giovedì 21 settembre 2017





L'ALLENAMENTO PER LA FORZA IN ETÀ GIOVANILE


Il periodo dell’infanzia è particolarmente adatto allo sviluppo della forza tramite un giusto allenamento

Spesso mi ritrovo di fronte a frasi del tipo “sei troppo piccolo per andare in palestra”, “andare in palestra così giovane è dannoso” ecc., e allora mi chiedo: ma esistono davvero problemi legati all’allenamento in palestra per i giovani? Molti preparatori sconsigliano questo allenamento preferendo i cosidetti esercizi a carico naturale, dicendo che allenarsi in palestra è troppo “pesante” per soggetti in via di sviluppo. Iniziamo con una piccola riflessione: il peso del corpo (carico naturale) è sicuramente un carico più alto di quello imposto dai pesi, è un carico non graduabile e forse, in certi casi, troppo elevato per le articolazioni in quell’età. A mio parere (e non solo mio) non ci sono controindicazioni nel praticare attività di pesi in giovane età, anzi possiamo dire che:
- Carichi adeguati facilitano la formazione dell’osso
- Alcuni studi parlano di aumenti nella statura
- Otteniamo sicuramente una modificazione positiva dello stato di salute
- Lo sviluppo di tronco e addome avranno funzione preventiva verso atteggiamenti viziati tipici dell’età
- Il miglioramento fisico genera autostima.
Ovviamente tutto ciò lo otteniamo solo e soltanto se il personale che troviamo in palestra saprà come comportarsi, cosa proporre e riuscirà a fare una valutazione oggettiva dell’atleta in esame.

Procedere con gradualitàLa prima domanda può essere: utilizziamo macchine o pesi liberi? La tabella 1 chiarisce quali sono i vantaggi e gli svantaggi. Come sempre consiglio di scegliere cosa usare in base al soggetto, alle sue caratteristiche e al grado di esperienza e allenamento. Ad un principiante che si approccia per la prima volta alla sala pesi suggerisco l’utilizzo di macchine guidate.

È anche importante sapere che i parametri fisiologici si muovono come segue:
- Resistenza aerobica: migliora molto nelle bambine tra i 7/10 anni, si stabilizza e migliora più gradualmente attorno ai 20 anni.
- Potenza: incrementa fino a 20 anni.
- Forza esplosiva: c’è un incremento notevole tra 12 e 15 anni, in precedenza cresce poco e in modo molto graduale.
- Forza resistente: qualità che si manifesta tardivamente.
Già queste indicazioni sono importanti per gestire l’allenamento dei nostri piccoli atleti.
Attorno ai 10/14 anni abbiamo lo sviluppo delle caratteristiche di velocità: è in questo momento che si può inserire un buon allenamento anche di palestra, perché attraverso i miglioramenti muscolo/scheletrici andremo a migliorare tutte le altre componenti. Durante l’allenamento il peso non dovrebbe mai superare il 70% della ripetizione massimale.
Ogni parte del processo di sviluppo ha le sue fasi sensibili che possiamo distinguere come segue:

Modulare gli allenamentiLe caratteristiche degli allenamenti dovranno essere:- Movimenti veloci ed esplosivi alternati a fasi a più bassa intensità.- Recuperi completi: questo è un elemento importantissimo.- Se e quando possibile, eseguire movimenti a carico libero (manubri, bilancieri e piccole resistenze).- Controllo degli atteggiamenti posturali: attuare eventuali protocolli di lavoro per contrastare atteggiamenti di iperlordosi o ipercifosi, scoliosi ecc. Il tutto in collaborazione con il medico.- Proponiamo sempre allenamenti che possano sviluppare sia le capacità condizionali che quelle coordinative.- Allenamenti senza specializzazioni precoci, troppo spesso presenti soprattutto negli sport di squadra: la specializzazione porta spesso allo sviluppo di paramorfismi per ipersollecitazione di alcuni muscoli rispetto ad altri. Una specializzazione precoce può anche comportare la perdita di interesse a causa della monotona ripetitività delle esercitazioni proposte.

