi, pianificazione che sono alla base della dell’intelligenza fluida a cui sono importanti non sono nello sport ma anche per esempio nella delle attività di tipo scolastico. “Caterina Pesce” assieme ad altri colleghi in particolare “D. Tomporowski” ha di recente messo la variabilità della pratica e quindi anche gli aspetti cognitivi il carico cognitivo come interfaccia fra lo sviluppo e l’apprendimento della abilità motorie e lo sviluppo cognitivo delle funzioni esecutive. Si sottolinea ed evidenzia l’importanza e la variabilità della pratica. Per concludere questa parte sulle teorie cognitive è interessante osservare come già nel 2003 facendo una riassunto della teoria dello schema Smith dice a che per una nuova teoria dell’apprendimento motorio ha fatto e recente “Paul S.Glazier” che propone una teoria unificata dell’apprendimento e del controllo motorio e in generale della prestazione sportiva ponendo l’accento sull’interazione fra organismo ambiente e compito.
Adesso poniamo l’attenzione sugli approcci ecologici dinamici dinamici per poi vedere quelle che sono ricadute applicative nell’ambito dell’educazione motoria. Per parlare di “approcci ecologico dinamici”, bisogna ripartire dall’eredità che “ Nikolai A. Bernstein Legacy” neuro fisiologo Russo ha lasciato nell’ambito del comportamento motorio e in particolare dopo la pubblicazione in Occidente del suo libro nel 1967 che è “la coordinazione alla regolazione dei movimenti” innescando tutta una serie di sviluppi, molto interessanti sul controllo sugli apprendimento motorio e in particolare quello che lui ha posto come, il problema dell’equivalenza motoria e il fatto che nella nell’apprendimento motorio e nel controllo motorio c’è un’abbondanza di gradi di libertà che ovviamente rendono non lineare i sistemi in questo contesto. Quindi con riferimento agli approcci di tipo ecologico dinamici, vi è il concetto di non linearità. Ripartiamo dall’approccio ecologico dinamico e quindi quindi al modello che è stato proposto da “Newell 1986” che insieme ad altri scienziati Russi hanno portato i pensieri di Bernstein negli Stati Uniti. “Newell” propone questo modello per spiegare un po’ la dinamica di tipo di ecologico nell’apprendimento motorio e soprattutto la relazione tra percezione azione e quindi informazioni che io percepisco i movimenti che vado ad eseguire per produrre quello che è il fenomeno della coordinazione. Quindi l’obiettivo del movimento che mi interessa in questa dinamica di interazione tra persona o performance o organismo, come abbiamo definito prima, il compito e l’ambiente. Questa è la dinamica
che riassume un po’ tutti gli approcci di tipo ecologico. È chiaro che ognuno di questi approcci si centra di più su uno di questi elementi piuttosto che sull’altro. Gli approcci cognitivi che abbiamo appena visto per esempio, si centrano molto sulla persona in questo contesto, noi ad esempio già nel 2010 avevamo constatato come l’organizzazione della pratica e la variabilità della pratica in termini di pratica o randomizzata, effettivamente non sempre danno degli ottimi benefici di ottimi risultati soprattutto quando si guarda il modling e qui per esempio abbiamo visto che una funzione di modling ovvero questo tipo di pratiche si equivalevano sostanzialmente. L’organizzazione della variabilità produceva risultati simili sia che fosse bloccata sia che fossero randomizzata ma ovviamente a quel punto bisogna andare molto più dentro a quelli che sono gli approcci tipo dinamico che si centrano di più sul compito in questo contesto più che sulla persona e dall’altra parte gli approcci invece tipo ecologico che si centrano di più sull’ambiente e in particolare un elemento che è l’interazione tra ambiente e compito in particolare ma che coinvolge la persona anche se in maniera implicita molte volte che è il concetto di “affordance” Con affordance si definisce la qualità fisica di un oggetto che suggerisce a un essere umano le azioni appropriate per manipolarlo. Ogni oggetto possiede le sue affordance, così come le superfici, gli eventi e i luoghi.
