mercoledì 15 marzo 2023

 


SCHEMA CORPOREO E IMMAGINE CORPOREA






Quella di Fröebel è stata sicuramente una felice intuizione, dirà Le Boulch, “poiché ai suoi tempi il concetto di schema corporeo era sconosciuto, ma oggi convalida in maniera scientifica la conoscenza sull’evoluzione percettiva che riguarda la strutturazione dello schema corporeo che da incosciente passa a cosciente, organizzazione percettiva da cui dipenderà lo sviluppo dell’organizzazione della personalità del bambino” (Le Boulch, cit. in Pesci, 2012, p. 19). Tale anticipazione verrà più tardi definita da de Ajuriaguerra (Pesci, 2011) con la Strutturazione dello schema corporeo, il quale apporta una suddivisione in stadi: lo stadio del corpo vissuto, del corpo percepito e del corpo rappresentato, affermando che esso è rappresentato dall’insieme delle strutture neurologiche che trattano le informazioni propriocettive.

Strutturazione dello schema corporeo

Il vissuto corporeo, che all’inizio il bambino esprime con un’attività di tipo impulsivo, non orientata da intenzionalità specifiche e non controllata da prassie efficaci, progressivamente si organizza in direzioni privilegiate in funzione della soddisfazione dei suoi bisogni; si tratta di esperienze che il bambino vive in quantità in attività diverse, con un conseguente effetto di cambiamento sul tono e sul controllo muscolare nonché sul livello energetico emozionale e attentivo.
La strutturazione dello schema corporeo avviene a partire da esperienze che il bambino realizza con l’ambiente che lo circonda, dagli stimoli e dalle informazioni che da esso riceve, dallo scambio comunicativo che per primo si instaura con la madre e che vede nel dialogo tonico l’avvio verso una relazionalità armonica con l’ambiente.
Dunque, afferma Le Boulch, “per strutturare uno schema corporeo equilibrato bisogna far riferimento al sistema energetico e all’equilibrio del tono del bambino in rapporto con la madre e la soddisfazione di tutti i suoi bisogni ed è a questo punto che diventano importanti le strutture limbiche perché tutto ciò che viene vissuto negli scambi con l’ambiente viene memorizzato dalle strutture limbiche e integrato a livello incosciente” (Pesci e Ricci, 2014, p. 98).
Per realizzare quindi un primo schema corporeo di tipo inconscio occorre aver sviluppato il desiderio e la ricerca della relazione e in particolare quella corporea; questa tappa indispensabile comporta l’esistenza di un certo equilibrio energetico-affettivo che nasce e si esprime attraverso reazioni spontanee quali atteggiamenti comportamentali, mimiche facciali e gestuali tutti modi adottati dal bambino, e dall’individuo in genere, per situarsi rispetto all’ambiente e rappresentano la relazione persistente fra il tono corporeo e le attitudini mentali. “All’importanza degli aspetti relazionali si aggiungono e si coniugano, per un atteggiamento che consente la conquista dell’ organizzazione corporea, la funzione energetico affettiva e le funzioni operative e le funzioni di percezione che a partire dai recettori sensoriali, rappresentano e determinano il processo percettivo delle informazioni” (Pesci e Zoccolini, 2014, p. 19).
Tutto questo si struttura progressivamente a partire dalla relazione corporea che il bambino instaura nei primi tre anni di vita, e a partire da questo momento si sviluppa un’altra funzione che Le Boulch chiama fase d’interiorizzazione e che corrisponde allo stadio narcisistico secondario degli psicanalisti. In questa fase, il bambino comincia a rivolgere il suo interesse al proprio corpo con atteggiamento di scoperta e passa da un’attenzione prevalentemente rivolta verso gli oggetti esterni a diventare più introverso. Il bambino acquisisce la capacità di portare l’attenzione su di sé ed è in questo momento che il suo ulteriore sviluppo richiede nuove opportunità di scoperta di sensazioni e percezioni, corporee e dell’ambiente, così da avviare agevolmente il processo di presa di coscienza. È a questo punto che inizia la vera e propria organizzazione dello schema corporeo che da incosciente può ora divenire cosciente grazie allo sviluppo di alcune aree corticali che si trovano nel lobo parietale del cervello. 




