domenica 22 ottobre 2017




METODOLOGIA DI ALLENAMENTO

LA PRATICA MIRATA

K. Anders Ericsson (Nato nel 1947) è uno psicologo svedese e importante studioso e professore di psicologia presso la Florida State University, che è internazionalmente riconosciuta come università di ricerca dell’origine psicologica sulle abilità e prestazioni umane.

Attualmente, si occupa di valutare le migliori performance in vari settori come, medicina, musica, scacchi e sport, concentrandosi esclusivamente sulla pratica mirata, (ad es., pratica di alta concentrazione oltre la zona di comfort). la proposta di Ericsson e della sua ricerca, serve come un complemento diretto per altre ricerche, con riferimento alle abilità cognitive, caratteristiche motivazionali, interessi, e altri fattori che aiutano i ricercatori a capire e prevedere massime prestazioni attraverso una pratica mirata.


Anders Ericsson ha passato trent'anni a studiare i geni, le stelle dello sport e i prodigi della musica. La sua ricerca, ha raggiunto una sorprendente scoperta: il «dono innato» del talento non è altro che un mito, perché ogni abilità, per quanto speciale e unica, viene appresa grazie all'allenamento.
La sola caratteristica che contraddistingue i campioni infatti è il saper sviluppare mente e corpo grazie allo sforzo e alla forza di volontà. Caratteristica insita in ognuno di noi. Ciò che fa la differenza non è solo la quantità di tempo che dedichiamo a un'attività, ma soprattutto la qualità. E, se tutti abbiamo in noi i semi dell'eccellenza, bisogna imparare a farli crescere, allenando prima il cervello, poi i muscoli
Dallo sport alla musica, allo studio, un metodo per migliorare le proprie prestazioni in ogni ambito, che sfata luoghi comuni e suggerisce nuove, innovative tecniche. Lasciatevi quindi guidare da Ericsson e rimarrete stupiti da ciò che si può arrivare a fareLe sorprendenti storie raccontate nel suo libro “Numero 1 si diventa”, sono la prova che ognuno di noi è l'artefice del proprio talento.

Ericsson spiega che la pratica mirata consiste nel compiere un certo numero di piccoli passi per raggiungere un obiettivo a lungo termine. Il segreto è prendere quell’obiettivo generale “diventare più bravi” e trasformarlo in qualcosa di specifico su cui poter lavorare con aspettative realistiche di miglioramento. Il termine “diventare più bravi” essendo una generalizzazione non chiarisce quale abilità intendiamo migliorare, il metodo, i tempi.
È raro che si migliori molto se non si è del tutto concentrati sul compito da svolgere. La pratica mirata richiede feedback. Avete bisogno di sapere se state procedendo bene e, se no, dove sbagliate.In generale, qualsiasi cosa cerchiate di fare, avrete bisogno di feedback per scoprire esattamente dove e come sbagliate.

A volte ci imbattiamo in un ostacolo che ci blocca, e le nostre convinzioni saranno che non ce la faremo mai a risolvere il problema. Un problema nasce per essere risolto. Trovare il modo di superare queste difficoltà è uno dei segreti della pratica mirata. Di solito la soluzione non è «impegnarsi di più» ma «impegnarsi diversamente». È una questione di tecnica, in altri termini.