Questo concetto lo riprenderemo quando parleremo della dell’approccio prettamente ecologico della psicologia ecologica di “Gibson” Saranno questi gli approcci che andremo a trattare. Sostanzialmente gli approcci principali, quello della coordinazione dinamica, che emerge soprattutto per i lavori di “Kelso” quello di tipo ecologico che emerge dai lavori di “ Gibson” sono dei modelli più teorici che hanno delle ricadute di tipo pratico, mentre i due successivi Il “Costraint - led Apprach” è il “Non - Linear Dinamics Pedagogy”, sono invece più di tipo applicativo e vedremo che sono molto più legati proprio a quelle che sono ricadute sull’educazione fisica di questi approcci di tipo ecologico dinamico. In particolare per quanto riguarda l’approccio di “Halken Kelso” della cordination dynamics bisogna ripartire un po’ da quello che è l’esperimento classico di cui “Kelso” era solo uno degli autori, è il concetto del sistema complesso in termini di sistemi stabili, meta stabili e del concetto più importante in questo contesto di transizione di fase tra un tipo di stato, e un altro tipo di stato dove possiamo avere da una parte dei parametri d’ordine che in questo caso è la fase relativa, per esempio o possiamo avere dei parametri di controllo che in questo caso sono la frequenza di oscillazione. Da questi concetti “kelso” ha poi sviluppato un po’ tutte le sue ricerche sui lavori portando avanti un concetto molto importante che è quello vedere in quali di questi si può trovare stabilità e in questo caso il concetto della “auto-organizzazione” è il concetto principale su cui si basano tutte le teorie della “cordination dinamic” in questo ho avuto il piacere di lavorare insieme a dei colleghi a Chieti e nell’esperimento che abbiamo fatto riprendendo, l’esperimento classico abbiamo cercato di vedere come c’è una transizione di fase tra una situazione di stato di antifase e uno di pattern in fase, ed abbiamo visto in entrambe, queste oscillazioni e quello che abbiamo visto, è che questo tipo di transizione di fase impatta tantissimo sulle attività dei gangli di base, “è un lavoro che abbiamo fatto nel 2010”, dove siamo andati a vedere come questa stabilità all’interno della transizione di fase permette una grossa attivazione dei gangli della base“i gangli basali aiutano ad avviare ed effettuare movimenti volontari fluidi, a sopprimere i movimenti involontari e a coordinare i cambiamenti di postura”. Questo significa che tutte le attività di tipo comportamentale che andiamo a proporre ai ragazzi influenza in maniera importantissima, in questo caso sulla plasticità cerebrale e sul cervello,
Quindi pensando a quelle che sono i classici tre stadi dell’apprendimento di cui parlava anche anche lo stesso “Bernstein”e che “Newell” ha ripreso, che poi tutta la pedagogia non lineare ha ridotto in due stadi invece che tre, possiamo pensare che un approccio di tipo dinamico all’apprendimento motorio prevede una prima fase di apprendimento motorio per esempio situazioni di bloccaggio e simmetrizzazione, per esempio in cui c’è l’obiettivo principale che è quello della riduzione dei gradi di libertà in questo contesto. A un secondo livello, chiaramente andiamo ad esplorare i gradi di libertà, ma l’esplorazione, quindi non è una riproduzione. Vediamo ora, come questi possono essere rappresentati, ad esempio, dove passo da una situazione di tecnica classica tradizionale, dove posso ripeterla ad una evoluzione, dove ad esempio nel salto in alto si passa dal ventrale al Fosbury. Queste sono situazioni tipiche, dove esploro vari gradi di libertà. Una terza fase di apprendimento è quella che di solito viene definita nel sistema cognitivo quella dello “stadio autonomo” o della “disponibilità variabile” nella classificazione di “Kurt Meinel” una volta raggiunto un certo grado di automatizzazione del movimento, la sua realizzazione sarà ormai precisa e costante. A questo punto, potrai trasformarlo e adottarlo a seconda delle situazioni in cui ti trovi ad agire. Diventi sempre più capace di anticipare le conseguenze della tua azione e i comportamenti degli avversari o degli attrezzi che stai usando.