A tal proposito Le Boulch afferma: “Quello di schema corporeo è un concetto neurologico e corrisponde alle strutture neurologiche che integrano l’insieme delle informazioni propriocettive in relazione con quelle esterocettive ed interocettive. In seguito all’evoluzione delle strutture sottocorticali, completate da strutture corticali, si raggiunge quella fase della vita in cui intervengono l’emisfero destro e sinistro, le strutture che corrispondono allo schema corporeo. L’emisfero destro e le strutture limbiche sono la sede in cui il bambino può sentire la sensazione del suo corpo in relazione con lo spazio e le esperienze affettive che ha vissuto attraverso la corporeità.
L’emisfero sinistro offre invece l’opportunità di prendere coscienza e consapevolezza analitica delle parti del corpo e di utilizzarle in maniera cosciente nelle varie attività di aggiustamento. La cosa importante da sapere è che le strutture neurologiche che fanno parte dello schema corporeo, non sono presenti solo a livello sottocorticale, ma anche nei due emisferi, uno più collegato all’aspetto affettivo, l’altro a quello analitico e razionale; strutture che lavorano insieme in maniera collaborativa” (Le Boulch, cit. in Pesci, 2011, p. 139).
Fra i 3 e i 6 anni diviene quindi molto importante che il bambino attivi progressivamente una conoscenza del suo corpo concreta e contemporaneamente una conoscenza della realtà esterna. Grazie al progredire del controllo del corpo il bambino è ora in grado di rivolgere facilmente la sua attenzione a ciò che vive durante l’esperienza corporea, alle percezioni che da questo momento potranno guidarlo nei nuovi e più efficaci aggiustamenti e alle sensazioni piacevoli o spiacevoli che risuoneranno in lui.
Questo nuovo stato di controllo tonico globale e la capacità di interiorizzare avvenimenti e gesti daranno l’accesso a rappresentare mentalmente azioni, posture, sequenze … e a organizzare e modificare condotte finalizzate ed efficaci sempre più complesse.
È a partire da questo stadio di schema corporeo cosciente, interiorizzato e rappresentato su percezioni concrete, che si può costruire progressivamente nel bambino l’immagine del corpo corrispondente alla realtà sperimentata. Un’immagine-propria del suo spazio corporeo che si confronta con quella fantasmatica e che, per non incorrere in patologie, deve corrispondere alla rappresentazione derivata dalla reale percezione.
Il lavoro che lo Psicomotricista Funzionale deve svolgere è, infatti, quello di far sì che l’immagine del corpo corrisponda al corpo reale operativo e lo fa attraverso attività adatte a permettere che il soggetto si sperimenti e si mantenga nella realtà oggettiva.
“Fino a che il soggetto immagina o fantastica, ma sa che si tratta di fantasia o immaginazioni, non ci sono problemi, il problema comincia quando il soggetto non è più in grado di fare la differenza fra le due cose Ho fatto questo tipo di esperienza pratica, ho chiesto ai gruppi di fare una determinata esperienza passando attraverso un cerchio; ma la realizzazione di questo passaggio nel cerchio, presuppone la capacità di rappresentarsi mentalmente il proprio corpo, di programmare un’azione e di avere la capacità di constatare, nel momento in cui si passa nel cerchio, attraverso l’interiorizzazione, se quello che la persona sta realizzando corrisponde effettivamente al modello che si era stabilito: non si può essere più concreti di così per definire l’immagine del corpo. Da una esperienza così semplice possiamo passare ad una più complessa, per esempio introdurre la nozione di destra e sinistra perché l’immagine del corpo reale è l’immagine del corpo orientato” (Le Boulch, UPD, 1998).