Il modo migliore per superare qualsiasi ostacolo è avvicinarsi a esso da una direzione diversa, ed è uno dei motivi per cui è utile lavorare con un insegnante o un allenatore.
Cerchiamo adesso, attraverso un’attenta riflessione di comprendere come, noi allenatori possiamo raggiungere risultati di massima eccellenza attraverso un allenamento mirato. Mi rifaccio brevemente al “Principio di Pareto”, Dove afferma che solo il 20% del lavoro fatto è utile al raggiungimento dell’obiettivo. La teoria dell’allenamento, ci insegna che sotto il profilo metodologico è importante seguire il principio della progressività del carico e di privilegiare durante la fase di apprendimento, la quantità “numero di ripetizioni” all’intensità di lavoro.
Tuttavia, a mio parere tutto questo “Sapere“, rimane pura teoria, non riuscendo a trasformare queste indicazioni metodologiche nella pratica dell’allenamento. Faccio un esempio classico, che riscontro visionando alcuni colleghi, soprattutto nella prima fascia giovanile. Si chiede alle giovani atlete di eseguire movimenti e tecniche complesse in modo veloce, privilegiando, all’interno dell’esercizio l’intensità alla quantità di lavoro. Durante un’esercitazione di difesa l’allenatore lancia “carrellate“ di palloni, dove l’esecuzione corretta della tecnica da parte delle giocatrici è inesistente E la situazione non rispetta assolutamente quello che avviene all’interno di una partita di settore giovanile, almeno fino all’under 14. La mia non vuol essere assolutamente una critica ma una constatazione e penso che quel tipo di lavoro farà parte dell’80% che realizziamo durante l’allenamento non utile al raggiungimento del nostro obiettivo. Vi assicuro che ho visionato molti allenatori di livello nazionale e ho notato soprattutto in una scuola di massima eccellenza che le parole chiave utilizzate dall’allenatore erano: “Vai un po’ più adagio, stai un po più attenta, controlla il movimento, stai più ordinata”, le indicazioni erano sempre rivolte all’analisi e all’esecuzione corretta della tecnica, e la quantità di ripetizioni in situazioni semplici era privilegiata. Questo avviene anche a livello internazionale, soprattutto la scuola giapponese nell’esecuzione di esercizi tecnici sia in forma analitica sia in forma sintetica utilizza “soprattutto nella prima fase di apprendimento”questo approccio metodologico.
Per gli amanti del “revaival” ci sentiamo in palestra tanti Daimon del famosissimo cartone animato Mila e Shiro. Ma questa non è la nostra realtà! Quando iniziamo un percorso con un gruppo giovanile, oltre a conoscere i modelli di prestazione tecnica, riguardo ai fondamentali individuali, dobbiamo analizzare quali sono le caratteristiche specifiche del gioco con riferimento alla categoria a cui partecipa la nostra squadra. Se vogliamo avere, un feedback tecnico,che ci aiuta a comprendere il livello di apprendimento delle atlete, dobbiamo analizzare per ogni fase di gara, quali sono gli elementi che caratterizzano il gioco. Ad esempio quanto incide l’errore in ricezione in un campionato di under 14, quali sono le cause. Quanto è importante realizzare un cambio palla efficace? Quanto è importante per la fase break un servizio sia tecnicamente sia tatticamente positivo? Per quanto riguarda la ricezione personalmente penso che il tempo dedicato all’allenamento del bagher nella situazione specifica, sia analitica sia in forma sintetica è limitato. Molti di voi mi chiedono protocolli di lavoro per migliorare questa fase. Non è semplice. Non basta dire ad un’atleta, piega le gambe, vai sotto la palla ecc.. sono tutte generalizzazioni. Gli errori possono nascere da una carenza di forza, da una difficoltà a livello sensoriale, che rallenta la valutazione della traiettoria, da poca sensibilità del piano di rimbalzo e molto altro. Ricordo che la pallavolo è uno sport di rimbalzo e la palla non può essere fermata. Quando vedo organizzare esercizi per il bagher utilizzando molto tempo dove la palla si ferma “stile portiere”, o ancora per la valutazione della traiettoria far passare la palla sotto le gambe, penso se comprendiamo che tutto questo non rispetta la caratteristica tipica del gioco.Il consiglio che il prof. Ericsson propone è quello di scomporre l’obiettivo generale in sotto obiettivi utilizzando, come feedbak il numero di azioni positive, partendo da un numero accessibile. Quali possono essere i sotto obiettivi per il bagher di ricezione?

  1. Aumentare la capacità di forza a livello degli arti inferiori

2.   Aumentare l’escursione articolare a livello delle caviglie

3.   Migliorare la capacità di equilibrio attraverso esercizi propriocettivi 

4.   Migliorare la sensibilizzazione del piano di rimbalzo

Vi assicuro che potremo lavorare tranquillamente per due ore su questi obiettivi a livello analitico e utilizzare “se ce ne fosse!!” Il restante tempo per la fase sintetica. Il segreto dei numeri 1 è allenarsi tanto con metodo e soprattutto in modo mirato.
Io ho cercato di darvi non solo spunti di riflessione ma indicazioni pratiche per migliorare le capacità dei vostri atleti, utilizzando come esempio l’allenamento per il bagher di ricezione. Vi consiglio di approfondire gli studi e le ricerche del prof. Ericsson a mio parere molto interessanti. Come sempre sono a vostra disposizione per consigli e consulenze. Vi do appuntamento al prossimo post.
                                   Stefano Lorusso

giovedì 21 settembre 2017





L'ALLENAMENTO PER LA FORZA IN ETÀ GIOVANILE


Il periodo dell’infanzia è particolarmente adatto allo sviluppo della forza tramite un giusto allenamento