Vediamo come questi gradi di libertà possono essere capitalizzati e quindi vado utilizzare le forze esterne, l’ambiente o alcuni aspetti di dinamiche intrinseche alla persona come ad esempio l’elasticità muscolare. In questo contesto diventa importante questo approccio che è un approccio fortemente teorico “Hermann Haken” era un fisico tra l’altro della “Coordination Dynamic”. Secondo approccio che andiamo a vedere invece in queste nuove teorie è l’approccio ecologico, che parte dalle teorie di Gibson e in particolare dal testo scritto nel 1979 “The ecological approach to visual perception”sulla percezione visiva e quindi l’approccio ecologico alla percezione visiva dove effettivamente il flusso ottico mi dà delle informazioni che mi determinano una aggiustamento nel mio movimento, che prima di tutto diventa un aggiustamento di tipo posturale “per esempio famoso è l’esperimento della Moving Room” in questo contesto dove per esempio c’era una parete che si muoveva avanti indietro e si andavano a vedere le reazioni del soggetto che addirittura andava nel controllo posturale a cadere con questa parete che si muoveva quindi questione degli esperimenti classici. Per Gibson ovviamente la percezione era una percezione diretta ed era l’atto di cogliere tutta una serie di informazioni che guidano la mia azione che sono tutta una serie di riferimenti
dell’ambiente che mi permettono effettivamente di andare a far emergere un comportamento motorio. Questi elementi vengono definiti “Affordances”Il termine affordances, introdotto dallo psicologo “James Gibson”, fa riferimento alla qualità di un oggetto o di un ambiente di suggerire a un soggetto le azioni per interagire con esso. Are the possibility of an action on an environment independen of individual's ability to recognize them “La possibilità di azione sull'ambiente è indipendente dalla capacità dell'individuo di riconoscerli”. In questo contesto sono molto interessanti per gli allenatori ed insegnanti di educazione motoria questi lavori che si basano sul concetto di “affordance” ad esempio in ambito sportivo, lo spazio che ci può essere tra due difensori, e quindi lo spazio in cui mi possono infilare in termini di gioco. Quindi questo è un supporto che l’approccio ecologico ci dà per organizzare e pianificare delle attività di educazione motori all’interno della scuola e del l’allenamento sportivo. Questi approcci non sono nuovi, molte di queste cose venivano fatte in tempi anche molto lontani, quando queste teorie non erano ancora state definite in maniera così chiara e proprio in questo senso per esempio c’è questo lavoro di “Daryl Siedentop” piuttosto datato è del 1998 in cui proponeva un approccio ecologico all’educazione motoria, Approccio ecologico in questo contesto pensando alle “Affordances” significa per esempio andare a muoversi in funzione degli spazi che ho quindi qui in disequilibrio nella salita, sul piano non ho grossi problemi, devo stare attento alla discesa qui vado a Carponi per entrare nel tubo, ecc... Tutti questi sono vincoli ambientali. Parlando di questi due approcci, che sono più teorici andiamo a vedere quelli che sono gli approcci più applicativi in questo contesto e quindi entriamo a vedere che cosa ci dice il “Constraint-led Approach” in questo ambito e sostanzialmente nel lavoro di “J-Y Chow” ci parla di auto organizzazione del movimento rispetto ai vincoli che possiamo avere. Ad esempio vincoli individuali, come gli aspetti antropometrici, l’intenzione di compiere un’azione o meno. I vincoli legati ai compiti, ad esempio le regole, le attrezzature che ho a disposizione, il tipo di istruzioni che do agli allievi, che possono essere fisici o socio culturali, per esempio è il tipo di palestra che ho oppure il tipo di aspettativa che ha l’insegnante in questo contesto. In questo ambito, in questa teoria loro hanno sviluppato un interessante suggerimento per progettare le attività all’interno dell’educazione motoria e quindi presentano una sorta di schermo e di app dove inserire tutte le attività e tutti i compiti su due livelli, in cui trovare una rappresentatività dell’esperienza che sto facendo e quello di andare a fare quello che “Bernstein” suggeriva, come ripetizione senza la ripetizione, ovvero la ripetizione senza ripetere. In questo contesto si vanno ad analizzare tutti i vincoli che ho per riuscire a svolgere un compito e nel definire un disegno di apprendimento rappresentativo