L’immagine del corpo dal punto di vista psicologico e psicoanalitico

“Immagine del corpo” è un termine utilizzato da psicologi come P.F. Schilder (Vienna, 1886 – New York, 1940), che ne sviluppa l’aspetto psicologico come la traduzione psicologica dello schema corporeo neurologico (Schilder, 1973). Altro autore che ha apportato significative riflessioni psicologiche su questo aspetto è M. Merleau-Ponty, specie con il suo libro Fenomenologia della percezione (1965), in cui tratta l’immagine del corpo e lo schema corporeo studiato dal punto di vista psicologico (Pesci e Zoccolini, 2014).

“L’immagine del corpo è ancor più descritta dagli psicoanalisti che la definiscono corpo immaginario, una fantasmatizzazione del corpo che si traduce con la rappresentazione mentale del corpo esposta nei disegni, che se completamente deformata, spezzettata, mancante di unità, essi dicono che il problema è da farlo risalire all’esperienza del corpo, al vissuto incosciente negativo, con l’ambiente che può essere stato sfavorevole sul piano affettivo e relazionale tanto da far sì che il bambino rigetti egli stesso il proprio corpo e rifiuti una conseguente presa di coscienza. Gli psicoanalisti sostengono quindi che questa scotomizzazione è dovuta alla non registrazione di reazioni emozionali effettive, ciò che blocca la risalita di alcune informazioni esterne e gioca sul blocco delle informazioni sul proprio corpo. Secondo gli intellettualisti tutto viene dall’alto ma non è così: è importante l’organizzazione completa del proprio corpo, che se vissuta nel piacere tutto andrà bene per quanto concerne l’organizzazione della persona, quindi il problema non è discutere su quello che accade, ma ciò che passa a livello del corpo vissuto.

L’immagine del corpo non parte dalla rappresentazione mentale fantastica, ma dall’esperienza del corpo vissuto in confronto al reale, quindi le affermazioni della Melania Klein sono deliranti” (Le Boulch, UPD, 1998).

Un’immagine del corpo quindi, che non si costituisce dalla mente, o a partire da fantasie mentali, ma che deve attivarsi dalla sperimentazione dello schema corporeo, non dall’alto quindi, ma dal basso, come è sostenuto dai fenomenologhi. L’esperienza vissuta, e arricchita dalle percezioni e dalle emozioni che la accompagnano, non può che condurre ad una rappresentazione mentale di sé corrispondente e reale, quello schema corporeo cosciente che risiede nella corteccia e l’immagine del corpo che ne consegue tradotta nelle strutture limbiche; viceversa un’esperienza vissuta che è percepita prevalentemente a livello emozionale crea una falsa rappresentazione mentale che ne impedisce la percezione reale.

L’assunto è ben evidente nei disegni di bambini che, pur in assenza di lesioni neurologiche, si rappresentano con un’immagine che non corrisponde alla realtà; il corpo si presenta incompleto, mancante di alcune parti e perfino spezzettato, ciò che può essere da attribuire a un problema di presa di coscienza del corpo. Significa che le informazioni propriocettive non sono giunte a interiorizzazione o vi sono giunte distorte e l’organizzazione dello schema corporeo è stata impossibilitata di utilizzare e rappresentare convenientemente tutte le parti del corpo.
Significa che il vissuto emozionale registrato dalle strutture limbiche ha avuto la priorità sulla memorizzazione del vissuto corporeo non permettendo alla corteccia discriminante di ricevere e interiorizzare dati oggettivi dell’esperienza.
Dunque una rappresentazione del corpo che non può che costruirsi sull’esperienza prevalentemente per tentativi ed errori, attraverso i riflessi e le coordinazioni, e sulle reali percezioni del corpo, del suo spazio, dei suoi assi e orientamenti, dove le capacità organizzative e coordinative divengono strumento reale del concreto e del presente e il corpo percepito è ora tangibile e corrispondente
Un’immagine del corpo che diviene significativa della memoria oggettiva e del vissuto affettivo che l’esperienza stessa ha prodotto; un confronto e un riscontro l’una dell’altra.