Queste situazioni possono avere come conseguenza:- la stagnazione delle prestazioni, in quanto l’atleta possiede un ristretto bagaglio di schemi motori e quindi riesce ad operare solo in determinate situazioni standardizzate;
- la facilità di traumi all’apparato locomotore, in quanto il sistema muscolare presenta squilibri, spesso notevoli, tra i vari settori del corpo;
- soprattutto nelle discipline con gesto asimmetrico possono sorgere o accentuarsi gli atteggiamenti viziati e predisporre ai paramorfismi;
- l’abbandono precoce della disciplina praticata per mancanza di nuovi stimoli motori e psicologici.
Parlando ad esempio di forza, possiamo dire che Jablonowskij afferma che la forza:
- fino a 11 anni è insignificante: è quindi consigliato stimolare la forza sotto forma di gioco senza elementi di specializzazione;
- da 12 a 15 anni aumenta considerevolmente: si inizia a lavorare in modo più specifico e distrettuale, utilizzando esercizi che prevedono ad esempio l’utilizzo di palle mediche. Teniamo sempre e comunque presente il rispetto dello sviluppo armonico di tutta la struttura muscolo/scheletrica;
- da 15 a 18 anni ha uno sviluppo intenso: la specificità del programma può essere sempre più precisa rispetto all’eventuale altro sport praticato.
Da questi dati possiamo dedurre che il periodo dell’infanzia è particolarmente adatto allo sviluppo della forza tramite un giusto allenamento. È scontato dire che un occhio particolare va dato alla postura del soggetto durante l’esecuzione dei movimenti. Atteggiamenti scorretti comportano in genere carichi articolari notevoli con conseguenti problemi.

Le fasi dell’allenamentoLe prime due fasi dell’allenamento si occupano di ginnastica formativa, mentre la terza fase è quella più specifica. L’allenamento dovrà prevedere un riscaldamento, una fase centrale e un defaticamento. Tutte le fasi sono assolutamente importanti e da rispettare. Un buon riscaldamento è alla base di un buon allenamento e soprattutto evita spiacevoli infortuni dovuti al fatto che muscoli e articolazioni non sono pronti ad assorbire determinati movimenti. Un buon defaticamento permette un miglior recupero muscolare e articolare, evitando di affrontare l’allenamento successivo con i muscoli ancora carichi di tossine. Importante è fare apprendere le corrette tecniche di sollevamento e la giusta respirazione (è vietato eseguire esercizi in apnea), e limitare il numero delle sedute settimanali a due per permettere ai giovani di dedicarsi ad altre attività e soprattutto avere il loro tempo libero. Fate eseguire gli esercizi in tutta l’escursione articolare possibile. In questo modo, oltre ad ottenere una maggiore efficacia dall’esercizio, viene mantenuta l’elasticità e la lunghezza ottimale dei muscoli e dei tendini. Inizialmente consiglio un numero di ripetizioni pari a circa 15, per consolidare bene l’esecuzione del movimento con carichi bassi. Va evitato che vengano eseguiti esercizi fino all’affaticamento, a causa dei rischi che si possono produrre per le strutture articolari e lo sviluppo osseo. È bene eseguire, all’inizio ed alla fine di ogni seduta di allenamento, opportuni esercizi di stretching. Questo consente di mantenere una buona estensibilità muscolare ed una mobilità ottimale delle articolazioni e insegna al ragazzo l’importanza di questa attività troppo spesso trascurata o male eseguita. Lo stretching nello sport è fondamentale, ma di questo magari ne parleremo in altro momento. A mio parere, gli allenamenti in sala fitness dovrebbero iniziare con la metodica a circuito per una serie di motivi: primo motivo, molto importante, è che questa metodica è divertente, cosa fondamentale quando si ha a che fare con ragazzi di 10/11 anni. Altra motivazione riguarda la multilateralità degli stimoli, ad esempio forza e dimagrimento nello stesso allenamento. Successivamente, con l’avanzare dell’età e dell’esperienza, e magari con l’aumento della passione, potete inserire la metodica con esercizi a serie e ripetizioni. La scelta sarà effettuata dopo un’attenta analisi del soggetto, tenendo presente età, grado di preparazione, problemi fisici, motivazione che lo ha spinto a venire in sala fitness, carattere ecc. Ogni persona deve capire che i centri fitness non sono vietati ai minori, a patto che all’interno di essi ci siano istruttori preparati e adatti a trattare con ragazzi giovani.

Alcuni esempiOra passiamo alla pratica e vediamo alcuni esempi di circuiti da proporre a soggetti giovani che si accingono a frequentare la sala fitness.Gestire bene i carichi e curare bene l’esecuzione dei movimenti è fondamentale, così come rispettare la tappe della crescita.

Con le indicazioni che trovate nelle varie tabelle e nell’articolo si possono sviluppare altri mille allenamenti rendendoli sempre più adatti al soggetto e alla sua età o ai suoi desideri, oppure sempre più adatti e funzionali allo sport praticato. Ricordatevi sempre che non è l’età del soggetto a fare danni, ma le conoscenze di chi gestisce il soggetto.

