martedì 29 agosto 2017




LA DONNA ATLETA E L'INTERAZIONE CON L'ALLENATORE




Una serie di lavori recenti si è occupata di indagare quali siano, secondo gli atleti di ambo i sessi, le qualità peculiari che un allenatore dovrebbe possedere. Le tre caratteristiche prioritarie sono le stesse sia per gli atleti maschi sia per le femmine e privilegiano la sfera emotiva. L’autorevolezza, la capacità di comunicare e di prendersi cura dell’atleta sono le doti più apprezzate.
Soprattutto le atlete ritengono che l’allenatore debba avere conoscenze tecniche elevate, essere energico e determinato, avere una buona capacità d’insegnare, essere “freddo” in situazioni di stress, cooperativo e voglioso di aiutare, rispettoso dell’atleta e motivato ad allenare quella squadra a prescindere dal livello. Secondo le atlete, inoltre le allenatrici incoraggiano maggiormente, sono più attente alle relazioni, hanno maggiori capacità comunicative, usano mediamente toni più pacati, sdrammatizzano l’errore e dedicano più tempo anche al di fuori dell’allenamento. Gli allenatori invece sono più strutturati e organizzati, più esigenti e con maggiori aspettative dalle atlete. Al contrario delle allenatrici danno maggiori e dettagliate informazioni tecniche, sono più aggressivi non ammettono discussioni, urlano spesso anche senza motivo apparente, pretendono più disciplina e non motivano in termini positivi. In maniera sorprendete, però il 75% delle atlete intervistate, dichiara di preferire gli allenatori maschi.
Se passiamo ad analizzare quali sono le caratteristiche che differenziano gli atleti dalle atlete secondo gli allenatori di sesso maschile, troviamo un accordo elevato sulle seguenti peculiarità. Le atlete sono mediamente: più puntuali, disciplinate e serie, prendono tutto più personalmente, entrano in “risonanza” emotiva con più facilità, investono sulla persona intera (hanno con l’allenatore un rapporto più emozionale), vivono la gara in modo più stressante, sono più “complicate”, sono più conflittuali in situazioni di gruppo. L’allenatore è in posizione di potere e questo può determinare un’attrazione che, aggiunta alla seduzione come modalità di comunicazione “tipica della donna”, rischia di provocare situazioni difficili da gestire e assolutamente da evitare. Poiché sia le atlete che le allenatrici tendono a stabilire rapporti più emotivi e personali, la relazione normalmente è molto soddisfacente e funzionale per entrambe, ma diventa più problematica da gestire in situazioni di conflitto. Questo meccanismo può dare origine a contrasti più accesi e protratti nel tempo.
Se analizziamo la letteratura recente, in campo della psicologia sportiva, si trae la conclusione che diversi fattori richiedono un approccio differente da parte dell’allenatore. Tali fattori sono: la filosofia di allenamento, le metodiche di allenamento, la capacità motivazionale, lo stile comunicativo, la modalità di relazionarsi con l’atleta. Si ritiene in sintesi che la donna – atleta necessiti, per dare il meglio, di un trattamento diverso da parte dell’allenatore.
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Anche se non è opportuno generalizzare, è possibile fornire una serie di consigli che si rivelano utili per l’allenatore. 
Va sottolineato che in allenamento le atlete sono mediamente più disciplinate e più serie consentendo all’allenatore di lavorare in modo più sereno. Per quello che attiene al rapporto, un ascolto più attento ed una comunicazione empatica sono preferibili. Urlare, utilizzando sistemi coercitivi, non è mai utile. Tale comportamento non trova applicazione con le ragazze, soprattutto perché le rende più insicure e vulnerabili a discapito di un proficuo apprendimento. È meglio utilizzare l’autorevolezza come forma alternativa di leadership. Essere troppo aggressivi complica il rapporto interpersonale tra atleta e allenatore e fa sì che le informazioni tecniche non vengano elaborate in modo corretto, causando un vissuto conflittuale sia a livello personale (poca autostima), sia a livello relazionale nel gruppo. Il segreto sta nel saper essere carismatici, positivi, preparati e motivati.
La PNL “programmazione neuro linguistica, fornisce, attraverso tecniche di comunicazione efficace un valido aiuto per gli allenatori.” È quindi opportuno utilizzare in maniera più accorta i livelli di comunicazione notoriamente “sotto il controllo” cosciente della persona, quali il livello para – verbale ( volume della voce, timbrica, ecc..) e non verbale (sguardo, atteggiamento posturale, ecc..) che hanno un impatto molto forte sulla relazione e sono alla base di incomprensioni apparentemente inspiegabili. Per quello che riguarda in generale la relazione con l’atleta, è necessaria una maggiore attenzione alla persona nella sua interezza. Con le donne è importante non ignorare problematiche personali, extra – sportive.
Un altro aspetto essenziale è quello concernente il feedback. È fondamentale incoraggiare. Usare la tecnica del “sandwich” (informazione positiva iniziale, rilievo su quello che deve essere modificato e nuovamente feedback positivo) o, comunque premurarsi di aggiungere un supporto di tipo emotivo, è di notevole efficacia. Sdrammatizzare l’errore è importantissimo soprattutto in gara, infatti l’atleta donna tende a colpevolizzarsi più dei maschi. È da ricordare che gli errori si correggono in allenamento.
Per quanto riguarda la gestione del gruppo è importante dare un maggiore spazio alla discussione per arrivare a decisioni condivise. La tendenza a socializzare per “diadi” o comunque in sottogruppi ristretti, tipica delle ragazze, va presa in considerazione. Per evitare di sanzionare tale comportamento utilizzare la strategia della rotazione delle coppie durante gli esercizi, è un buon mezzo per ottenere una maggiore coesione del gruppo.
Per quanto riguarda la gara c’è da sottolineare che la donna tendenzialmente ha un approccio ansiogeno sia nel periodo che precede la gara sia durante la stessa. L’allenatore deve tenere in considerazione che la somatizzazione dell’ansia da performance crea modificazioni sotto il profilo respiratorio, cardiaco e nervoso, diminuendo la componente cognitiva e aumentando lo stato di stress e di stanchezza generale. Il consiglio è di non caricare a livello emotivo la gara, ponendo obiettivi troppo precisi. Meglio dire: “Ragazze coraggio oggi andiamo a vincere” che “ ragazze mi raccomando oggi dobbiamo vincere”; anche l’espressione “oggi vinciamo” potrebbe creare reazioni ansiogene. Il concetto fondamentale è di avere sempre un atteggiamento positivo e di fiducia nei confronti della squadra. Nel periodo pre – gara, che si rivela essenziale per la donna, è utile utilizzare, prima di svolgere i classici esercizi di riscaldamento, alcuni movimenti di ball – handling o, soprattutto per i settori giovanili, dei semplici giochi con la palla. Durante la gara è importante non utilizzare mai il termine "non sbagliare", cercando di essere più direttivi e meno correttivi.
In conclusione possiamo affermare che allenare le donne costituisce sempre una grande opportunità per un tecnico di arricchire il proprio bagaglio di esperienza e capacità di comprensione e di intervento. La diversità di approccio mentale e pedagogico in genere sono elementi di ricerca e crescita continua.