Due diverse correnti di pensiero

Sono due le principali tendenze di pensiero per la priorità che danno allo schema corporeo o all’immagine del corpo. Secondo la concezione intellettualistica la persona si organizza sempre partendo dal mentale, e da qui deriva la psicologia introspettiva in cui, a partire dal proprio pensiero si cerca di ritrovare tutte le leggi che vanno a costituire la conoscenza di sé.
Quindi “secondo questa teoria che dà sempre la priorità al mentale nell’ambito delle conoscenze che l’uomo può realizzare, studiando il pensiero possiamo conoscere l’organismo umano, conoscere se stessi e conoscere il mondo esterno. Freud, illustre rappresentante di questa corrente segue tale ipotesi e sostiene che nel neonato l’attività mentale è l’elemento a partire dal quale poi si strutturerà tutta la persona.
Secondo Freud l’organizzazione della persona si realizza a partire dal mentale del neonato e per questa ragione è stato costretto a dare importanza ai fenomeni di fantasmatizzazione dei bambini e al mentale intonato alla relazione duale tra madre e bambino” (Le Boulch, UPD, 1998).
Il nostro punto di vista, dirà Le Boulch, “differisce da quello di Freud, ma non per questo non riconosciamo l’importanza che Freud ha dato all’aspetto inconscio e all’aspetto energetico cioè la psicologia dinamica che corrisponde alla manifestazione di una certa energia di un individuo, quindi ha dato alla psicologia una corrente nuova, diversa dalle precedenti come la corrente dell’introspezione, ma ha dato in particolare un orientamento idoneo a prendere le distanze dal comportamentismo o detto Behaviorismo.
Non siamo in grado neppure di adattarci completamente al suo punto di vista che ci fosse una sorta di attrazione fra l’energia del bambino e quella della madre, e questa energia l’ha chiamata “libido”; un’energia orientata a partire dalla sessualità. Teoria contrastata sia dalle teorie psicologiche che neurologiche: l’energia, all’inizio, è un’energia diffusa (sistema reticolare diffuso), senza strutture, e poi si orienterà in varie direzioni, si organizzerà progressivamente in direzioni specifiche in funzione dei bisogni” (Le Boulch, UPD, 1998).
L’altra corrente che si pone contraria e che viene invece accolta da Le Boulch è la corrente fenomenologica che non dà la priorità all’aspetto mentale, ma all’azione psico-corporea dell’individuo nell’ambiente, sostenendo che l’azione del corpo è primordiale, che comincia prima della nascita e che struttura piano piano l’insieme della persona.
Da questa corrente fenomenologica Le Boulch ha fortemente attinto per creare la metodologia alla base della Psicomotricità Funzionale® e il cui concetto principale si fonda sull’unità della persona (corpo e mente si influenzano vicendevolmente) e sulla necessità essenziale di considerare la persona sempre in rapporto con il suo ambiente. Questo non ci fa trascurare comunque tutto quello che ci ha insegnato sull’inconscio la psicanalisi.