Manuele Mazza








sabato 9 settembre 2017





PASSAGGIO DAL MINIVOLLEY
ALL'UNDER 12



Il lavoro realizzato in questi video sono dedicati particolarmente agli allenatori del settore giovanile, femminile ponendo come obiettivo principale, l'allenamento per la motricitá e l'esecuzione dei fondamentali individuali . All'interno, oltre ad una descrizione sulla tecnica specifica, troverete spunti di riflessione per creare percorsi didattici su base scientifica che potrete utilizzare sia per lo sviluppo degli schemi motori di base, le capacità condizionali e coordinative, sia per l'apprendimento dei fondamentali individuali. Inoltre ci sono una serie di lezioni con esercizi a carattere analitico, sintetico e globale.
Osservando le migliori scuole di pallavolo giovanile e ponendole fra le prime nazionali al mondo, Giappone, Brasile, Cina, Russia,Stati Uniti l'Italia ha raggiunto un livello tecnico internazionale, di primo piano, migliorando non solo le performance di gioco, ma la preparazione fisica e tecnica, aspetti che hanno influenzato reciprocamente, I risultati sportivi, creando un binomio indivisibile.
Nella pallavolo femminile giovanile Italiana, "tranne pochissime realtà", si evidenzia un decadimento tecnico che sta influenzando nell'ultimo periodo anche la pallavolo maschile. Gli allenatori sono, a mio avviso sempre più alla spasmodica ricerca del raggiungimento assoluto di risultati sportivi che danno prestigio nell'immediato, ma purtroppo, realizzano delle prestazioni finali non apprezzabili nel tempo. La tendenza generale è di proporre alle giovani atlete troppo superficialmente modelli tecnici non appropriati, utilizzando metodologie di allenamento derivanti da sistemi empirici e poco scientifici.
Nel settore giovanile bisogna aumentare la percentuale, di lavoro da dedicare all'allenamento per la motricitá  specifica sia a livello coordinativo sia condizionale con particolare riferimento alla capacità di forza. Recenti ricerche, hanno dimostrato che solo chi possiede capacità motorie specifiche per il gioco sportivo in oggetto ottiene migliori risultati, sia nell'apprendimento che nell'esecuzione delle abilità motorie “tecniche di base”. Per l'allenamento tecnico è importante dedicare un'alta percentuale di  tempo agli esercizi analitici e sintetici, dando meno spazio alle esercitazioni a carattere globale. Le giovani atlete  devono aumentare il loro livello tecnico, obiettivo raggiungibile con l’aumento del numero delle ripetizioni di ogni gesto atletico e tecnico. Le abilità motorie sono azioni intere o parti di esse che si automatizzano con un elevato numero di ripetizioni. La pallavolo è uno sport di situazione definito “open skill” Sarà importante, nel tempo creare un giusto transfert tra la corretta esecuzione tecnica analitica e la realtà che si realizza durante la gara. La catena didattica dovrà favorire un feedback tra l'analitico e il gioco.
È noto che l'età in cui le bambine iniziano un'attività agonistica si è notevolmente abbassata. Con  "attività agonistica" intendo un impegno di quattro giorni alla settimana, tre  allenamenti  e una  partita  per un totale di 6 - 8 ore complessive. L'attività di minivolley e promozione sportiva è frequentata perlopiù da una fascia di età compresa tra gli 8 - 9 anni, con un'alta percentuale di bambine tra i 6 - 7 anni per un impegno di circa 2/3 ore alla settimana.Questa "precocità" crea delle problematiche nella programmazione e attuazione di protocolli tecnici e motori specifici per l'età ma con il rischio di proporre catene didattiche e modelli adattati e non appropriati. L'allenamento sportivo deve avvalersi di sistemi su base scientifica rispettando le tappe di sviluppo psicomotorio proprie di ogni etá. La pallavolo, per la sua specificitá è un gioco sportivo che richiede abilitá coordinative fini e capacità condizionali, con particolare riferimento alla forza, elevate. 
La caratteristica che differenzia questo sport di squadra da altri, è che la palla non può essere fermata. La pallavolo, infatti è definita "sport di rimbalzo". Il fondamentale di bagher è senza dubbio quello che presenta più difficoltà nell'allenamento sia per gli allenatori sia per l'apprendimento delle giovani atlete. Questo lavoro ha l'obiettivo di fornire dei percorsi didattici divisi per lezioni "temi" con varie esercitazioni pratiche.  
                         
                         Stefano Lorusso 










venerdì 1 settembre 2017

ORGANIZZAZIONE LEZIONI MINIVOLLEY


Di seguito, inserisco una proposta
la gestione della lezione base per il minivolley.