e quello che potrebbe essere il compito autentico in ambito scolastico che invece loro, suggerivano come compito di tipo competitivo che riproducesse la gara in ambito sportivo, definiscono quelli che sono gli scopi e i vari ambiti di lavoro, quelli che sono i vari tipi di ripetizione che devo fare delle varie esercitazioni senza ripetere pedissequamente e come aumentare la variabilità o come diminuire i livelli di instabilità del compito. Questo è in tutto l’approccio del “Constraint-led Approach”. Molte volte il “Constraint-led Approach” è stato confuso col “Teaching Games for Understanding” che molte volte rientra in questi tipi di approcci. L'approccio TGfU pone l'accento sul gioco, in cui ai partecipanti vengono presentati problemi da risolvere, richiedendo agli studenti di prendere decisioni. L'insegnante suggerisce agli studenti domande e modifiche al gioco invece di insegnare loro semplicemente abilità isolate e regole del gioco. Andiamo ora ad approfondire l’ultimo di questi approcci di tipo applicativo che ha cercato di definire un quadro di intervento di tipo pedagogico per l’educazione motoria, riprendendo un po’ tutti questi lavori precedenti e sommandoli. Ed è appunto la “Non- linear dynamics Pedagogy”. Cosa ci dice l’autore rispetto alla“Non- linear dynamics Pedagogy” (Chow, 2007-2013). Intanto spiega cosa non è questo approccio rispetto al “Teaching Games for Understanding” standing e lo fa nel primo lavoro del 2007 che in definitiva parla molto di questo approccio del “Teaching Games for Understanding” che è molto utilizzato nell’apprendimento dei giochi sportivi e quindi non è ancora ben differenziato. In seguito in un lavoro del 2014 comincia a introdurre i concetti “Constraint-led Approach” e dice che si deve andare a manipolare quelli che sono i vincoli del compito per creare dei patters “modelli”di movimento funzionali e per avere comportamenti sulla presa di decisione. Quindi possiamo vedere che si riprende un concetto precedentemente espresso che è quello dei “comportamenti di presa di decisione”e quindi vengono recuperati anche in questo contesto. In definitiva che cosa dice nel lavoro invece del 2011 che bisogna esplorare le zone metastabili e quindi quindi prende tutti i ragionamenti e invece della “Coordination dynamics” che cerca di inserirli dentro della sua proposta della “Non- linear dynamics Pedagogy”. È chiaro che in questo contesto ed è interessante comprendere come cerca di opporre la “Non- linear dynamics Pedagogy” con la “linear Pedagogy” Molte volte quando ho letto questo articolo per la prima volta ho pensato alla psicomotricità immediatamente il fatto dell’esperienza della psicomotricità che parla di approcci non direttivi e di stili di insegnamento non direttivi. In linea di massima afferma, di utilizzare materiali come ad esempio palline e palloni di forma e peso diversi, suddividete l’ambiente di lavoro in sotto aree, in sotto spazi, non lasciate uno spazio unico dove tutti giocano assieme ma fate degli spazi in cui si fanno dei lavori a piccoli gruppi e nelle sessioni pratiche cercate di facilitare il comportamento di interazione tra pari anche non soltanto rivolto verso l’insegnante. Quindi in questa situazione abbiamo una visione di questo tipo e non una pedagogia di tipo lineare. È interessante vedere proprio da ciò in cui sostanzialmente presenta i principi fondamentali della pedagogia dinamica non lineare dinamica e ovvero il principio fondamentale della variabilità della pratica che è il principio che fondamentalmente guida le proposte che stiamo presentando, voglio sottolineare come la semplificazione vada interpretata come riferirsi ed unirsi a quello che l’obiettivo del movimento ad esempio legato al concetto della valutazione della traiettoria e va interpretato in questo contesto e non come semplificazione del compito. Adesso passo a spiegare il lavoro che ritengo più interessante da un punto di vista pedagogico e come andare a organizzare effettivamente tutte le proposte didattiche assumendo un approccio di dinamica pedagogia non lineare. Questo parte dalla manipolazione dei vincoli che io posso andare a definire e quindi i principi che di fatto disegnano il mio intervento pedagogico, i compiti di tipo rappresentativo il compito autentico o la simulazione di situazioni di gara. Si pone un’attenzione legata al focus attentivo come ad esempio utilizzare un focus attentivo esterno, oppure