PERCEZIONE E 

APPRENDIMENTO 



Nell’approccio cognitivo l’opportunità o meno di utilizzare metodiche di allenamento parziale sono rapportate all’interdipendenza delle parti. La divisione del gesto in parti deve essere fatta, quando è possibile, solo tra parti che siano poco interdipendenti tra loro. Quando questa divisione è impossibile bisogna ricorrere all’allenamento del gesto intero. Ricordiamo anche che alla base di questo ragionamento vi è il principio che il nostro cervello funziona più o meno come un PC. Il gesto motorio è guidato da un’insieme di istruzioni (un programma) che viene costruito in base al compito affidato. Sequenze troppo lunghe o complesse di istruzioni diventano troppo difficili da memorizzare e gestire.

L’altro presupposto è che tra la percezione e l’azione vi sia, da parte del cervello, un’opera di traduzione dei segnali che percepisce attraverso i sensi che portano a una rappresentazione mentale. È su questa rappresentazione che vengano svolte le operazioni (chiamate computazioni), che producono le sequenze di attivazioni neuromusolare che definiscono il gesto motorio. Percezione diretta invece di rappresentazione L’approccio ecologico affronta la questione in un’altra maniera. Il presupposto è che in qualche modo percezione e azione sono collegati tra loro senza bisogno del concetto di rappresentazione. Secondo Gibson (1979) il movimento è supportato dalla percezione ma anche genera informazioni che a loro volta supportano ulteriori movimenti portando a una relazione ciclica tra percezione e movimento:

“noi dobbiamo percepire per muoverci ma dobbiamo anche muoverci per percepire”.

Secondo gli psicologi ecologisti usare informazioni per supportare il movimento richiede delle “leggi di controllo” che continuamente mettono in relazione lo stato dell’individuo con lo stato dell’ambiente. In altre parole una legge di controllo mette in relazione le proprietà cinetiche del movimento con le proprietà cinematiche del flusso percettivo. Siccome l’interdipendenza tra percezione dell’informazione e generazione del movimento si sono evoluti INSIEME nel sistemi neurobiologici, è stato pensato che questi processi non possono essere studiati separatamente. Questo ha delle importanti implicazioni per quanto riguarda il modo in cui si gestiscono i metodi di insegnamento e allenamento. In pratica solo in contesti di allenamento in cui i processi di percezione e azione rimangono accoppiati all’interno di un ambiente realistico noi potremo osservare l’intelligenza del meccanismo percettivo progettato dall’evoluzione. In particolare l’intelligenza si manifesta come quella particolare funzione per cui un meccanismo percettivo si è evoluto. La percezione ha in qualche modo già codificato, allegato, il movimento ad essa associato (accoppiato).


L’accoppiamento percezione-azione


Guardando alla opportunità di scomporre o frazionare il movimento è chiaro che la percezione relativa a quella specifica azione se devo gestire parti di un gesto invece del gesto intero rischia di essere compromessa. Infatti segmentando è molto probabile che non siano presenti, in ogni momento del movimento, gli stimoli chiave che l’atleta deve selezionare dall’ambiente per sintonizzarli in maniera precisa con l’azione muscolare appropriata. Ad esempio se voglio migliorare il gesto della schiacciata della pallavolo

dovranno essere sempre presenti alcuni elementi chiave che determinano la corretta esecuzione:

  • l’alzata reale (non il lancio)
  • la rete
  • il campo
  • il muro

La mancanza di uno di questi elementi può portare l’atleta a imparare in modo rigido dei pattern di movimento non funzionali.

Faccio riferimento come esempio a un’altra tecnica appartenente alla sfera dell’approccio cognitivo: l’adaptive training. Essa prevede di inserire gradualmente gli elementi che possono produrre difficoltà nel gesto. Prima si impara a fare bene una versione senza alcuni elementi, poi, una volta imparato, si aggiungono gli elementi mancanti. Il nostro esercizio di adaptive training può essere allenare l’attacco con il lancio dell’allenatore senza muro.