Prima di iniziare a dare alcune indicazioni tecniche e organizzative, faccio una riflessione su cosa secondo me è importante tenere presente.

  1. La diversità di età dei partecipanti.
  2. Le diverse abilità.
  3. La multilateralità e specificità dell'attività proposta.

Obiettivi: soprattutto per i bambini fino alla terza elementare, L'attività di minivolley non deve essere vissuta come un allenamento, ma come un momento dove imparare, divertirsi e soprattutto giocare. Sarà il gioco in tutte le sue forme e proposte il mezzo per poter raggiungere gli obiettivi, motori, tecnici, Sportivi.

Il gioco della pallavolo, è uno sport definito “open skill” dove sia le capacità coordinative specifiche per il gioco sia quelle condizionali assumono un ruolo fondamentale per l'acquisizione delle abilità motorie (tecniche di gioco).
Nell'organizzazione dei giochi, esercizi e tecniche di gioco si farà riferimento allo schema sottostante.





LA LEZIONE

1 Accoglienza e numero di presenze.
2 Gioco di riscaldamento. 
3 Esercizi singoli - a coppie a gruppi per l'apprendimento delle capacità coordinative e condizionali
4 Esercizi per l'allenamento delle tecniche di base utili per il gioco.
5 Giochi a punti uno contro uno fino al gioco tre contro tre con spazi di campo variabili e definiti

6 Recupero con piccoli esercizi di respirazione e allungaento

 




  1. ACCOGLIENZA E NUMERO DI PRESENZE

Questa fase non dovrà essere troppo lunga e soprattutto ben organizzata.
Sei bambini saranno molto numerosi, bisognerà prevedere di prendere le presenze divisi per fasce di età. Ad esempio se in palestra ci sono tre istruttori bisognerà a strutturare tre gruppi, in modo da velocizzare il più possibile questo momento.



2.  GIOCO DI RISCALDAMENTO

Il gioco di riscaldamento, nella sua progettazione, dovrà prevedere gli elementi presenti all'interno dello schema, ad esempio schemi motori di base, capacità coordinative, capacità condizionali. Il gioco dovrà essere coinvolgente e divertente. Bisognerà assolutamente evitare file troppo lunghe nei giochi a staffetta, “I bambini troppo fermi si annoiano”. I giochi di riscaldamento potranno essere uno o due. Sarà nostro compito costruire uno schedario di giochi secondo gli obiettivi da poter utilizzare durante le lezioni. Di seguito faccio un esempio e sulla struttura di un gioco che per i bambini è molto coinvolgente e nello stesso tempo allenante.









GIOCO MARE - MONTAGNA - CITTÀ

Obiettivi:

Schemi motori di base (correre-arrampicarsi-strisciare)

Differenze spaziali (sopra-sotto-dentro-fuori)

Capacità senso percettive (acustiche-visive)

Capacità condizionali (resistenza-rapidità)

I bambini sono sparsi all'interno della palestra, al via dell'istruttore cominciano a correre lentamente utilizzando tutto lo spazio a disposizione. Quando l'insegnante dirà mare, i bambini velocemente dovranno andare in posizione prona sul pavimento, l’ultimo arrivato farà una penitenza (saltelli, addominali, ecc..)
Quando dirà montagna i bambini dovranno velocemente porsi in un punto sollevato rispetto al pavimento e, quando dirà città dovranno entrare all'interno di un grande cerchio al centro della palestra.

Con questa tecnica si possono realizzare tutta una serie di giochi originali e coinvolgenti per le diverse lezioni.


3. Esercizi singoli-a ccoppie-a gruppi per l'acquisizione delle capacità coordinative e condizionali

Come precedentemente espresso, dovremmo prevedere per quanto riguarda l'acquisizione delle capacità coordinative e condizionali sia l'aspetto generale delle capacità sia l'aspetto specifico per il gioco della pallavolo.
La pallavolo è uno sport di rimbalzo dove la palla non può essere fermata, ad esempio il lanciare e afferrare è uno schema motorio di base generale e non specifico per il gioco. 
In questa fase io preferirei focalizzare l'attenzione sulle capacità specifiche, mentre quelle generali le inserirei all'interno dei giochi di riscaldamento.