Lorusso Stefano

venerdì 25 agosto 2017



ALLENARE L'AGILITÀ E LA RAPIDITÀ 
CON L'AUSILIO DELLA SCALETTA
V. Durigon, F. Cuzzolin


Il livello prestativo di moltissime discipline sportive dipende dalla capacità di reagire prontamente a stimoli percettivi di varia natura e di completare le risposte cinetiche (gesti tecnici) nel più breve tempo possibile rispettando comunque i corretti parametri esecutivi e l’ampiezza ottimale di ogni singolo movimento.

Le strategie attuate attraverso l’allenamento fisico e tecnico-tattico sono prevalentemente focalizzate allo sviluppo della rapidità in movimenti specifici ed alla realizzazione di spostamenti estremamente veloci. Nei vari sport, la rapidità si esprime in diverse forme: iniziando la risposta cinetica con il minimo tempo di latenza dopo la comparsa dello stimolo (reazione); completando il singolo gesto  nel più breve tempo possibile (rapidità d’azione); compiendo movimenti a carattere ciclico con elevata frequenza (velocità); applicando potenza (accelerazione) e mantenendo un’elevata velocità esecutiva anche in situazioni di affaticamento muscolare (velocità prolungata).

La rapidità è una capacità complessa perché dipende da molti fattori: sviluppo nervoso e caratteristiche antropomorfe individuali; coordinazione intermuscolare (globale) ed intramuscolare; qualità muscolari; richieste elaborative; caratteristiche del gesto (forza, ampiezza, precisione, complessità e durata).
La rapidità è fortemente influenzata dal controllo corporeo e motorio, per realizzare movimenti rapidi l’atleta deve acquisire un livello di padronanza dei gesti tecnici tale da consentirgli di mantenere un’esecuzione ottimale, senza rallentamenti significativi, anche in situazioni problematiche di instabilità, aggiustamento, sbilanciamento, disequilibrio, ecc. La coordinazione, intesa come capacità di organizzazione, controllo, regolazione, modulazione ed adattamento dei movimenti costituisce pertanto il presupposto fondamentale per un’espressione rapida del movimento. Negli sport di situazione (o a carattere informativo), costituiti da moltissimi momenti ad elevata incertezza, la rapidità è una qualità talmente importante da essere determinante per la prestazione: arrivare in ritardo, seppur di pochissimo, spesso vuol dire subire l’iniziativa dell’avversario o perdere una buona opportunità per conquistare un importante vantaggio.  Se però negli sport di combattimento la rapidità si esprime soprattutto nell’esecuzione di un singolo gesto (la stoccata o la parata nella scherma) nei giochi sportivi la rapidità riguarda anche il tempo di spostamento dell’intero corpo nello spazio.