Spesso mi ritrovo di fronte a frasi del tipo “sei troppo piccolo per andare in palestra”, “andare in palestra così giovane è dannoso” ecc., e allora mi chiedo: ma esistono davvero problemi legati all’allenamento in palestra per i giovani? Molti preparatori sconsigliano questo allenamento preferendo i cosidetti esercizi a carico naturale, dicendo che allenarsi in palestra è troppo “pesante” per soggetti in via di sviluppo. Iniziamo con una piccola riflessione: il peso del corpo (carico naturale) è sicuramente un carico più alto di quello imposto dai pesi, è un carico non graduabile e forse, in certi casi, troppo elevato per le articolazioni in quell’età. A mio parere (e non solo mio) non ci sono controindicazioni nel praticare attività di pesi in giovane età, anzi possiamo dire che:
- Carichi adeguati facilitano la formazione dell’osso
- Alcuni studi parlano di aumenti nella statura
- Otteniamo sicuramente una modificazione positiva dello stato di salute
- Lo sviluppo di tronco e addome avranno funzione preventiva verso atteggiamenti viziati tipici dell’età
- Il miglioramento fisico genera autostima.
Ovviamente tutto ciò lo otteniamo solo e soltanto se il personale che troviamo in palestra saprà come comportarsi, cosa proporre e riuscirà a fare una valutazione oggettiva dell’atleta in esame.

Procedere con gradualitàLa prima domanda può essere: utilizziamo macchine o pesi liberi? La tabella 1 chiarisce quali sono i vantaggi e gli svantaggi. Come sempre consiglio di scegliere cosa usare in base al soggetto, alle sue caratteristiche e al grado di esperienza e allenamento. Ad un principiante che si approccia per la prima volta alla sala pesi suggerisco l’utilizzo di macchine guidate.

È anche importante sapere che i parametri fisiologici si muovono come segue:
- Resistenza aerobica: migliora molto nelle bambine tra i 7/10 anni, si stabilizza e migliora più gradualmente attorno ai 20 anni.
- Potenza: incrementa fino a 20 anni.
- Forza esplosiva: c’è un incremento notevole tra 12 e 15 anni, in precedenza cresce poco e in modo molto graduale.
- Forza resistente: qualità che si manifesta tardivamente.
Già queste indicazioni sono importanti per gestire l’allenamento dei nostri piccoli atleti.
Attorno ai 10/14 anni abbiamo lo sviluppo delle caratteristiche di velocità: è in questo momento che si può inserire un buon allenamento anche di palestra, perché attraverso i miglioramenti muscolo/scheletrici andremo a migliorare tutte le altre componenti. Durante l’allenamento il peso non dovrebbe mai superare il 70% della ripetizione massimale.
Ogni parte del processo di sviluppo ha le sue fasi sensibili che possiamo distinguere come segue:

Modulare gli allenamentiLe caratteristiche degli allenamenti dovranno essere:- Movimenti veloci ed esplosivi alternati a fasi a più bassa intensità.- Recuperi completi: questo è un elemento importantissimo.- Se e quando possibile, eseguire movimenti a carico libero (manubri, bilancieri e piccole resistenze).- Controllo degli atteggiamenti posturali: attuare eventuali protocolli di lavoro per contrastare atteggiamenti di iperlordosi o ipercifosi, scoliosi ecc. Il tutto in collaborazione con il medico.- Proponiamo sempre allenamenti che possano sviluppare sia le capacità condizionali che quelle coordinative.- Allenamenti senza specializzazioni precoci, troppo spesso presenti soprattutto negli sport di squadra: la specializzazione porta spesso allo sviluppo di paramorfismi per ipersollecitazione di alcuni muscoli rispetto ad altri. Una specializzazione precoce può anche comportare la perdita di interesse a causa della monotona ripetitività delle esercitazioni proposte.