1. Esercizi propriocettivi e per l'equilibrio in tutte le sue forme

2.   Esercizi per la valutazione spazio-temporale (evitiamo, senza estremizzare,di far fermare la palla, meglio farla rimbalzare )

3. Esercizi di ritmizzazione e accoppiamento dei movimenti.

4. Esercizi con stimolazioni visive e cambi rapidi di direzione

5. Esercizi di coordinazione oculo-manuale

6. Esercizi a carico naturale per la forza (staffette con andatura in quadrupedia, lancio di una palla un po' più pesante, ecc…)


4. Esercizi per l'allenamento delle tecniche di base utili per il gioco

In questa fase dovremmo organizzare una serie di esercizi in fase analitica e sintetica, con riferimento ai modelli di prestazione tecnica definiti, per il palleggio e il bagher, dove privilegeremo il piano di rimbalzo.


5. Giochi a punti uno contro uno fino al gioco tre contro tre con spazi di campo variabili e definiti

In questa fase utilizzeremo il gioco variando il numero dei giocatori e le dimensioni dei campi, ad esempio, 1 X 1 - 2 X 2 (frontale o con palleggio angolare)
3 X 3.


6.   Recupero con piccoli esercizi di respirazione e allungamento

Questa fase è molto importante per dare ai bambini la possibilità di recuperare sia a livello fisico sia “Mentale”. Bisogna evitare che i bambini escano troppo agitati o iper-accaldati. Possiamo utilizzare esercizi di controllo della respirazione, piccoli esercizi di allungamento e mobilizzazione della colonna.

Ricordo, soprattutto ai presidenti e dirigenti delle società sportive che l'istruttore di minivolley deve essere professionalmente preparato e avere un'attitudine per “lavorare” con i bambini. Evitiamo personaggi improvvisati, ex atleti non qualificati o peggio ancora, volontari senza alcuna nozione per l'attività.

Spero di essere stato utile per migliorare il lavoro in palestra con i bambini. Sono a disposizione per consulenze e consigli. Auguro a tutti una buona stagione.



Stefano Lorusso.