utilizzare focus attentivi interni quindi le differenze tra i due e quelli funzionano meglio. L’accoppiamento tra percezione e azione e quindi informazione e azione del movimento. In questo contesto l’elemento fondamentale che porta al comportamento diretto verso l’obiettivo è la variabilità funzionale “ come viene definita nella pedagogia non lineare“ dove vado a definire delle proposte pratiche e dei canali pedagogici in termini di scelta di istruzioni scelte di feedback e di scelta di pratica che molte volte sono prevalentemente di tipo non direttivo. “Intervento di Walter Durigon”. Oggi in questo breve lasso di tempo riguarderà “l’applicazione delle teorie dinamiche agli adeguamenti tattici negli sport di situazione” e in particolare nei giochi di rinvio, che per alcune loro caratteristiche intrinseche risultano essere operativamente più difficili da sviluppare rispetto ad altri. Si è parlato di cambiamenti non lineari e dinamici del comportamento motorio che sono sostanzialmente un passaggio da uno stato stabile ad un altro. Questo passaggio crea perturbazioni e questo con riferimento alla didattica crea dei problemi. In effetti quando un sistema anche è debolmente perturbato ci sono delle tendenze spontanee, o quella di tornare allo stato di stabilità e quindi non avanzare nel nell’apprendimento oppure quello di prodursi verso un livello di miglioramento però con forti incertezze che a volte possono anche essere non risolte. Quindi la tendenza o minima variabilità comportamentale, “rimango sullo stabile”, oppure cerco anche di risparmiare le risorse energetiche ovvero di non spendere energie non soltanto fisiche ma anche mentali quindi l’impegno cognitivo di cui parlava prima il professor “Robazza” dev’essere disponibile ad avere un impegno importante. Allora, adesso ci sono due situazioni sostanzialmente ci possono situazioni di apprendimenti e situazioni di convergenza che sono relativamente semplici perché si tratta di ottimizzare una coordinazione spontanea, il problema più grosso, lo incontriamo nel momento in cui dobbiamo affrontare degli apprendimenti in situazioni di competizione e di conflittualità per acquisire una coordinazione che non è naturale, come ad esempio eseguire una ruota, quindi si tratta di abbandonare un’attrattore naturale per adottarne un altro di nuovo e avventurarsi in un altro attrattore. Oppure si tratta di modificare i parametri d’ordini, con le variabili collettive che sono delle variabili funzionali specifiche che definiscono il nuovo pattern di apprendimento. La cosa più importante è quella di mantenere inalterata la struttura “percezione azione”. Questo diciamo è l’elemento che ci permette di non smarrirci in questo percorso didattico. Come dicevo prima mi concentrerò su aspetti tattici, non tanto quelli legati ai singoli movimenti e alle singole azioni, ma puramente gli aspetti tattici. È meglio chiarire che cosa si intende per tattica da non confonderla con la strategia che è abbastanza diversa. La tattica sono in sostanza delle risposte individuali che il soggetto da per rispondere a dell’istanze presenti in un determinato contesto. Può essere un contesto di uno sport di combattimento o di un gioco sportivo di squadra o individuale. Quindi nella tattica si ricercano delle soluzioni, si formano anche delle ipotesi previsionali, cioè si pensa quello che potrebbe accadere, quindi si fanno delle anticipazioni che risultano in definitiva dei tentativi. La tattica mi permette di guadagnare dei tempi sono in grado di gestirla posso espandere del tempo che mi permette magari di di elaborare delle le informazioni in maniera migliore e quindi anche di evocare delle risposte più pertinenti ad esempio la finta è un elemento importante della tattica perché attraverso la finta destabilizzo magari per un avversario diretto o in attacco o in difesa e questo mi permette di guadagnare quel minimo di tempi in più per capire un po’ quello che potrei fare. Il legame che c’è fra informazione che proviene dall’ambiente e l’azione, quindi la risposta, che in definitiva riprende poi anche quello che ha mostrato poco fa il professor Bertollo. Come dicevo prima partiamo da una situazione che, da instabile, dopo attraverso la pratica diventa stabile, però a questo punto non c’è nessuna evoluzione dell’apprendimento, perché dovrei spostarmi a un livello superiore uscendo da questa zona, che io ho definito “zona di confort” stabile e produrmi