Queste situazioni possono avere come conseguenza:- la stagnazione delle prestazioni, in quanto l’atleta possiede un ristretto bagaglio di schemi motori e quindi riesce ad operare solo in determinate situazioni standardizzate;
- la facilità di traumi all’apparato locomotore, in quanto il sistema muscolare presenta squilibri, spesso notevoli, tra i vari settori del corpo;
- soprattutto nelle discipline con gesto asimmetrico possono sorgere o accentuarsi gli atteggiamenti viziati e predisporre ai paramorfismi;
- l’abbandono precoce della disciplina praticata per mancanza di nuovi stimoli motori e psicologici.
Parlando ad esempio di forza, possiamo dire che Jablonowskij afferma che la forza:
- fino a 11 anni è insignificante: è quindi consigliato stimolare la forza sotto forma di gioco senza elementi di specializzazione;
- da 12 a 15 anni aumenta considerevolmente: si inizia a lavorare in modo più specifico e distrettuale, utilizzando esercizi che prevedono ad esempio l’utilizzo di palle mediche. Teniamo sempre e comunque presente il rispetto dello sviluppo armonico di tutta la struttura muscolo/scheletrica;
- da 15 a 18 anni ha uno sviluppo intenso: la specificità del programma può essere sempre più precisa rispetto all’eventuale altro sport praticato.
Da questi dati possiamo dedurre che il periodo dell’infanzia è particolarmente adatto allo sviluppo della forza tramite un giusto allenamento. È scontato dire che un occhio particolare va dato alla postura del soggetto durante l’esecuzione dei movimenti. Atteggiamenti scorretti comportano in genere carichi articolari notevoli con conseguenti problemi.

Le fasi dell’allenamentoLe prime due fasi dell’allenamento si occupano di ginnastica formativa, mentre la terza fase è quella più specifica. L’allenamento dovrà prevedere un riscaldamento, una fase centrale e un defaticamento. Tutte le fasi sono assolutamente importanti e da rispettare. Un buon riscaldamento è alla base di un buon allenamento e soprattutto evita spiacevoli infortuni dovuti al fatto che muscoli e articolazioni non sono pronti ad assorbire determinati movimenti. Un buon defaticamento permette un miglior recupero muscolare e articolare, evitando di affrontare l’allenamento successivo con i muscoli ancora carichi di tossine. Importante è fare apprendere le corrette tecniche di sollevamento e la giusta respirazione (è vietato eseguire esercizi in apnea), e limitare il numero delle sedute settimanali a due per permettere ai giovani di dedicarsi ad altre attività e soprattutto avere il loro tempo libero. Fate eseguire gli esercizi in tutta l’escursione articolare possibile. In questo modo, oltre ad ottenere una maggiore efficacia dall’esercizio, viene mantenuta l’elasticità e la lunghezza ottimale dei muscoli e dei tendini. Inizialmente consiglio un numero di ripetizioni pari a circa 15, per consolidare bene l’esecuzione del movimento con carichi bassi. Va evitato che vengano eseguiti esercizi fino all’affaticamento, a causa dei rischi che si possono produrre per le strutture articolari e lo sviluppo osseo. È bene eseguire, all’inizio ed alla fine di ogni seduta di allenamento, opportuni esercizi di stretching. Questo consente di mantenere una buona estensibilità muscolare ed una mobilità ottimale delle articolazioni e insegna al ragazzo l’importanza di questa attività troppo spesso trascurata o male eseguita. Lo stretching nello sport è fondamentale, ma di questo magari ne parleremo in altro momento. A mio parere, gli allenamenti in sala fitness dovrebbero iniziare con la metodica a circuito per una serie di motivi: primo motivo, molto importante, è che questa metodica è divertente, cosa fondamentale quando si ha a che fare con ragazzi di 10/11 anni. Altra motivazione riguarda la multilateralità degli stimoli, ad esempio forza e dimagrimento nello stesso allenamento. Successivamente, con l’avanzare dell’età e dell’esperienza, e magari con l’aumento della passione, potete inserire la metodica con esercizi a serie e ripetizioni. La scelta sarà effettuata dopo un’attenta analisi del soggetto, tenendo presente età, grado di preparazione, problemi fisici, motivazione che lo ha spinto a venire in sala fitness, carattere ecc. Ogni persona deve capire che i centri fitness non sono vietati ai minori, a patto che all’interno di essi ci siano istruttori preparati e adatti a trattare con ragazzi giovani.

Alcuni esempiOra passiamo alla pratica e vediamo alcuni esempi di circuiti da proporre a soggetti giovani che si accingono a frequentare la sala fitness.Gestire bene i carichi e curare bene l’esecuzione dei movimenti è fondamentale, così come rispettare la tappe della crescita.

Con le indicazioni che trovate nelle varie tabelle e nell’articolo si possono sviluppare altri mille allenamenti rendendoli sempre più adatti al soggetto e alla sua età o ai suoi desideri, oppure sempre più adatti e funzionali allo sport praticato. Ricordatevi sempre che non è l’età del soggetto a fare danni, ma le conoscenze di chi gestisce il soggetto.