martedì 29 agosto 2017




LA DONNA ATLETA E L'INTERAZIONE CON L'ALLENATORE




Una serie di lavori recenti si è occupata di indagare quali siano, secondo gli atleti di ambo i sessi, le qualità peculiari che un allenatore dovrebbe possedere. Le tre caratteristiche prioritarie sono le stesse sia per gli atleti maschi sia per le femmine e privilegiano la sfera emotiva. L’autorevolezza, la capacità di comunicare e di prendersi cura dell’atleta sono le doti più apprezzate.
Soprattutto le atlete ritengono che l’allenatore debba avere conoscenze tecniche elevate, essere energico e determinato, avere una buona capacità d’insegnare, essere “freddo” in situazioni di stress, cooperativo e voglioso di aiutare, rispettoso dell’atleta e motivato ad allenare quella squadra a prescindere dal livello. Secondo le atlete, inoltre le allenatrici incoraggiano maggiormente, sono più attente alle relazioni, hanno maggiori capacità comunicative, usano mediamente toni più pacati, sdrammatizzano l’errore e dedicano più tempo anche al di fuori dell’allenamento. Gli allenatori invece sono più strutturati e organizzati, più esigenti e con maggiori aspettative dalle atlete. Al contrario delle allenatrici danno maggiori e dettagliate informazioni tecniche, sono più aggressivi non ammettono discussioni, urlano spesso anche senza motivo apparente, pretendono più disciplina e non motivano in termini positivi. In maniera sorprendete, però il 75% delle atlete intervistate, dichiara di preferire gli allenatori maschi.
Se passiamo ad analizzare quali sono le caratteristiche che differenziano gli atleti dalle atlete secondo gli allenatori di sesso maschile, troviamo un accordo elevato sulle seguenti peculiarità. Le atlete sono mediamente: più puntuali, disciplinate e serie, prendono tutto più personalmente, entrano in “risonanza” emotiva con più facilità, investono sulla persona intera (hanno con l’allenatore un rapporto più emozionale), vivono la gara in modo più stressante, sono più “complicate”, sono più conflittuali in situazioni di gruppo. L’allenatore è in posizione di potere e questo può determinare un’attrazione che, aggiunta alla seduzione come modalità di comunicazione “tipica della donna”, rischia di provocare situazioni difficili da gestire e assolutamente da evitare. Poiché sia le atlete che le allenatrici tendono a stabilire rapporti più emotivi e personali, la relazione normalmente è molto soddisfacente e funzionale per entrambe, ma diventa più problematica da gestire in situazioni di conflitto. Questo meccanismo può dare origine a contrasti più accesi e protratti nel tempo.
Se analizziamo la letteratura recente, in campo della psicologia sportiva, si trae la conclusione che diversi fattori richiedono un approccio differente da parte dell’allenatore. Tali fattori sono: la filosofia di allenamento, le metodiche di allenamento, la capacità motivazionale, lo stile comunicativo, la modalità di relazionarsi con l’atleta. Si ritiene in sintesi che la donna – atleta necessiti, per dare il meglio, di un trattamento diverso da parte dell’allenatore.
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Anche se non è opportuno generalizzare, è possibile fornire una serie di consigli che si rivelano utili per l’allenatore. 
Va sottolineato che in allenamento le atlete sono mediamente più disciplinate e più serie consentendo all’allenatore di lavorare in modo più sereno. Per quello che attiene al rapporto, un ascolto più attento ed una comunicazione empatica sono preferibili. Urlare, utilizzando sistemi coercitivi, non è mai utile. Tale comportamento non trova applicazione con le ragazze, soprattutto perché le rende più insicure e vulnerabili a discapito di un proficuo apprendimento. È meglio utilizzare l’autorevolezza come forma alternativa di leadership. Essere troppo aggressivi complica il rapporto interpersonale tra atleta e allenatore e fa sì che le informazioni tecniche non vengano elaborate in modo corretto, causando un vissuto conflittuale sia a livello personale (poca autostima), sia a livello relazionale nel gruppo. Il segreto sta nel saper essere carismatici, positivi, preparati e motivati.
La PNL “programmazione neuro linguistica, fornisce, attraverso tecniche di comunicazione efficace un valido aiuto per gli allenatori.” È quindi opportuno utilizzare in maniera più accorta i livelli di comunicazione notoriamente “sotto il controllo” cosciente della persona, quali il livello para – verbale ( volume della voce, timbrica, ecc..) e non verbale (sguardo, atteggiamento posturale, ecc..) che hanno un impatto molto forte sulla relazione e sono alla base di incomprensioni apparentemente inspiegabili. Per quello che riguarda in generale la relazione con l’atleta, è necessaria una maggiore attenzione alla persona nella sua interezza. Con le donne è importante non ignorare problematiche personali, extra – sportive.
Un altro aspetto essenziale è quello concernente il feedback. È fondamentale incoraggiare. Usare la tecnica del “sandwich” (informazione positiva iniziale, rilievo su quello che deve essere modificato e nuovamente feedback positivo) o, comunque premurarsi di aggiungere un supporto di tipo emotivo, è di notevole efficacia. Sdrammatizzare l’errore è importantissimo soprattutto in gara, infatti l’atleta donna tende a colpevolizzarsi più dei maschi. È da ricordare che gli errori si correggono in allenamento.
Per quanto riguarda la gestione del gruppo è importante dare un maggiore spazio alla discussione per arrivare a decisioni condivise. La tendenza a socializzare per “diadi” o comunque in sottogruppi ristretti, tipica delle ragazze, va presa in considerazione. Per evitare di sanzionare tale comportamento utilizzare la strategia della rotazione delle coppie durante gli esercizi, è un buon mezzo per ottenere una maggiore coesione del gruppo.
Per quanto riguarda la gara c’è da sottolineare che la donna tendenzialmente ha un approccio ansiogeno sia nel periodo che precede la gara sia durante la stessa. L’allenatore deve tenere in considerazione che la somatizzazione dell’ansia da performance crea modificazioni sotto il profilo respiratorio, cardiaco e nervoso, diminuendo la componente cognitiva e aumentando lo stato di stress e di stanchezza generale. Il consiglio è di non caricare a livello emotivo la gara, ponendo obiettivi troppo precisi. Meglio dire: “Ragazze coraggio oggi andiamo a vincere” che “ ragazze mi raccomando oggi dobbiamo vincere”; anche l’espressione “oggi vinciamo” potrebbe creare reazioni ansiogene. Il concetto fondamentale è di avere sempre un atteggiamento positivo e di fiducia nei confronti della squadra. Nel periodo pre – gara, che si rivela essenziale per la donna, è utile utilizzare, prima di svolgere i classici esercizi di riscaldamento, alcuni movimenti di ball – handling o, soprattutto per i settori giovanili, dei semplici giochi con la palla. Durante la gara è importante non utilizzare mai il termine "non sbagliare", cercando di essere più direttivi e meno correttivi.
In conclusione possiamo affermare che allenare le donne costituisce sempre una grande opportunità per un tecnico di arricchire il proprio bagaglio di esperienza e capacità di comprensione e di intervento. La diversità di approccio mentale e pedagogico in genere sono elementi di ricerca e crescita continua.