La complementarietà fra immagine del corpo e schema corporeo

L’immagine del corpo inseguita in Psicomotricità Funzionale quindi non si affida all’immagine del corpo fantasmatica supposta dalla psicoanalisi, essa si costruisce e si sostiene a seguito dell’elaborazione della totalità delle informazioni ricevute dal corpo.
Le esperienze che il bambino vive, sia statiche che dinamiche, lo inducono a percepire il proprio corpo reale, i rapporti spaziali fra i segmenti corporei e a far propri i dati legati all’efficacia come ad esempio la dominanza, che si traducono poi in schema corporeo cosciente.
Non si tratta, afferma Le Boulch, “di una rappresentazione mentale, ma di una vera e propria percezione, della capacità di sentire il proprio corpo, di portare la propria attenzione su ciò che si sente effettivamente, intimamente in quel momento” (Pesci, 2011, p. 139).
Lo schema corporeo cercato diviene quindi un’immagine di sé affettiva creata su vissuti emozionali corrispondenti all’immagine del corpo operativa, percepita nel qui e ora (come dice Le Boulch: la percezione è possibile solo in quel momento), in tutte le sue parti, in ogni postura o tono, in ogni azione e in tutti i suoi aggiustamenti, che corrisponde ad una realtà affettiva sostenuta da elementi concreti.
“Il nuovo vissuto tonico, dato dalle esperienze sperimentate, apre ora a nuove prospettive nell’incontro con le sensazioni che arrivano dal corpo e dall’esterno e che adesso, nella disponibilità attentiva e di controllo del tono, possono essere più facilmente discriminate, interiorizzate e assimilate sotto forma di quella immagine mentale che non si discosta dal corpo (l’immagine di sé legata ad aspetti affettivi e psicologici), ma che invece ne traduce le percezioni nella corrispondente e fedele rappresentazione mentale di spazi e proporzioni meglio conosciuta come Schema Corporeo Cosciente (lo SCC è una nozione neurologica che corrisponde alle informazioni che giungono dall’attività associata di un certo numero di strutture neurologiche che trattano l’informazione propriocettiva)” (Pesci e Ricci, 2014, p.88).
Questo non vuol dire ovviamente che non possiamo avere delle fantasie o delle immaginazioni, però quando non si è capaci di fare la differenza fra tutto quello che immaginiamo e la realtà così come essa è, vuol dire che c’è, perlomeno, un problema. Jean Le Boulch pertanto sottolinea il concetto di schema corporeo cosciente come sviluppo legato ad una elaborazione neurologica e l’immagine di sé come invece legata ad aspetti di tipo psicologico; egli evidenzia peraltro una stretta relazione tra l’organizzazione neurologica e il prolungamento di essa nella cosiddetta immagine del corpo. Non si tratta, infatti, di due nozioni contraddittorie, l’una è definita con un linguaggio neurologico “schema corporeo”, e l’altra, l’immagine del corpo, corrisponde, utilizzando un termine condiviso psicologico e psicomotorio-funzionale, alla rappresentazione mentale che una persona può avere di se stessa. L’una si costruisce sull’esperienza vissuta e percepita a livello corticale, nei due emisferi cerebrali, l’altra si rappresenta nelle registrazioni affettive che ne derivano e ciò avviene nelle strutture subcorticali. Non c’è dunque contraddizione fra le due nozioni, ma una augurabile complementarietà.
 
Lapo Zoccolini  Paola Ricci

BIBLIOGRAFIA

Le Boulch, J. (1998). UPD. (Unpublished Private Document). Firenze: ISFAR.

Merleau-Ponty, M. (1965). Fenomenologia della percezione. Milano: Il saggiatore.

Pesci, G. (2011). La psicomotricità funzionale. Scienza e metodologia. Roma: Armando Editore.

ci, G. (2012). Teoria e pratica della psicomotricità funzionale. A scuola con Jean Le Boulch. Roma: Armando Editore.

Pesci, G. e Zoccolini, L. (2014). Linguaggio verbale e tonematico nel principio sistemico. Educazione dell’espressione elocutoria in psicomotricità funzionale. Firenze: Edizioni Scientifiche ISFAR Firenze.

Pesci, G. e Ricci, P. (2014). Psicocontatto. Metodo ausiliario della psicomotricità funzionale. Firenze: Edizioni Scientifiche ISFAR Firenze.

Schilder, P. (1973). Immagine di sé e schema corporeo. Milano: Franco Angeli.

 (Da Rivista, Nuovi Orizzonti, Anno VIII° – n. 15 Gennaio-Giugno 2016 pagg. 4-8)





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