Le caratteristiche di molti giochi sportivi obbligano gli atleti ad effettuare delle serie di passi stretti e veloci per realizzare particolari azioni all’interno di spazi limitati (come avviene nella pallacanestro o nel dribbling del calcio), questi atleti si trovano pertanto nelle condizioni di ricercare un’elevata coordinazione specifica in spostamenti avanti, laterali o all’indietro attraverso movimenti estremamente rapidi degli arti inferiori. Si tratta quindi di realizzare passi di scarsa ampiezza ma molto rapidi e di replicarli con diverse varianti all’interno di precise sequenze ritmiche. La ritmica degli appoggi in effetti, costituisce l’indispensabile guida per la ricerca della coordinazione ottimale nell’esecuzione dei passi.
Gli esercizi con le scalette (ladder) rappresentano un valido ausilio per lo sviluppo della capacità ritmica applicata ai passi di spostamento di molte discipline sportive.
Muoversi all’interno di spazi prefissati effettuando gesti complessi e rispettando determinate sequenze ritmiche obbliga l’atleta ad esercitare un controllo sui propri movimenti limitando di fatto la sua velocità massimale. In effetti, proprio l’elevata componente coordinativa determinata dalla ripetizione di schemi di movimento, caratteristica degli esercizi effettuati con la scaletta, non consente all’atleta di raggiungere i livelli di rapidità che si ottengono invece nell’esecuzione del singolo gesto o in movimenti privi di costrizioni e limitazioni spaziali.
In pratica, mano a mano che l’atleta acquisisce maggior controllo nella sequenza dei passi, aumenta anche la sua velocità esecutiva ma, arrivato ad un certo punto, si accorge che un ulteriore aumento di velocità lo espone al rischio concreto di uscire dalla sequenza ritmica facendogli perdere la coordinazione dei passi. Nel caso della scaletta si può pertanto parlare di “rapidità relativa o funzionale” come espressione di massima rapidità possibile nell’esecuzione di alcuni schemi di movimento ripetuti all’interno di una determinata sequenza ritmica. Ciò che accade con la scaletta è, per certi versi, assai simile a ciò che accade ad ognuno di noi durante la discesa rapida di una rampa di scale: una volta trovato il ritmo adatto siamo in grado di scendere abbastanza rapidamente ma se tentiamo di forzare la velocità dei nostri passi perdiamo la coordinazione e siamo costretti a rallentare per ritrovare la guida ritmica smarrita o addirittura ad arrestarci prima di riprendere nuovamente la discesa. Nella scaletta, la ricerca di “fluidità” e di controllo ritmico dei movimenti gioca un ruolo fondamentale, si tratta pertanto di esercizi più di agility che di vera e propria rapidità. 

La padronanza del controllo podalico non è importante solo negli spostamenti ma, in alcune discipline, è determinante anche nei comportamenti di finta. Ricerche applicate al gioco del rugby hanno riscontrato che nell’uno contro uno, il difensore cerca d’individuare nei movimenti dei piedi dell’attaccante, gli indici pertinenti (punti diagnostici) che gli facciano intuire in anticipo la direzione che l’avversario prenderà nel tentativo di superarlo per battere la difesa. L’analisi dei comportamenti degli atleti ha evidenziato che giocatori esperti e particolarmente abili riescono, in situazione d’attacco, ad inviare informazioni appositamente false attraverso i movimenti dei piedi traendo in inganno il diretto difensore. La finta è sostanzialmente una capacità tattica perchè riguarda le scelte adottate individualmente per adattare, in base alle situazioni contingenti, le azioni spontanee e/o predeterminate con la strategia, la finta però è strettamente collegata alle abilità tecniche in quanto, per essere credibile, il movimento deve assomigliare in tutto per tutto a quello reale. La finta non può sovrapporsi al movimento “vero” ma non può nemmeno essere effettuata troppo presto (in genere non deve apparire con un intervallo superiore ai 60–100ms.) l’atleta inoltre deve possedere un bagaglio sufficientemente variegato di finte per non ripetere lo stesso “falso allarme” con eccessiva frequenza.
Tutti questi elementi inducono a pensare che la dimestichezza nell’uso dei piedi, per alcuni sport, sia di fondamentale importanza. Come tutte le abilità, anche quelle relative al controllo podalico possono essere apprese ed affinate, lo scopo di questo volume è appunto quello di offrire agli allenatori, ai preparatori fisici ed agli insegnanti di educazione fisica una selezione di proposte operative che, utilizzando uno strumento semplice come la scaletta, permettono di sviluppare la coordinazione podalica. 