Lorusso Stefano

venerdì 25 agosto 2017



ALLENARE L'AGILITÀ E LA RAPIDITÀ 
CON L'AUSILIO DELLA SCALETTA
V. Durigon, F. Cuzzolin


Il livello prestativo di moltissime discipline sportive dipende dalla capacità di reagire prontamente a stimoli percettivi di varia natura e di completare le risposte cinetiche (gesti tecnici) nel più breve tempo possibile rispettando comunque i corretti parametri esecutivi e l’ampiezza ottimale di ogni singolo movimento.

Le strategie attuate attraverso l’allenamento fisico e tecnico-tattico sono prevalentemente focalizzate allo sviluppo della rapidità in movimenti specifici ed alla realizzazione di spostamenti estremamente veloci. Nei vari sport, la rapidità si esprime in diverse forme: iniziando la risposta cinetica con il minimo tempo di latenza dopo la comparsa dello stimolo (reazione); completando il singolo gesto  nel più breve tempo possibile (rapidità d’azione); compiendo movimenti a carattere ciclico con elevata frequenza (velocità); applicando potenza (accelerazione) e mantenendo un’elevata velocità esecutiva anche in situazioni di affaticamento muscolare (velocità prolungata).

La rapidità è una capacità complessa perché dipende da molti fattori: sviluppo nervoso e caratteristiche antropomorfe individuali; coordinazione intermuscolare (globale) ed intramuscolare; qualità muscolari; richieste elaborative; caratteristiche del gesto (forza, ampiezza, precisione, complessità e durata).
La rapidità è fortemente influenzata dal controllo corporeo e motorio, per realizzare movimenti rapidi l’atleta deve acquisire un livello di padronanza dei gesti tecnici tale da consentirgli di mantenere un’esecuzione ottimale, senza rallentamenti significativi, anche in situazioni problematiche di instabilità, aggiustamento, sbilanciamento, disequilibrio, ecc. La coordinazione, intesa come capacità di organizzazione, controllo, regolazione, modulazione ed adattamento dei movimenti costituisce pertanto il presupposto fondamentale per un’espressione rapida del movimento. Negli sport di situazione (o a carattere informativo), costituiti da moltissimi momenti ad elevata incertezza, la rapidità è una qualità talmente importante da essere determinante per la prestazione: arrivare in ritardo, seppur di pochissimo, spesso vuol dire subire l’iniziativa dell’avversario o perdere una buona opportunità per conquistare un importante vantaggio.  Se però negli sport di combattimento la rapidità si esprime soprattutto nell’esecuzione di un singolo gesto (la stoccata o la parata nella scherma) nei giochi sportivi la rapidità riguarda anche il tempo di spostamento dell’intero corpo nello spazio.

Le caratteristiche di molti giochi sportivi obbligano gli atleti ad effettuare delle serie di passi stretti e veloci per realizzare particolari azioni all’interno di spazi limitati (come avviene nella pallacanestro o nel dribbling del calcio), questi atleti si trovano pertanto nelle condizioni di ricercare un’elevata coordinazione specifica in spostamenti avanti, laterali o all’indietro attraverso movimenti estremamente rapidi degli arti inferiori. Si tratta quindi di realizzare passi di scarsa ampiezza ma molto rapidi e di replicarli con diverse varianti all’interno di precise sequenze ritmiche. La ritmica degli appoggi in effetti, costituisce l’indispensabile guida per la ricerca della coordinazione ottimale nell’esecuzione dei passi.
Gli esercizi con le scalette (ladder) rappresentano un valido ausilio per lo sviluppo della capacità ritmica applicata ai passi di spostamento di molte discipline sportive.
Muoversi all’interno di spazi prefissati effettuando gesti complessi e rispettando determinate sequenze ritmiche obbliga l’atleta ad esercitare un controllo sui propri movimenti limitando di fatto la sua velocità massimale. In effetti, proprio l’elevata componente coordinativa determinata dalla ripetizione di schemi di movimento, caratteristica degli esercizi effettuati con la scaletta, non consente all’atleta di raggiungere i livelli di rapidità che si ottengono invece nell’esecuzione del singolo gesto o in movimenti privi di costrizioni e limitazioni spaziali.
In pratica, mano a mano che l’atleta acquisisce maggior controllo nella sequenza dei passi, aumenta anche la sua velocità esecutiva ma, arrivato ad un certo punto, si accorge che un ulteriore aumento di velocità lo espone al rischio concreto di uscire dalla sequenza ritmica facendogli perdere la coordinazione dei passi. Nel caso della scaletta si può pertanto parlare di “rapidità relativa o funzionale” come espressione di massima rapidità possibile nell’esecuzione di alcuni schemi di movimento ripetuti all’interno di una determinata sequenza ritmica. Ciò che accade con la scaletta è, per certi versi, assai simile a ciò che accade ad ognuno di noi durante la discesa rapida di una rampa di scale: una volta trovato il ritmo adatto siamo in grado di scendere abbastanza rapidamente ma se tentiamo di forzare la velocità dei nostri passi perdiamo la coordinazione e siamo costretti a rallentare per ritrovare la guida ritmica smarrita o addirittura ad arrestarci prima di riprendere nuovamente la discesa. Nella scaletta, la ricerca di “fluidità” e di controllo ritmico dei movimenti gioca un ruolo fondamentale, si tratta pertanto di esercizi più di agility che di vera e propria rapidità. 