Il problema sarà che alcuni stimoli, alcune informazioni provenienti dall’ambiente saranno falsate, altre mancanti:

  • Per la scelta del tempo e la correzione in itinere dello stesso l’atleta guarderà la palla nelle mani dell’allenatore e uno degli elementi su cui focalizzarsi potrebbe essere la presenza o meno di contromovimento del tecnico prima del lancio. Cosa che è ben diversa dal mettersi in relazione con l’alzata del palleggiatore da cui estraggo tutt’altre informazioni (esempio rumore del tocco, modo in cui esce la palla, postura del palleggiatore, entrata della palla nelle mani)
  • L’assenza del muro mi porterà a imparare un gesto che non tiene conto del muro avversario. Il rischio è di sviluppare dei pattern di movimento che sono efficaci rigidamente solo con un tipo di colpo e che non permettono di adeguare l’attacco alla presenza del muro avversario. O peggio di sviluppare pattern di movimento che non prevedano o addirittura non permettano di raccogliere informazioni dal muro (il classico esempio di chi si infila sotto la palla e poi non riesce proprio a mettere il muro in una parte utile del campo visivo)

La semplificazione


L’accorgimento adottato per affrontare compiti estremamente complessi secondo l’approccio ecologico è la tecnica della semplificazione. Questa prevede che le esercitazioni ricalchino, simulino il gesto di gara ma con alcune caratteristiche chiave come velocità degli attrezzi o degli avversari, dimensioni del campo, distanze, peso o dimensione degli attrezzi ridotte . Quindi non c’è nessuna scomposizione e poi riassemblamento, ma il compito è lo stesso della gara in una versione per l’appunto semplificata. Ad esempio:

  • per la schiacciata della pallavolo può essere adottata una rete più bassa, un campo più lungo o più largo, traiettorie di alzata più semplici da interpretare (solo verticali)
  • per il servizio nella pallavolo ma anche nel tennis può essere diminuita la distanza dalla rete e comunque l’altezza della stessa
  • possono essere utilizzate palle e palline che viaggiano a minore velocità (per esempio di gomma piuma) ancora nel tennis e nella pallavolo
  • possono essere utilizzati palloni più piccoli e leggeri, ancora nella pallavolo ma soprattutto nel calcio e nel basket per facilitare il controllo e diminuire la forza necessaria a muoverli nel campo
  • si possono diminuire le dimensioni del campo da gestire nel calcio e nella pallavolo

Transfer generico e funzioni coordinative


Ma allora vanno eliminati tutti i sistemi di allenamento che prevedono un qualche tipo di isolamento di abilità, di parzializzazione?
La risposta secondo me è no. Le esercitazioni che prevedono l’isolamento di alcune abilità hanno ancora senso, bisogna solo essere ben consapevoli dei limiti e delle opportunità.

Le esercitazioni nel quale la specificità di percezione e azione non viene mantenuta possono produrre ugualmente transfer per la capacità del nostro cervello di generalizzare l’apprendimento. Cioè

benchè noi impariamo soluzioni di movimento (funzioni coordinative) che sono estremamente specifiche per un certo compito, questo non significa necessariamente che queste soluzioni non possano essere utilizzate anche per altri compiti (Davids, Button, e Bennett 2008)

In altre parole una certa funzione coordinativa può essere adattata (ri-parametrizzata) per essere utilizzata da una tecnica specifica.

Per esempio una funzione coordinativa importante nel gesto dell’attacco è quella che mi permette di trasferire l’energia sulla palla attraverso la co-contrazione dei muscoli della spalla e la frustata di tutto il corpo nella quale è decisivo il ritmo di inserimento di anca e spalla nel movimento di rotazione. Questa particolare funzione coordinativa può benissimo essere allenata a parte utilizzando ad esempio lo schema motorio di base del lancio. Dovrà poi essere riparametrizzata per essere utilizzata nell’attacco vero e proprio.

La valutazione da fare è un bilanciamento costi benefici. Se il processo di riparametrizzazione è molto difficile vale la pena allenare a parte una funzione coordinativa solo se è davvero molto difficile migliorarla nel gesto completo.


Bibliografia:


Gibson, James J., e James J. Gibson. 2015. The Ecological Approach to Visual Perception. New York; Hove, England: Psychology Press.



Davids, K., Chris Button, e Simon Bennett. 2008. «Transfer in Ecological Approach». Pag. 86 in Dynamics of skill acquisition: a constraints-led approach. Champaign, IL: Human Kinetics.





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