In genere, per quanto riguarda l’espressione individuale di rapidità, l’enfasi viene posta principalmente sugli aspetti costituzionali di natura neurofisiologica e biotipologica che, essendo innati (predeterminati geneticamente), non possono essere modificati più di tanto attraverso l’allenamento. Tuttavia, anche se solo per via indiretta, è possibile agire sullo sviluppo della rapidità mediante lo sviluppo della coordinazione utilizzando esercitazioni a carattere specifico.
Ogni parte dell’apparato locomotore riceve le proiezioni di una precisa porzione dell’area motoria primaria (rappresentazione somatotopica) e l’ampiezza delle diverse porzioni corticali dedicate ai singoli distretti corporei è in relazione al numero di neuroni coinvolti (vengono impiegati più neuroni dove è necessario un controllo motorio più fine). Dal punto di vista neuronale gli arti inferiori sono caratterizzati da una scarsa estensione del tessuto celebrale motorio e ciò fa ben comprendere le difficoltà di controllo coordinativo nei movimenti delle gambe e dei piedi. Tale constatazione avvalora ulteriormente la necessità di realizzare delle pratiche di allenamento che sviluppino la coordinazione podalica attraverso movimenti specifici.

Oltre allo sviluppo degli elementi coordinativi relativi alle capacità di dissociazione dei movimenti (indipendenza arto destro e sinistro), di ritmo, di differenziazione dinamica, di orientamento spazio-temporale e di combinazione movimenti braccia-gambe, altrettanta importanza rivestono gli aspetti posturali e la mobilità soprattutto della caviglia. Rigidità muscolari e blocchi articolari costituiscono infatti le principali cause di compensi e di scorretti adattamenti posturali e, ostacolando l’efficienza dell’apparato locomotore, ne limitano l’efficacia meccanica e la piena espressione dinamica.
La scaletta, pur rappresentando un valido ausilio per lo sviluppo dell’agility e della rapidità, può dimostrarsi inefficace se utilizzata isolatamente o in forma disgiunta rispetto ad altre pratiche di allenamento, per ottenere buoni risultati è necessario invece prevederne un utilizzo integrato e funzionale all’interno di una programmazione polivalente e multilaterale.


venerdì 18 agosto 2017



SVILUPPO  DELL'AGILITÀ  
NELL'ETÀ  EVOLUTIVA


 La  rapidità  e  "la  capacità  di  combinare  accelerazioni,  esplosività  e  reattività  su  più  piani  e direzioni",  suggerendo  che  la  rapidità  consiste  in  capacità  di  accelerazione  e  di  reazione  cognitiva. Da  questo  assunto  Moreno  (1995)  concluse  che  la  rapidità  è  una  componente  della  dell'agilità. Questa  capacità  é  espressione  di  una  risposta  a  stimoli  riferiti  al  corpo  intero  mentre  cambia velocità  o  direzioni.  Recenti  indagini  si  concentrano  sull'appoggio    del  piede,  la  capacità  di muoverlo  velocemente  e  non  si  sbilanciano  sul  contributo  della  forza.  Possiamo  affermare  che  la agilità,  oltre  agli  aspetti  di  discriminazione  spaziale,  dipende  da  fattori  sia  cinematici  (tempo  di contatto  reazione  "al  terreno")  sia  cinetici  (sviluppo  della  forza  orizzontale  e  mantenimento  della stabilità)  perché  l'aspetto  neuromuscolare  (il  più  decisivo  a  nostro  avviso)  sia  di  difficile interpretazione  perché  legato  alla  gestione  dell'equilibrio,  alla  realizzazione  dello  speedy movement  e  alla  gestione  della  coordinazione  Inter  segmentaria.  Nella  (tabella  1)  é  mostrata  una sintesi  recente  della  componenti  agilità.  Pochi  studi  e  tabelle  di  comparazione  ci  sono  rispetto  allo sviluppo  dell'agilità  e  soprattutto  rispetto  a  quali  note  esecutive  di  un  test  siano  più  attendibili  per  la valutazione  dell'agilità.  In  ragione  di  questo  ci  si  è  posti  L'obiettivo  di  confrontare  ragazzi  e  ragazze per  verificare  variazioni  prestative  in  base  all'età  e  al  sesso  secondo  una  libera  scelta  di  strategia esecutiva  (direzione  destra  o  direzione  sinistro  nel  primo  cambio  di  direzione.  Nella  (figura  2)  è mostrato  "Agility  test"  considerato  come  prova  di  elemento  selettivo. 
Gli esercizi li potete trovare all'interno del mio sito https://sites.google.com/site/professionalvolley/home nella cartella esercizi.
Buona visione.                                                                                                         Stefano Lorusso.