La padronanza del controllo podalico non è importante solo negli spostamenti ma, in alcune discipline, è determinante anche nei comportamenti di finta. Ricerche applicate al gioco del rugby hanno riscontrato che nell’uno contro uno, il difensore cerca d’individuare nei movimenti dei piedi dell’attaccante, gli indici pertinenti (punti diagnostici) che gli facciano intuire in anticipo la direzione che l’avversario prenderà nel tentativo di superarlo per battere la difesa. L’analisi dei comportamenti degli atleti ha evidenziato che giocatori esperti e particolarmente abili riescono, in situazione d’attacco, ad inviare informazioni appositamente false attraverso i movimenti dei piedi traendo in inganno il diretto difensore. La finta è sostanzialmente una capacità tattica perchè riguarda le scelte adottate individualmente per adattare, in base alle situazioni contingenti, le azioni spontanee e/o predeterminate con la strategia, la finta però è strettamente collegata alle abilità tecniche in quanto, per essere credibile, il movimento deve assomigliare in tutto per tutto a quello reale. La finta non può sovrapporsi al movimento “vero” ma non può nemmeno essere effettuata troppo presto (in genere non deve apparire con un intervallo superiore ai 60–100ms.) l’atleta inoltre deve possedere un bagaglio sufficientemente variegato di finte per non ripetere lo stesso “falso allarme” con eccessiva frequenza.
Tutti questi elementi inducono a pensare che la dimestichezza nell’uso dei piedi, per alcuni sport, sia di fondamentale importanza. Come tutte le abilità, anche quelle relative al controllo podalico possono essere apprese ed affinate, lo scopo di questo volume è appunto quello di offrire agli allenatori, ai preparatori fisici ed agli insegnanti di educazione fisica una selezione di proposte operative che, utilizzando uno strumento semplice come la scaletta, permettono di sviluppare la coordinazione podalica. 

In genere, per quanto riguarda l’espressione individuale di rapidità, l’enfasi viene posta principalmente sugli aspetti costituzionali di natura neurofisiologica e biotipologica che, essendo innati (predeterminati geneticamente), non possono essere modificati più di tanto attraverso l’allenamento. Tuttavia, anche se solo per via indiretta, è possibile agire sullo sviluppo della rapidità mediante lo sviluppo della coordinazione utilizzando esercitazioni a carattere specifico.
Ogni parte dell’apparato locomotore riceve le proiezioni di una precisa porzione dell’area motoria primaria (rappresentazione somatotopica) e l’ampiezza delle diverse porzioni corticali dedicate ai singoli distretti corporei è in relazione al numero di neuroni coinvolti (vengono impiegati più neuroni dove è necessario un controllo motorio più fine). Dal punto di vista neuronale gli arti inferiori sono caratterizzati da una scarsa estensione del tessuto celebrale motorio e ciò fa ben comprendere le difficoltà di controllo coordinativo nei movimenti delle gambe e dei piedi. Tale constatazione avvalora ulteriormente la necessità di realizzare delle pratiche di allenamento che sviluppino la coordinazione podalica attraverso movimenti specifici.

Oltre allo sviluppo degli elementi coordinativi relativi alle capacità di dissociazione dei movimenti (indipendenza arto destro e sinistro), di ritmo, di differenziazione dinamica, di orientamento spazio-temporale e di combinazione movimenti braccia-gambe, altrettanta importanza rivestono gli aspetti posturali e la mobilità soprattutto della caviglia. Rigidità muscolari e blocchi articolari costituiscono infatti le principali cause di compensi e di scorretti adattamenti posturali e, ostacolando l’efficienza dell’apparato locomotore, ne limitano l’efficacia meccanica e la piena espressione dinamica.
La scaletta, pur rappresentando un valido ausilio per lo sviluppo dell’agility e della rapidità, può dimostrarsi inefficace se utilizzata isolatamente o in forma disgiunta rispetto ad altre pratiche di allenamento, per ottenere buoni risultati è necessario invece prevederne un utilizzo integrato e funzionale all’interno di una programmazione polivalente e multilaterale.