Manuele Mazza








sabato 9 settembre 2017





PASSAGGIO DAL MINIVOLLEY
ALL'UNDER 12



Il lavoro realizzato in questi video sono dedicati particolarmente agli allenatori del settore giovanile, femminile ponendo come obiettivo principale, l'allenamento per la motricitá e l'esecuzione dei fondamentali individuali . All'interno, oltre ad una descrizione sulla tecnica specifica, troverete spunti di riflessione per creare percorsi didattici su base scientifica che potrete utilizzare sia per lo sviluppo degli schemi motori di base, le capacità condizionali e coordinative, sia per l'apprendimento dei fondamentali individuali. Inoltre ci sono una serie di lezioni con esercizi a carattere analitico, sintetico e globale.
Osservando le migliori scuole di pallavolo giovanile e ponendole fra le prime nazionali al mondo, Giappone, Brasile, Cina, Russia,Stati Uniti l'Italia ha raggiunto un livello tecnico internazionale, di primo piano, migliorando non solo le performance di gioco, ma la preparazione fisica e tecnica, aspetti che hanno influenzato reciprocamente, I risultati sportivi, creando un binomio indivisibile.
Nella pallavolo femminile giovanile Italiana, "tranne pochissime realtà", si evidenzia un decadimento tecnico che sta influenzando nell'ultimo periodo anche la pallavolo maschile. Gli allenatori sono, a mio avviso sempre più alla spasmodica ricerca del raggiungimento assoluto di risultati sportivi che danno prestigio nell'immediato, ma purtroppo, realizzano delle prestazioni finali non apprezzabili nel tempo. La tendenza generale è di proporre alle giovani atlete troppo superficialmente modelli tecnici non appropriati, utilizzando metodologie di allenamento derivanti da sistemi empirici e poco scientifici.
Nel settore giovanile bisogna aumentare la percentuale, di lavoro da dedicare all'allenamento per la motricitá  specifica sia a livello coordinativo sia condizionale con particolare riferimento alla capacità di forza. Recenti ricerche, hanno dimostrato che solo chi possiede capacità motorie specifiche per il gioco sportivo in oggetto ottiene migliori risultati, sia nell'apprendimento che nell'esecuzione delle abilità motorie “tecniche di base”. Per l'allenamento tecnico è importante dedicare un'alta percentuale di  tempo agli esercizi analitici e sintetici, dando meno spazio alle esercitazioni a carattere globale. Le giovani atlete  devono aumentare il loro livello tecnico, obiettivo raggiungibile con l’aumento del numero delle ripetizioni di ogni gesto atletico e tecnico. Le abilità motorie sono azioni intere o parti di esse che si automatizzano con un elevato numero di ripetizioni. La pallavolo è uno sport di situazione definito “open skill” Sarà importante, nel tempo creare un giusto transfert tra la corretta esecuzione tecnica analitica e la realtà che si realizza durante la gara. La catena didattica dovrà favorire un feedback tra l'analitico e il gioco.
È noto che l'età in cui le bambine iniziano un'attività agonistica si è notevolmente abbassata. Con  "attività agonistica" intendo un impegno di quattro giorni alla settimana, tre  allenamenti  e una  partita  per un totale di 6 - 8 ore complessive. L'attività di minivolley e promozione sportiva è frequentata perlopiù da una fascia di età compresa tra gli 8 - 9 anni, con un'alta percentuale di bambine tra i 6 - 7 anni per un impegno di circa 2/3 ore alla settimana.Questa "precocità" crea delle problematiche nella programmazione e attuazione di protocolli tecnici e motori specifici per l'età ma con il rischio di proporre catene didattiche e modelli adattati e non appropriati. L'allenamento sportivo deve avvalersi di sistemi su base scientifica rispettando le tappe di sviluppo psicomotorio proprie di ogni etá. La pallavolo, per la sua specificitá è un gioco sportivo che richiede abilitá coordinative fini e capacità condizionali, con particolare riferimento alla forza, elevate. 
La caratteristica che differenzia questo sport di squadra da altri, è che la palla non può essere fermata. La pallavolo, infatti è definita "sport di rimbalzo". Il fondamentale di bagher è senza dubbio quello che presenta più difficoltà nell'allenamento sia per gli allenatori sia per l'apprendimento delle giovani atlete. Questo lavoro ha l'obiettivo di fornire dei percorsi didattici divisi per lezioni "temi" con varie esercitazioni pratiche.  
                         
                         Stefano Lorusso