praticamente in una sorta di situazione quasi di perdita di competenze per poi approdare a un livello superiore quindi c’è una parte quasi refrattaria di retrocessione per dopo raggiungere un livello superiore. Il problema sta nel creare delle situazioni che possono essere di attrazione per il soggetto, per raggiungere un livello di apprendimento più più evoluto. È chiaro che una volta raggiunto questo livello, su questa base ci sarà un ulteriore instabilità. Successivamente attraverso la ripetizione, ovvero la reiterazione del movimento si acquisirà una reattiva e stabilità. Questo è un percorso non lineare fatto alternanza fra alti e bassi. Questo è un processo che va assistito e va guidato. Possiamo affermare che la meta finale è quella di raggiungere l’obiettivo preposto. Tutto questo determina un comportamento che definiamo emergente, è un cambiamento sostanzialmente qualitativo verso un’evoluzione dell’apprendimento. Questo è un passaggio quasi paradossale tra l’esigenza di stabilizzare il movimento, e quella di essere flessibili e adattabili ai nuovi compiti. Quindi si deve ricercare nuovi equilibri, praticamente è il sistema e la struttura su cui bisogna agire. In questo ambito ci sono due elementi importanti, l’ambiente e il compito. Questi sono gli elementi su cui si agisce per indurre il soggetto a uscire dalla sua “zona di comfort” e spostarsi verso un apprendimento di livello più qualificato. Le fasi di sviluppo sono sostanzialmente tre. Una prima base esplorativa, una seconda di scoperta e di stabilizzazione, e una terza in cui utilizzo ciò che sto acquisendo Questo può avvenire se si creano delle costruzioni. Progressivamente limito i compiti del soggetto e si determinano quattro elementi. Fondamentalmente sono quattro step, che designano il percorso formativo. Il primo è il reperimento di informazioni non specifiche generiche, si va alla preselezione di informazioni sempre più specifiche e pertinenti già individuate. Quindi, questi sono gli elementi che identificano i comportamenti emergenti o quelli che dovrebbero emergere. Una quarta fase, il quarto ed ultimo step, in cui le informazioni vengono ricercate attivamente, una ricerca attiva di informazioni che viene integrata in un secondo tempo nel piano d’azione che è stato predeterminato. Queste sono scelte individuali quindi che circoscrivono l’area e le possibili opzioni. Pertanto le informazioni a sostegno dei processi decisionali vengono selezionate proprio in base alle scelte. Quindi operare delle scelte. Questi tre elementi sono che stati precedentemente esposti, sono riduzione dei gradi di libertà, “un momento quasi entropico”quasi caotico” di organizzazione di questo primo elemento” che lascia il posto poi a una seconda fase di esplorazione dei gradi di libertà che servono per stabilire quelli che sono le proprietà ambientali realmente informative. Qui ci sono due elementi importanti presenti soprattutto nei giochi sportivi estremamente interessanti che vengono gerarchizzati in rapporto alle condizioni che si determinano. Sinceramente non è necessario, nonostante il fascino di queste teorie, abbandonare definitivamente “il vecchio sistema” che possiamo definire tradizionale, basato sui processi cognitivi razionali sequenziali. Tutto dipende dalla natura del compito. estrinseco del dell’informazioni, in quanto sono proprio le variabili specificanti
e non specificanti da analizzare, ma se la palla è ferma ad esempio la battuta nella pallavolo o un servizio nel tennis. In questo caso c’è tutto il tempo e tutta la possibilità di attivare dei processi cognitivi, sequenziali e razionali. Nel lavoro di “Ripoll 1988” ci sono delle variazioni del compito, ovvero non ci sono variazioni per quanto riguarda l’ambiente, “variazione delle dimensioni del campo o possibilità di rimbalzo della palla. Si possono fare sia modificazioni del compito sia modificazioni dell’ambiente creando variabili e innumerevoli proposte. Le variazioni tra un compito e un altro vanno a stimolare i processi di adattamento che diventa estremamente importante non solo sotto l’aspetto motivazionale, ma come espresso precedentemente, per stimolare dei processi di adattamento. In seguito posso tornare tranquillamente a modificare i compiti precedenti, l’importante che siano più complessi aumentando gli elementi da tenere sotto controllo e le richieste elaborative.
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